Un secondo caso è quello del recesso del socio. Si può in primo luogo evidenziare come la disciplina agevolativa sia appieno applicabile anche al caso del recesso, con una particolare attenzione quando ciò avviene nel contesto di una società di persone poiché in tale circostanza si hanno due componenti: la prima, che corrisponde al rimborso del capitale, e la seconda, che corrisponde invece alla cd. “differenza da recesso” che altro non è se non l’espressione del maggior valore economico rispetto al valore contabile del patrimonio netto aziendale alla data del recesso. Quest’ultima parte, come chiarito dalla risoluzione 64/E/2008, è un componente negativo fiscalmente rilevante per la società perché trova corrispondenza in plusvalori latenti della società stessa che, in caso di loro successivo realizzo, determineranno emersione di materia imponibile.
Tale conclusione è pacifica quando il recesso è regolato in denaro; ma nel caso che ci interessa ci troviamo dinanzi ad una situazione in cui il bene potenzialmente plusvalente non permane nel patrimonio della società, bensì fuoriesce proprio quale corrispettivo del socio receduto. Ebbene, poiché in questa circostanza non si ravviserebbe più, secondo l’Amministrazione finanziaria, l’esigenza di eliminare un fenomeno di doppia imposizione (dato, nel primo caso, dalla tassazione del socio recedente e poi anche dalla tassazione della plusvalenza realizzata al realizzo del bene sui soci superstiti della società), ecco allora che in presenza di un recesso regolato ricorrendo alla assegnazione agevolata del bene, la differenza da recesso non rappresenterebbe più un componente negativo di reddito deducibile per la società.
Una terza fattispecie interessa invece società assegnatarie/cedenti dei beni che siano state oggetto di precedenti operazioni di fusione o di scissione. Qui il tema che ci si pone è quello della verifica della sussistenza del presupposto soggettivo, ovvero della qualifica di status di socio almeno alla data del 30 settembre 2015. L’Agenzia ha correttamente evidenziato che, in ossequio al principio di continuità fiscale – e, aggiungeremmo noi, anche al principio ormai giuridicamente prevalente che vede la fusione e la scissione societaria come fenomeni di mera variazione organizzativa dell’impresa, addirittura oltre il tradizionale modello successorio – le società aventi causa delle rispettive operazioni di fusione o scissione, potranno fruire dell’assegnazione agevolata anche quando compiuta a favore di soci che erano tali presso le incorporate o presso la società scissa, a condizione solamente che essi fossero soci appunto alla data del 30 settembre 2015.
In tal caso, ai soci che hanno la qualifica soggettiva suddetta, potranno essere assegnati tutti i beni posseduti dalla incorporante o beneficiaria della scissione, ovviamente nel presupposto che si tratti di beni rientranti fra quelli eleggibili per l’agevolazione.
L’Amministrazione, nella circolare 37/E/2016, sempre richiamando il principio di neutralità fiscale, ha altresì ritenuto che la medesima conclusione vada assunta anche nel caso di conferimento di azienda.