L’adempimento del debito tributario e gli effetti in sede penale
di Luigi FerrajoliIl reato di omesso versamento dell’Iva, previsto e punito dall’articolo 10 ter, D.Lgs. 74/2000, prevede una soglia di punibilità, stabilita in un ammontare superiore a 250.0000 euro per ciascun periodo d’imposta. Ciò significa che, sotto tale importo, la condotta illecita non assume rilevanza penale.
La Corte di cassazione ha affermato che, in riferimento a tale ipotesi delittuosa, la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131 bis c.p., è applicabile soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla predetta soglia di punibilità, in considerazione del fatto che il grado di offensività (che dà luogo a reato) è già stato valutato dal Legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale.
Infatti, in tema di reati tributari caratterizzati dalla soglia di punibilità, solo il superamento in misura significativa di detta soglia preclude la configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Nel caso in cui, viceversa, il superamento sia di poco superiore, si può procedere a valutare i restanti parametri afferenti alla condotta nella sua interezza.
Proprio in tema di omesso versamento Iva, secondo la giurisprudenza di legittimità il pagamento del debito tributario, condotta successiva alla commissione del reato, assume rilevanza ex articolo 131 bis c.p., ai fini del riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
Il comportamento “susseguente” all’illecito penale (che, ove intervenuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, consente l’applicabilità dell’altra speciale causa di non punibilità prevista dall’articolo 13, comma 1, D.Lgs. 74/2000), sostanzialmente neutralizza la gravità dell’offesa, provocata all’Erario, in quanto con tale comportamento l’autore del reato dimostra la volontà di assolvere il debito tributario, qualora provveda tempestivamente ad onorare il piano rateale concordato con il Fisco.
In tale solco, la Suprema Corte di cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 14073/2024, relativamente ad un imputato, legale rappresentante di una società di capitali, che aveva ottenuto la rateizzazione del debito, con pagamento in corso che aveva ridotto il debito stesso al di sotto della soglia di punibilità.
La Corte di cassazione ha stigmatizzato la decisione della Corte di Appello che aveva negato l’applicabilità della causa di non punibilità, in quanto il Giudice di secondo grado avrebbe dovuto valutare anche l’incidenza (sulla vicenda processuale in esame) della novella del 2022 che ha modificato la disciplina della speciale causa di non punibilità di cui all’articolo 131 bis c.p., permettendo la valutabilità della condotta successiva al reato.
La condotta susseguente al reato, infatti, costituisce, oggi, elemento suscettibile di valutazione nell’ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell’esimente, in quanto può rilevare ai fini dell’apprezzamento dell’entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo.
Nell’annullare la predetta sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello, il Giudice di legittimità ha sottolineato che va ribadito e riaffermato il principio di diritto per cui, tra le condotte susseguenti al reato, che per effetto della novella dell’articolo 131 bis c.p. ad opera del D.Lgs. 150/2022, non possono, di per sé sole, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, ma che, tuttavia, possono essere valorizzate nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’articolo 133, comma 1, c.p., vi è anche l’integrale o anche parziale adempimento del debito tributario con l’Erario, anche attraverso un piano rateale concordato con il Fisco o l’adesione a provvedimenti relativi alla c.d. rottamazione delle cartelle esattoriali.
Il Giudice potrà, perciò, valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato, ed evidentemente in grado di incidere sulla misura dell’offesa, e ciò vale non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa – quali le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l’accesso a programmi di giustizia riparativa, o, come nel caso in esame, l’intervenuto adempimento dell’obbligo tributario mediante l’integrale pagamento del debito erariale secondo il piano di rateizzazione concordato con il Fisco – ma anche, e specularmente, quando delle condotte aggravino la lesione – inizialmente “tenue” – del bene protetto.