11 Dicembre 2014

L’assistenza a un familiare in Italia non implica la residenza fiscale

di Ennio VialVita Pozzi
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La sentenza n. 5714 della C.T.R. di Milano dell’08.10.2014 (depositata il 06.11.2014) è intervenuta in un caso di accertamento della residenza italiana di un contribuente che aveva trasferito la propria residenza a Montecarlo ancora negli anni ‘70, ma che si recava frequentemente in Italia per assistere un familiare impossibilitato a muoversi dal territorio dello Stato.

Il primo elemento di interesse della sentenza attiene alla elencazione da parte dell’Agenzia della documentazione che ha preso come riferimento per la sua attività. In particolare si tratta di:

  • informazioni anagrafiche;
  • rapporti con altri soggetti: partecipazioni e rappresentanze societarie;
  • informazioni reddituali: dichiarazioni fiscali presentate ed eventuali istanze di rimborsi;
  • versamenti unificati e iscrizioni a ruolo;
  • informazioni patrimoniali: proprietà immobiliari, possesso di autoveicoli, atti di compravendita, donazione, locazione, costituzioni di società e conferimenti;
  • presenza di utenze domestiche intestate al contribuente;
  • eventuali movimentazioni di capitale all’estero;
  • contratti assicurativi stipulati con società italiane.

Successivamente, sono state poste in essere anche indagini finanziarie volte ad evidenziare la presenza di conti correnti, carte di credito, cassette di sicurezza ed altre posizioni simili. Inoltre, è emersa la proprietà indiretta delle quote di una srl italiana proprietaria di un’abitazione di prestigio in Italia.

In sede di ricorso di primo grado, il contribuente ha fornito copiosa documentazione attestante il trasferimento di residenza a Montecarlo sin dagli anni 70, dove vive grazie all’eredità pervenuta dal coniuge defunto.

Il contribuente utilizza l’abitazione di prestigio italiana, ovviamente con tutte le utenze collegate ed utilizzate, per incontrare ed assistere il parente che non può muoversi dall’Italia.

L’Agenzia, per sostenere la sussistenza della residenza nel nostro Paese, ha fatto leva sull’utilizzo di una carta di credito ed una carta rilasciata da una catena di supermercati, oltre alla disponibilità di diversi conti correnti in Italia, sia personali che riferiti al parente.

La C.T.P. di Milano accoglie il ricorso del contribuente. I giudici di seconde cure confermano le tesi del primo grado.

In particolare, è emerso che:

  • la carta di credito è stata usata esclusivamente presso un supermercato nei pressi dell’abitazione italiana;
  • è priva di merito la valutazione circa il fatto che le utenze italiane siano più alte rispetto a quelle di Montecarlo che paiono invece irrisorie alla vista dei verificatori.

In realtà, si osserva come i consumi limitati siano comunque compatibili con le modeste esigenze di una persona anziana. Inoltre, è interessante e quasi godibile il passaggio dove si afferma che avere della servitù nell’immobile italiano “non appare essere, sino a prova contraria, un grave delitto teso a voler truffare il fisco italiano”. Il fatto di dover assistere un parente “fanno apparire normale il sostenimento di spese straordinarie avendone le possibilità economiche”.

La sentenza, infine, evidenzia come l’Ufficio continui a pretendere, resistendo in giudizio, di far assurgere a prove certe quelle che sono semplici presunzioni, insinuandosi nella vita privata del contribuente e pretendendo di condizionarne il tenore di vita. Da ultimo si segnala come l’Ufficio sia stato condannato al pagamento delle spese.