13 Aprile 2017

L’analisi funzionale nelle rettifiche da transfer price

di Marco Bargagli
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Il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, contiene specifiche norme tese a contrastare fenomeni di erosione di base imponibile e, più in generale, la pianificazione fiscale aggressiva.

Tra gli aspetti più rilevanti in subiecta materia spicca il problema della corretta determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo, nota come normativa sul “transfer pricing” regolamentata, a livello domestico, dagli articoli 110 e 9 del Tuir.

In un contesto ormai globalizzato le imprese ad ampio respiro internazionale, con il chiaro intento di diversificare le loro strategie di investimento nel mercato estero, costituiscono oltre frontiera imprese controllate per sviluppare varie linee di business.

In tale ambito, il Gruppo multinazionale dovrà tenere conto che il valore di cessione praticato negli scambi di beni e/o di servizi con le società estere controllate sarà determinato in base a precise regole, in quanto l’ordinamento tributario vuole impedire il c.d. “travaso di utili dall’Italia all’estero”, al di fuori delle normali condizioni di mercato.

Di conseguenza, i prezzi delle transazioni infragruppo non devono essere determinati sulla base di valutazioni soggettive riconducibili alle politiche fiscali e commerciali della singola multinazionale, bensì in linea con il valore normale di mercato della transazione economica.

Come opportunamente affermato dalla C.M. 32/1980 nell’ordinamento fiscale italiano il concetto di valore normale è definito come il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione nel tempo e nel luogo in cui i corrispettivi e i proventi si considerano conseguiti e gli oneri e le spese si considerano sostenuti ai fini della determinazione del reddito e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, per quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell’impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali ed ai listini delle Camere di Commercio, alle tariffe professionali ed ai listini di Borsa, tenendo conto degli sconti d’uso.

In buona sostanza, il concetto di valore normale sopra illustrato definito a livello domestico dall’articolo 9, comma 3, Tuir, recepisce nel nostro ordinamento tributario il noto principio di libera concorrenza raccomandato dall’OCSE (c.d. arm’s lenght principle), in base al quale per la corretta determinazione del prezzo di trasferimento dei beni e/o dei servizi occorre assumere il valore che sarebbe stato pattuito sul mercato per transazioni similari da parte di imprese indipendenti.

Come anche affermato dalle linee guida Ocse sui prezzi di trasferimento, il principio di libera concorrenza è definito nell’articolo 9 del Modello di Convenzione fiscale dell’OCSE nei seguenti termini: “Nel caso in cui le due imprese, nelle loro relazioni commerciali o finanziarie, siano vincolate da condizioni, convenute o imposte, diverse da quelle che sarebbero state convenute tra imprese indipendenti, gli utili che, in mancanza di tali condizioni, sarebbero stati realizzati da una delle imprese, ma che, a causa di dette condizioni, non sono stati realizzati, possono essere inclusi negli utili di questa impresa e tassati di conseguenza“.

Sullo specifico tema, è importante ricordare che la corretta individuazione del prezzo di libera concorrenza deve tenere conto di precise variabili e, in particolare:

  • le caratteristiche dei prodotti e dei servizi oggetto dell’operazione;
  • le funzioni svolte dalle singole imprese considerate ed i rischi rispettivamente assunti;
  • l’entità di capitale o patrimonio che è necessario investire per la produzione dei beni o servizi oggetto dell’operazione;
  • le condizioni commerciali praticate, di natura sia economica sia finanziaria;
  • le politiche commerciali adottate.

In tale ambito, prima di formulare eventuali rettifiche fiscali in aumento del reddito (ricavi non dichiarati ossia costi non deducibili) l’Amministrazione finanziaria, nell’applicazione dei vari metodi necessari alla valutazione della congruità dei prezzi di trasferimento infragruppo, dovrà esperire un’attenta analisi di comparabilità per rendere omogeneo il campione dei soggetti selezionati quali comparabili rispetto alla transazione infragruppo oggetto di analisi.

Infatti, come ricordato dall’OCSE, nell’ambito del processo di selezione del metodo più appropriato per la determinazione del prezzo di trasferimento e della sua applicazione, l’analisi di comparabilità si pone sempre l’obiettivo di trovare gli elementi comparabili più affidabili.

In merito, per individuare correttamente le transazioni comparabili rispetto a quella oggetto di verifica, occorre esperire un approfondito esame delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei singoli beni utilizzati nel processo produttivo dai vari soggetti coinvolti nella transazione economica.

In definitiva, la comparazione sarà giudicata affidabile solo nell’ipotesi in cui le funzioni, i rischi ed i beni impiegati dai soggetti terzi indipendenti, inclusi nel campione dei soggetti selezionati come comparables, siano del tutto assimilabili rispetto ai soggetti interessati dalla transazione infragruppo.

Il transfer pricing nel modello redditi 2017: gli adempimenti obbligatori per la tax compliance