La società impugnava dunque l’avviso di accertamento eccependo, tra l’altro, la deducibilità dei costi sostenuti, in quanto inerenti.
Effettivamente il recente orientamento della Corte di Cassazione, confermato nell’ordinanza in esame, è nel senso di ritenere sufficiente, ai fini della deducibilità del costo, la sua correlazione all’attività imprenditoriale nel suo complesso (tenuto conto dell’oggetto dell’impresa) e non ai singoli ricavi (si richiamano, sul punto, Cassazione, n. 902/2020 e n. 559/2020).
Sono pertanto indeducibili, in quanto non inerenti, soltanto i costi che si collocano in una sfera estranea all’attività imprenditoriale, mentre non assume rilievo la congruità del costo rispetto ai ricavi (oppure la sua utilità).
Il giudizio di inerenza, come chiarito dall’ormai costante giurisprudenza è “di carattere qualitativo e non quantitativo” (Cassazione, n. 30366/2016, n. 27786/2018 e n. 450/2018).
Sono stati dunque ritenuti deducibili, in quanto inerenti, i costi relativi alle attività di carattere preparatorio (Cassazione, n. 23994/2018), nonché i costi strumentali ad attività future e di potenziale proiezione dell’attività imprenditoriale (Cassazione, n. 13882/2018).
Allo stesso modo devono essere comunque ritenuti inerenti i costi che, seppur non adeguati rispetto al ritorno dell’investimento, risultano non essere estranei all’attività d’impresa: d’altra parte, un giudizio finalizzato a valutare l’adeguatezza dei costi non può essere considerato un esame di natura soltanto qualitativa.
Non possono essere quindi ritenuti non inerenti (e, quindi, indeducibili), i costi ritenuti sproporzionati rispetto ai ricavi: in altre parole, il giudizio di antieconomicità non può guidare la valutazione dell’inerenza.