L’accordo di ristrutturazione del debito con intermediari finanziari
di Andrea RossiIl D.L. 83/2015, convertito con la L. 132/2015, ha introdotto l’articolo 182-septies L.F. che prevede sia una convenzione di moratoria temporanea dei crediti nei confronti di una o più banche o intermediari finanziari che un nuovo accordo di ristrutturazione del debito con intermediari finanziari, qualora vi siano debiti verso banche in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo; nel presente articolo approfondiremo il contenuto dell’accordo di ristrutturazione del debito con intermediari finanziari, prendendo spunto anche dalle indicazioni fornite in un recente documento emanato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, ricordando che l’accordo di moratoria è stato trattato in un precedente contributo.
L’articolo 182-septies L.F. non sostituisce la disciplina di cui all’articolo 182-bis L.F., bensì la integra prevedendo un apposito accordo di ristrutturazione dei debiti con le banche e con intermediari finanziari, consentendo però al debitore di richiedere che gli effetti dell’accordo concluso con determinate categorie di creditori vengano estesi ai creditori finanziari non aderenti appartenenti alla medesima categoria.
L’introduzione del nuovo articolo 182-septies L.F. nasce dal fatto che l’accordo di ristrutturazione del debito ex articolo 182-bis, così come strutturato dall’attuale normativa, ha evidenziato più di una lacuna, laddove il dissenso di un solo istituto di credito ha più volte impedito un possibile risanamento dell’impresa, costringendo il debitore a presentare una più invasiva e costosa domanda di concordato; pertanto, il Legislatore, in ottemperanza delle raccomandazioni della Commissione europea del 12 marzo 2014 n. 2014/135/UE, ha cercato di superare le lacune dell’accordo di ristrutturazione del debito ex articolo 182 bis L.F. introducendo appunto l’articolo 182-septies che prevede espressamente la possibilità di estendere gli effetti dell’accordo anche alle banche o intermediari finanziari non aderenti, qualora sia raggiunta una adesione del 75% all’interno della categoria alla quale il non aderente appartiene. Pertanto, laddove non sia raggiunto il citato quorum in una specifica categoria, è possibile ugualmente vincolare creditori appartenenti ad altre categorie giuridiche all’interno delle quali invece sia stata raggiunta la percentuale del 75%.
A seguito dell’introduzione del nuovo articolo 182-septies, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha emanato un nuovo documento volto a fornire utili indicazioni per i professionisti che operano nell’ambito della crisi di impresa, che vengono approfondite nelle righe che seguono.
Il presupposto oggettivo in capo al debitore per poter accedere alla disciplina in esame è la presenza di debiti verso banche e intermediari finanziari (sottoposti alla disciplina degli articoli 106 e 107 TUB) in misura pari almeno alla metà dell’indebitamento complessivo; si ritiene opportuno precisare che, al fine del calcolo della prevalenza dell’indebitamento bancario rispetto al debito complessivo, è necessario tenere conto, secondo le indicazioni fornite nel documento emanato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, sia dei debiti scaduti che quelli a scadere; inoltre, laddove vi siano dei contratti di leasing finanziario, dovrà essere considerato l’intero debito in linea capitale, incrementato degli interessi nel frattempo maturati alla data di deposito dell’accordo. Per quanto attiene invece i debiti contestati (magari inseriti nei fondi rischi), gli stessi non vanno tenuti in considerazione, salvo che la contestazione da parte del debitore sia palesemente infondata, mentre dovranno essere considerati i debiti potenziali per fideiussioni concesse dall’impresa laddove il rischio di escussione da parte del terzo soggetto garantito sia elevato.
L’accordo di ristrutturazione in esame è vincolante anche per i soggetti non aderenti a condizione che questi ultimi siano stati invitati fin dall’inizio al tavolo delle trattative (è opportuno pertanto un invito scritto, meglio se inviato via PEC) e, conseguentemente, messi nelle condizioni di parteciparvi; conseguentemente il mancato invito anche di un solo degli istituti di credito rende di per sé inopponibile al creditore l’accordo ex articolo 182-septies L.F., con la conseguenza che lo stesso dovrà essere integralmente pagato come creditore non aderente nei termini previsti dall’articolo 182-bis L.F..
Resta inteso che gli effetti vincolanti dell’accordo nei confronti delle banche non aderenti sono ottenibili solamente in presenza di una omogeneità giuridica (correlata alla natura soggettiva del creditore) e di interesse economico rispetto alle posizioni delle banche aderenti.
Secondo il documento in esame, non è possibile obbligare i soggetti non aderenti, ai sensi dell’articolo 182-septies, all’erogazione di nuova finanza (anche prededucibile), alla concessione di nuove linee di credito ovvero di nuovi finanziamenti (sia chirografari che ipotecari); è invece possibile obbligare i soggetti non aderenti, nell’ambito di un accordo di ristrutturazione del debito ex articolo 182-septies, ad una dilazione ovvero rinuncia parziale del proprio credito, oppure alla conversione del proprio credito in quote di capitale in presenza ovviamente di una omogeneità giuridica e di interesse economico rispetto ai soggetti aderenti, raggiunto il quorum del 75%.
Infine anche tale accordo deve sottostare ad una attestazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, comma 3, lett. d), L.F. che esprima un giudizio sulla veridicità dei dati aziendali e soprattutto sulla fattibilità dell’accordo, dedicando una particolare attenzione circa la sussistenza dei requisiti giuridici che permettono l’estensione forzosa ai non aderenti dell’accordo di ristrutturazione del debito.