L’Agenzia illustra un caso di operatività del nuovo “art bonus”
di Guido MartinelliMarta SaccaroCon la risoluzione n. 87/E del 15 ottobre scorso l’Agenzia delle Entrate illustra un’ipotesi di applicazione del cosiddetto “art bonus”, il meccanismo di agevolazione fiscale introdotto dall’art. 1 del D.L. n. 83/2014. Nello specifico, secondo quanto indicato nella risoluzione, se sono verificate determinate condizioni la disposizione di vantaggio opera anche quando il finanziatore sostiene direttamente la spesa per gli interventi di restauro e non si limita a fornire l’erogazione al beneficiario.
Come si ricorderà, la norma è stata posta per agevolare i finanziamenti vincolati a specifiche finalità, analiticamente previste. Si tratta, nello specifico, di: interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti delle fondazioni lirico-sinfoniche o di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo. L’agevolazione risulta inoltre applicabile anche qualora le erogazioni liberali in denaro effettuate per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici siano destinate ai soggetti concessionari o affidatari dei beni oggetto di tali interventi.
Per i versamenti effettuati con le finalità sopra ricordate compete un credito d’imposta pari:
- al 65% delle erogazioni liberali effettuate in ciascuno dei due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2013;
- al 50% delle erogazioni liberali effettuate nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.
È previsto un limite alla misura del credito d’imposta riconosciuto per l’effetto dei sopra richiamati versamenti. In particolare, per le persone fisiche e gli enti non commerciali il credito è pari al 15% del reddito imponibile mentre per i titolari di reddito d’impresa non può superare il 5 per mille dei ricavi annui. In ogni caso, il credito di imposta deve essere ripartito in tre quote annuali di pari importo e, per le imprese, può essere utilizzato in compensazione (senza interferire con il limite annuale) e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
Nella risoluzione n. 87/E l’Agenzia delle Entrate affronta il caso di alcune fondazioni bancarie che, in attuazione dei propri scopi statutari, intendono sostenere un progetto di restauro e di valorizzazione, sulla base di protocolli d’intesa stipulati con diversi enti territoriali, di un bene pubblico, sottoposto alla tutela della Soprintendenza. La particolarità del quesito sta nel fatto che le fondazioni bancarie non provvederanno ad erogare le somme necessarie per la realizzazione dell’intervento sul bene ma assumeranno l’obbligazione di dare esecuzione ai progetti di restauro e di valorizzazione del monumento facendosi carico – in via esclusiva – dei relativi oneri finanziari e organizzativi.
La risoluzione identifica questa attività come una forma di mecenatismo che, per le sue caratteristiche, si discosta totalmente dallo scopo lucrativo proprio delle sponsorizzazioni. In pratica, secondo le Entrate, si tratta pur sempre di una liberalità, anche se le fondazioni non trasferiscono somme di denaro all’ente pubblico territoriale ma provvedono direttamente al pagamento delle fatture per la progettazione e l’esecuzione dei lavori di restauro del bene pubblico. A sostegno della propria tesi l’Agenzia delle Entrate si relaziona al parere reso dal Ministero per i beni e le attività culturali – competente in merito all’ambito oggettivo di applicazione della norma di agevolazione e, per questo motivo, preventivamente interpellato – , secondo il quale l’iniziativa intrapresa dalle fondazioni bancarie costituisce un caso di diretta applicazione dell’art. 121, del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che prevede espressamente che gli enti pubblici territoriali possano stipulare protocolli d’intesa con le fondazioni bancarie che per statuto perseguono scopi di utilità sociale nel settore dell’arte, attività e beni culturali “al fine di coordinare gli interventi di valorizzazione sul patrimonio culturale e, in tale contesto, garantire l’equilibrato impiego delle risorse finanziarie messe a disposizione”.
Il punto focale sta proprio qui: l’Agenzia delle Entrate equipara questo tipo di erogazione – quantificata a monte, sulla base dei protocolli d’intesa tra le fondazioni e l’ente pubblico, come somma determinata – ad un’erogazione in denaro.
La norma riconosce infatti solo alle “erogazioni liberali in denaro” la possibilità di attribuire al donante il beneficio qualificato come “art bonus”. In questo caso, in via eccezionale (come sottolinea la risoluzione) si può estendere l’operatività della disposizione anche ad una fattispecie nella quale la liberalità è, di fatto, corrisposta “in natura”, attraverso il pagamento delle fatture relative all’intervento di ripristino del bene pubblico.