20 Maggio 2022

L’accessorietà delle operazioni finanziarie

di Roberto Curcu
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In un precedente intervento abbiamo visto come nel superbonus con cessione del credito, si nutrano dubbi sul fatto che la remunerazione per l’acquisto del credito possa considerarsi accessoria o meno all’operazione che ha generato quel credito.

Volendo fare un esempio, un impiantista esegue un lavoro di manutenzione su un immobile, che può scontare la detrazione del 110%, ed emette fattura per 100 Iva inclusa (90,91+ Iva 10%). Ordinariamente, il privato paga i 100 e poi si inserisce il credito in dichiarazione, ottenendo nel corso dei successivi cinque anni detrazioni pari a 110.

In alternativa, potrebbe cedere il credito di 110 ad un ente finanziario, il quale lo pagherà (verosimilmente) 100.

La differenza tra il valore nominale del credito (110) ed il suo valore attualizzato, che ha pagato la banca (100), è il corrispettivo di una operazione finanziaria, che la banca non fatturerà, essendone esonerata, ed indicherà semplicemente in dichiarazione tra le operazioni esenti (sempre che la banca presenti la dichiarazione Iva).

Il problema nasce quando l’impiantista, dopo aver effettuato la sua operazione che vale 100, anziché farsi pagare 100 cash, si fa pagare con un credito fiscale pagabile in cinque anni, del valore nominale di 110 e del valore attuale di 110. In sostanza, l’impiantista acquista il credito fiscale.

Qui è evidente che l’impiantista offre due servizi al proprio cliente: il primo, che è quello relativo alla manutenzione dell’immobile, ed il secondo che è quello finanziario. E qui nasce il dubbio: il servizio finanziario può essere accessorio al servizio principale che ha generato il credito?

Il problema è attuale con riferimento alla cessione dei crediti da superbonus, ma in realtà è sempre stato esistente, e coinvolge molte più operazioni di quelle che si pensano: basti pensare a quanti acquisti a rate si è soliti fare.

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello 243/2022 ha precisato che, a suo parere, il corrispettivo specifico richiesto per l’acquisto di un credito fiscale è una operazione accessoria all’operazione che ha generato quel credito fiscale (nel caso specifico prestazioni professionali per porre il visto di conformità). La soluzione prospettata è conforme alla prassi datata del Ministero delle Finanze, che precisava che gli interessi per dilazione di pagamento sono da considerare accessori all’operazione principale.

Tuttavia, è sempre opportuno confrontare gli orientamenti nazionali, alla luce delle interpretazioni che ne emergono nel diritto comunitario.

Nella Causa C-281/91 una impresa edile, che normalmente costruiva facendosi pagare delle rate (SAL) nel corso dell’esecuzione dell’opera, permetteva al proprio cliente di pagare tutto il corrispettivo alla consegna, maggiorando chiaramente l’importo, rispetto alla somma dei singoli SAL.

Interrogata sulla questione se la differenza tra il prezzo pattuito per il pagamento finale, e la somma dei singoli SAL dovesse essere considerato il corrispettivo di una operazione finanziaria da fatturare in esenzione, la Corte di Giustizia fornì una risposta particolare: statuì che di regola concedere al cliente la facoltà di differire il pagamento del prezzo, dietro corrispettivo, costituisce una prestazione finanziaria esente; tuttavia, nel caso di “una dilazione del pagamento del prezzo solamente fino alla consegna, tali interessi non costituiscono il corrispettivo di un credito, bensì un elemento della controprestazione ottenuta per la cessione dei beni o per la prestazione di servizi”.

Tale sentenza è significativa: ad avviso di chi scrive statuisce che la dilazione di pagamento che è concessa dopo che il bene è stato consegnato, o il servizio è stato ultimato, non può considerarsi una prestazione finanziaria che è accessoria all’operazione principale, e quindi non assume il regime fiscale della stessa, ma dovrà autonomamente essere assoggettata a regime di esenzione.

Purtroppo altro non si sa del ragionamento che ha portato la Corte a tale statuizione. Il ragionamento che si potrebbe seguire è che dopo che il bene è stato consegnato, o il servizio è stato ultimato, l’operazione finanziaria perde uno dei fini tipici dell’operazione accessoria, quale quella di rendere possibile l’operazione principale. Inoltre, la Corte potrebbe avere seguito il ragionamento per cui, una volta che l’operazione è ultimata, il cliente ha più facilità ad ottenere la prestazione finanziaria da altri fornitori, piuttosto che rivolgersi necessariamente a colui che gli ha ceduto il bene o prestato il servizio.

Sul fatto che l’accessorietà possa venire meno quando il cliente può scegliere altri fornitori di una operazione connessa alla principale, la Corte di Giustizia si è pronunciata con riferimento a servizi assicurativi connessi alla cessione in leasing di un bene, ed alle utenze connesse ad un immobile in locazione.

Quando invece una operazione finanziaria avviene prima della effettuazione e della cessione dell’operazione, invece, questa scelta potrebbe venire a mancare, e le operazioni dovrebbero allora considerarsi strettamente connesse. In questo senso, nel 2015 la Corte si è occupata di un soggetto che concedeva un prestito che poteva essere utilizzato solo per l’acquisto di beni ceduti dallo stesso venditore, giungendo alla conclusione che le operazioni dovevano considerarsi connesse.

Circa l’esistenza di dubbi su tale materia, evidenziamo come nel caso C-159/17, avente come parte in causa il gruppo automobilistico Volkswagen, l’avvocato generale della Corte di Giustizia riteneva che le operazioni di locazione di veicoli con opzione di acquisto, e le relative operazioni finanziarie dovevano essere considerate connesse, mentre la Corte, nell’entrare nel merito del giudizio, ha dato per assodato che il comportamento tenuto dal gruppo, di fatturare con esenzione la parte finanziaria, fosse corretta.