L’atto di pignoramento presso terzi non è assistito da pubblica fede
di Angelo GinexIn tema di esecuzione esattoriale, l’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’Agente della riscossione, sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, conservando invece quella di atto processuale di parte, con la conseguenza che l’attestazione ivi contenuta delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza del 9 novembre 2017, n. 26519.
Il caso affrontato dalla Suprema Corte ha origine dalla notificazione di un atto di pignoramento presso terzi ex articolo 72-bis D.P.R. 602/1973, avverso il quale veniva spiegata opposizione agli atti esecutivi fondata sulla omessa indicazione dei crediti per i quali si procedeva. Il Tribunale di primo grado accoglieva la predetta opposizione, dichiarando la nullità dell’atto impugnato.
Tale decisione veniva impugnata dall’Agente della riscossione con ricorso straordinario ex articolo 111 Cost., evidenziando che l’effettiva allegazione, all’atto di pignoramento, dell’elenco delle cartelle di pagamento per cui si procedeva non potesse essere posta in discussione, stante la fede privilegiata di cui godono i fatti accertati dal pubblico ufficiale. Tale fidefacienza, in particolare, doveva essere riferita all’attestazione del responsabile della procedura contenuta nell’atto di pignoramento, relativa all’allegazione allo stesso dell’elenco delle cartelle di pagamento.
Nella pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha rilevato come l’atto di pignoramento presso terzi, anche quando venga predisposto nelle forme previste dall’articolo 72-bis D.P.R. 602/1973, in tema di esecuzione esattoriale, ha natura di atto esecutivo e, quindi, di atto processuale di parte. Inoltre, la fidefacienza di cui all’articolo 2700 cod. civ. è riservata ai soli atti pubblici, sicché il pignoramento eseguito dall’Agente della riscossione non fa piena prova, fino a querela di falso, dell’attività compiuta per la sua redazione.
Ciò, sulla base della considerazione per la quale ex articolo 49 D.P.R. 602/1973, secondo cui le funzioni demandate agli ufficiali giudiziari sono esercitate dagli ufficiali della riscossione, nell’ambito delle attività dell’ufficiale di riscossione, occorre distinguere il caso in cui egli esercita le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario, rispetto alle quali assume la veste di pubblico ufficiale ed è conseguentemente dotato dei poteri di fidefacienza, dal caso in cui agisce quale operatore privato ed è quindi sprovvisto dei citati poteri.
Invero, mentre la notificazione dell’atto di pignoramento costituisce funzione tipica dell’ufficiale giudiziario, sicché all’Agente della riscossione che ad esso si sostituisce vanno riconosciuti gli stessi poteri, altrettanto non può dirsi per la stesura dell’atto medesimo, che non rientra fra le attribuzioni dell’ufficiale giudiziario, ma costituisce un atto di parte.
Conseguentemente, deve ritenersi che l’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’Agente della riscossione ex articolo 72-bis D.P.R. 602/1973, sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, conservando invece quella di atto processuale di parte.
In definitiva, quindi, l’attestazione ivi contenuta delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto (nella specie, concernente l’allegazione di un elenco contenente l’indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione) non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso, a differenza di quanto avviene quando l’Agente della riscossione esercita le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario.