L’amministratore non è responsabile per le inopportune scelte economiche
di Gioacchino De PasqualeLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25056 depositata ieri, 9 novembre, ha affermato il principio in base al quale per l’amministratore di una società non costituisce fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società amministrata l’aver compiuto scelte economiche inopportune, nel caso di specie un’abnorme apertura di credito verso un cliente poi fallito, se nella valutazione di tali comportamenti è stata utilizzata la diligenza necessaria consistente nel reperimento di informazioni normalmente richieste per una simile decisione. In tal caso, non può parlarsi di inopportuna condotta, ma di errate scelte imprenditoriali.
Nel caso di specie, l’amministratore di una società aveva continuato a concedere credito ad un cliente (farmacia) già in grave ritardo con i pagamenti, confidando nella riscossione di tali crediti all’atto dell’effettuazione dei rimborsi da parte dell’ASL al creditore (che il creditore vantava da lungo tempo) e nella fideiussione prestata dalla moglie del creditore.
La condotta dell’amministratore verso il creditore, poi fallito, configurava, secondo l’ex società amministrata, una fonte di responsabilità contrattuale, considerata l’assoluta irragionevolezza e l’abnorme apertura di credito verso un cliente notoriamente in difficoltà finanziaria. A ragione della propria tesi, è stato inoltre evidenziato il trattamento di favore riservato al cliente in questione, poi fallito, rispetto agli accordi commerciali con le altre farmacie, per le quali le eccessive dilazioni comportavano un stop ai rapporti commerciali e l’applicazione di adeguati interessi sui ritardati pagamenti.
Secondo la società ricorrente, la “particolare gravità della colpa e del danno arrecato alla società avrebbe richiesto una rigorosa prova di non colpevolezza” in capo all’amministratore della società.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha ribadito, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale (Cassazione, sentenze n. 15470 del 22.06.2017, n. 1783 del 02.02.2015, n. 3409 del 12.02.2013), l’insindacabilità della discrezionalità del merito delle scelte gestorie degli amministratori di società di capitali, il cui limite è la ragionevolezza; per cui si ha responsabilità degli amministratori ogni qualvolta essi non abbiano adottato le cautele necessarie nel compimento delle attività loro demandate, non avendo corredato le proprie scelte con le verifiche, le indagini e le informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità.
La Corte di Cassazione ribadisce che, sebbene sia pacifico che “all’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità ex articolo 2392 cod. civ. di aver computo scelte inopportune dal punto di vista economico”, tuttavia l’insindacabilità delle scelte di gestione non è priva di limiti tout court dovendo sempre l’amministratore prendere le decisioni senza omettere “quelle cautele, verifiche e informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità” necessarie ad apprezzare “preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere”.