27 Maggio 2015

L’atto simulato blocca il redditometro

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
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La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la sentenza n. 1866 depositata il 15 gennaio 2015, torna sul tema delicato della simulazione dell’atto o del pagamento in rapporto all’accertamento redditometrico, consolidando il filone giurisprudenziale che ritiene tale presupposto non fondato per procedere al recupero di maggiori imponibili in capo al contribuente.  La posizione assunta dai giudici romani non può che condividersi in quanto basata sul precetto insuperabile dell’articolo 53 della Costituzione, secondo cui la tassazione deve avvenire in relazione al reale reddito percepito (nel caso di specie, disponibile in quanto “manifestato”) dal contribuente.  Il redditometro, anche nella nuova configurazione, rientra nell’alveo degli accertamenti presuntivi, i cui presupposti possono avere maggiore o minore fondamento sia in esito al contraddittorio preventivo obbligatorio, sia in ordine agli elementi fattuali del caso concreto analizzato. Quanto al contraddittorio, è notorio che la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in particolare quella sviluppata in materia di studi di settore, ha ormai focalizzato i seguenti assunti:

  • l’Ufficio ha l’obbligo di convocare il contribuente;
  • questi, in sede di contraddittorio preventivo, ha la facoltà di documentare gli accadimenti e spiegare la non fondatezza della pretesa del fisco. In tal caso si ha totale inversione dell’onere probatorio e spetta all’Amministrazione finanziaria, che intende procedere all’accertamento, illustrare nella motivazione dell’avviso di accertamento le ragioni del mancato accoglimento delle tesi di parte e della possibilità di applicazione delle presunzioni al caso concreto analizzato;
  • se invece il contribuente non partecipa al contraddittorio o non vi produce elementi difensivi, l’Ufficio è autorizzato a procedere all’accertamento sulla base delle presunzioni analizzate, spettando poi all’organo giudicante la valutazione della complessiva vicenda.

Relativamente, invece, agli elementi fattuali è evidente che soprattutto il nuovo redditometro, basato sull’ammontare delle effettive spese sostenute, ha una forza presuntiva maggiore, ferma restando la più ampia possibilità difensiva del contribuente e soprattutto la non corrispondenza immediata “spesa=reddito”. A ben vedere, infatti, le spese possono essere sostenute con le modalità più svariate, dall’impiego di proventi di precedenti disinvestimenti all’utilizzo del risparmio accumulato nel tempo, dal ricorso a redditi non tassabili o forfettari alla percezione di redditi a tassazione sostitutiva, dalla disponibilità di prestiti familiari o bancari alle vincite al gioco, fino ad arrivare alle diverse tecniche di acquisto, ossia rateazioni, ricorso a finanziarie, concessioni di leasing, etc.. Dopo di che sicuramente rilevante è l’assenza dell’effettiva movimentazione di denaro in relazione alla spesa sostenuta: se l’atto è simulato o lo è il pagamento, è evidente che nessuna disponibilità di effettiva ricchezza è emersa, non potendosi pertanto procedere all’applicazione della presunzione redditometrica.

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