L’accettazione e la rinuncia all’eredità
di Sergio PellegrinoCome abbiamo evidenziato nel contributo pubblicato giovedì, in considerazione del fatto che l’erede subentra non solo nelle posizioni patrimoniali attive facenti capo al de cuius, ma anche in quelle passive, con il conseguente rischio di compromettere il proprio originario patrimonio, la legge prevede che il soggetto chiamato all’eredità, per effetto di un testamento piuttosto che di una successione legittima, acquisisca l’eredità soltanto con l’accettazione.
L’accettazione dell’eredità si definisce espressa qualora si manifesti in una esplicita dichiarazione nell’ambito di un atto pubblico o scrittura privata.
La forma maggiormente ricorrente nella pratica è, però, quella dell’accettazione tacita: questa si può concretizzare, innanzitutto, nel compimento di un atto che testimonia la volontà di assumere la qualità di erede, come ad esempio nel caso della vendita di un bene ereditario.
Ma vi è accettazione tacita dell’eredità anche qualora il chiamato all’eredità, entro tre mesi dall’apertura della successione, non effettui l’inventario dell’eredità e la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario: in questo caso diviene infatti erede a tutti gli effetti e non può più rinunciare all’eredità
L’accettazione dell’eredità, indipendentemente da come si venga a realizzare, comporta la retrodatazione degli effetti al momento dell’apertura della successione: vi è quindi continuità fra la posizione giuridica del de cuius e quella degli eredi, che si trovano a rispondere illimitatamente con il proprio patrimonio degli eventuali debiti ereditari.
Nel momento in cui l’erede ravvisi l’eventualità che le passività ereditarie possano essere di importo superiore rispetto alle attività, avrà la convenienza ad accettare l’eredità con il beneficio di inventario, così da poter verificare l’effettiva consistenza del patrimonio, evitando nel contempo l’assunzione di una responsabilità patrimoniale diretta.
In determinati casi, quando chiamati all’eredità sono soggetti “deboli”, invece, l’accettazione con beneficio d’inventario è prescritta dalla legge: questo avviene, ad esempio, nel caso di coinvolgimento di minori, interdetti o inabilitati.
L’accettazione con beneficio d’inventario deve, evidentemente, essere necessariamente espressa: va resa da parte del chiamato all’eredità a un notaio o al cancelliere del Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione
Il chiamato all’eredità dovrà fare attenzione a quelle che sono le tempistiche della procedura previste dalla legge.
Se già in possesso dei beni ereditari, dovrà infatti concludere l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione, pena la perdita del beneficio e l’acquisizione della qualità di erede.
Qualora l’inventario venga predisposto nei termini, beneficerà di un ulteriore lasso temporale di 40 giorni entro il quale decidere se accettare o rinunciare all’eredità.
Nel caso in cui, invece, il chiamato all’eredità non sia entrato in possesso dei beni ereditari, l’accettazione con beneficio d’inventario può essere effettuata entro il termine di prescrizione di 10 anni dall’apertura della successione. Una volta fatta la dichiarazione di accettazione di eredità, in ogni caso l’inventario dovrà essere effettuato entro i successivi tre mesi.
Con l’accettazione con beneficio d’inventario il chiamato diventa erede, ma senza rispondere con il proprio patrimonio delle passività del defunto: i creditori di quest’ultimo potranno quindi rivalersi esclusivamente soltanto sui beni dello stesso.
L’erede diventa amministratore del patrimonio ereditario, ma non può disporne liberamente, cedendo i beni che ne fanno parte, se non con l’autorizzazione del Tribunale.
Qualora invece sia chiaro ed evidente che le passività ereditarie siano di importo maggiore rispetto alle attività, il chiamato all’eredità potrà effettuare direttamente la rinuncia all’eredità, rendendo una dichiarazione in tal senso a un notaio o al cancelliere del Tribunale.