23 Ottobre 2023

L’accertamento definito con adesione è opponibile all’istanza di rimborso

di Gianfranco Antico
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La scheda di FISCOPRATICO

Il comma 3, dell’articolo 2, D.Lgs. 218/1997, stabilisce – in via preliminare – che l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione e non è integrabile o modificabile da parte dell’Ufficio, ad eccezione delle ipotesi tassativamente previste dal successivo comma 4, del medesimo articolo 2, D.Lgs. 218/1997, volte ad ottemperare:

  • la legittima esigenza dei contribuenti di avere certezze in ordine alla possibilità di chiudere definitivamente la propria posizione fiscale per un determinato periodo d’imposta e;
  • l’interesse pubblico a recuperare a tassazione rilevanti evasioni d’imposta, non emerse al momento della redazione dell’atto di adesione.

Infatti, la definizione non esclude l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice entro i termini previsti dall’articolo 43, D.P.R. 600/1973 e dall’articolo 57, D.P.R. 633/1972:

  • se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali è possibile accertare un maggior reddito, superiore al 50% del reddito definito e comunque non inferiore a centocinquanta milioni di lire (euro 77.468,53);
  • se la definizione riguarda accertamenti parziali;
  • se la definizione riguarda i redditi derivanti da partecipazione nelle società o nelle associazioni indicate nell’articolo 5, Tuir, ovvero in aziende coniugali non gestite in forma societaria;
  • se l’azione accertatrice è esercitata nei confronti delle società o associazioni o dell’azienda coniugale di cui alla lettera c), alle quali partecipa il contribuente nei cui riguardi è intervenuta la definizione.

Sul punto, la Corte di Cassazione (sentenza n. 14568/2021) ha affermato che la definizione dell’accertamento con adesione, su istanza del contribuente, determina l’intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, con la conseguente inammissibilità del ricorso volto a contestare il relativo atto, in quanto l’accertamento con adesione, sebbene sia il risultato di un accordo tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente, costituisce comunque una forma di esercizio del potere impositivo e, per tale ragione, non è assimilabile ad un atto di diritto privato. Invero, l’accertamento con adesione è regolato dalle norme di diritto pubblico, contenute nel D.Lgs. 218/1997, che hanno carattere cogente, in quanto riguardano l’obbligazione tributaria, i suoi presupposti e la base imponibile. “Se si fosse trattato di un accordo contrattuale di diritto privato, il legislatore non avrebbe previsto anche per tale tipo di accertamento l’obbligo della motivazione, né avrebbe fatto dipendere la definizione dall’avvenuto pagamento, circostanza inconciliabile con la causa “transattiva”, in cui gli eventi successivi rimangono di regola completamente assorbiti nella volontà contrattuale precedentemente espressa, diretta a chiudere definitivamente la controversia”.

Per gli Ermellini, quindi, appare “non pertinente il richiamo del ricorrente alla disciplina codicistica dell’errore essenziale e dell’annullabilità della transazione, di cui agli artt.1427 e 1975 cod. civ., per l’applicabilità dei quali, peraltro, il ricorrente non avrebbe comunque dimostrato la sussistenza dei requisiti normativi, come rilevato dal giudice di appello”.

Particolarmente interessante è la recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 13863/2023) che ha ritenuto fondato il silenzio-rifiuto, opposto dalla Amministrazione finanziaria, ad una istanza di rimborso relativa ad un credito di imposta asseritamente maturato in un anno successivo a quello oggetto dell’atto di adesione, correlato all’indeducibilità delle perdite su crediti per crediti rinunciati.

Nel caso esaminato in sentenza, la società aveva dedotto, nell’anno 2007, la somma complessiva di euro 2.139.623 quali perdite su crediti verso due sue controllate, poi risultate insolventi e, quindi, poste in liquidazione. La contestazione dell’Ufficio veniva chiusa in adesione. Nondimeno, la società chiedeva successivamente il rimborso dell’Ires pagata nel 2010 sui crediti riferibili alle sue partecipate e rinunciati nel 2007. Secondo la società ricorrente, si trattava di crediti commerciali la cui perdita sarebbe stata deducibile quando fosse divenuta certa e determinata, cosa che si è verificata nel 2010.

Per gli Ermellini, non trattandosi di acquiescenza, bensì di definizione oggettiva di un tributo (delle sue ragioni di debenza e delle relative conseguenze), la irretrattabilità è insita nella natura della particolare procedura di accertamento con adesione.