12 Giugno 2018

L’amministratore giudiziario e il sequestro preventivo

di Luigi Ferrajoli
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La Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con la sentenza n. 6742 del 12.02.2018, ha rilevato che la nomina di un amministratore giudiziario rappresenta il necessario ed imprescindibile presupposto, in caso di sequestro preventivo, per garantire l’esercizio della continuità e dello sviluppo dell’attività aziendale, che rischierebbe, altrimenti, di venire paralizzata dalla misura cautelare in parola.

Nel caso specifico, il GIP del Tribunale dell’Aquila aveva emesso decreto di sequestro preventivo ai sensi dell’articolo 321 c.p.p. e dell’articolo 19 D.Lgs. 231/2001, finalizzato alla confisca per equivalente dei beni aziendali nella disponibilità di due S.r.l., fino alla concorrenza della somma di euro 2.976.372,00 in relazione agli illeciti amministrativi di cui all’articolo 25 undecies, comma 2, lett. b), nn. 2 e 3 e lett. f) D.Lgs. 231/2001, concernenti la gestione non autorizzata di rifiuti di cui all’articolo 256 c.p..

A tal proposito, il Tribunale di Chieti aveva rigettato l’appello proposto nell’interesse delle due menzionate società avverso il provvedimento che, pronunciando sul sequestro preventivo per equivalente ex articolo 53, comma 1 bis, D.Lgs. 231/2001, aveva autorizzato l’utilizzo da parte delle medesime dei soli beni aziendali e rigettato la richiesta di autorizzazione all’utilizzazione della liquidità esistente su un conto corrente.

Avverso tale ordinanza, le due società hanno proposto ricorso per cassazione qualificando come erronea la decisione del Tribunale, in considerazione del fatto che l’articolo 53non prevede la possibilità di utilizzo limitato solo ad alcuni beni aziendali sicché, una volta emesso un provvedimento positivo, il medesimo avrebbe dovuto “riguardare tutti i beni sottoposti a sequestro per equivalente, al fine di garantire la continuità dello sviluppo aziendale, la capacità di produrre reddito e di mantenere l’occupazione”. Secondo i ricorrenti, il Tribunale del riesame aveva inoltre errato nel ritenere necessaria la previa nomina di un custode amministratore giudiziario, trattandosi la stessa di una figura facoltativa.

Investita della questione, la Cassazione ha innanzitutto richiamato il contenuto dell’articolo 53 D.Lgs. 231/2001 il quale, come noto, ha ad oggetto la misura cautelare del sequestro preventivo in funzione di confisca di cui all’articolo 19 D.Lgs. 231/2001 (“Nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. 2. Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato”) sia nella forma diretta avente ad oggetto il prezzo o il profitto del reato (articolo 19, comma 1, D.Lgs. 231/2001) sia nella forma per equivalente (articolo 19, comma 2, D.Lgs. 231/2001), fattispecie, quest’ultima, che ricorre nel caso in esame.

L’articolo 53 comma 1 bis, D.Lgs. 231/2001 regola specificamente il caso in cui il sequestro eseguito ai fini della confisca per equivalente prevista dall’articolo 19, comma 2, D.Lgs. 231/2001 abbia ad oggetto “società, aziende, ovvero beni, ivi compresi titoli, nonché quote azionarie o liquidità anche in deposito” e prevede che, nell’anzidetta ipotesi, “il custode amministratore giudiziario ne consente l’utilizzo e la gestione agli organi societari esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando poteri di vigilanza e riferendone all’autorità giudiziaria“.

Ebbene, la ratio di tale disposizione è evidentemente quella di evitare che la disposta misura cautelare possa paralizzare l’ordinaria attività aziendale pregiudicandone la continuità e lo sviluppo.

In tale frangente, si inserisce quindi la funzione assegnata al custode amministratore giudiziario che è proprio quella di vigilare sull’utilizzo e sulla gestione dell’azienda, riferendone l’esito all’autorità giudiziaria.

Va da sé che la nomina dell’anzidetto amministratore rappresenta il presupposto imprescindibile per l’esercizio dell’attività aziendale e, nel caso in cui venga omessa, la parte interessata ha l’onere di adire il giudice, che vi procede ai sensi dell’articolo 47 D.Lgs. 231/2001.

Sulla base di tali assunti, ritenendo del tutto legittime le conclusioni del Tribunale del riesame che aveva rilevato l’inesistenza di un amministratore giudiziario, mai nominato nel corso del procedimento penale, la Cassazione ha quindi rigettato i ricorsi e condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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