L’autoriciclaggio spinge alla voluntary
di Nicola FasanoUno degli aspetti più delicati da considerare nell’ambito della procedura di voluntary disclosure è quello relativo alla copertura penale di cui il contribuente che si autodenuncia può fruire.
Come noto, l’art. 5-quinquies, comma 1, lett. a) del D.L. n. 167/1990, come introdotto dalla L. n. 186/2014 che disciplina la voluntary, esclude la punibilità per i seguenti delitti fiscali previsti dal D.Lgs. n. 74/2000: dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art.3), dichiarazione infedele (art.4), omessa dichiarazione (art. 5), omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis), omesso versamento iva (art. 10-ter).
Restano invece punibili i reati di emissione di fatture false (art. 8) e di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11), il che evidentemente lascia scoperto chi ha emesso le fatture false (talvolta potrebbe trattarsi anche dell’amministratore di fatto della cartiera che potrebbe essere individuato nello stesso contribuente che opta per la voluntary) e chi ha posto in essere atti tali da ridurre o azzerare le proprie disponibilità per non pagare le imposte (per esempio istituendo trust o effettuando donazioni). Ovviamente, in tali casi si impone una seria riflessione circa le conseguenze della voluntary.
Nei confronti di colui che presta la collaborazione volontaria, inoltre, per espressa previsione dell’art. 5-quinquies, comma 1, lett. b) del D.L. n. 167/1990, è esclusa la punibilità anche per i delitti di riciclaggio, (art. 648-bis c.p.) e di impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.), sempre se commessi in relazione ai proventi di uno degli illeciti tributari “coperti”, sopra richiamati.
Restano invece punibili reati di diversa natura (per esempio quello di corruzione), compresi quelli di false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 Cod. Civ.) che, invece, in occasione dello scudo fiscale erano stati esclusi da punibilità.
Sicuramente da salutare con favore è la disposizione dell’art. 1, comma 5 della L. n. 186/2014, secondo cui le cause di non punibilità previste nell’ambito della voluntary sono estese a tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i delitti ivi indicati. Tale estensione consente quindi anche ai professionisti e agli intermediari coinvolti nell’evasione del contribuente di godere dell’esclusione da punibilità in sede penale per la maggior parte dei reati fiscali (anche se, come abbiamo visto, non per tutti).
Un incentivo molto rilevante alla voluntary, peraltro, proviene dall’introduzione del reato di autoriclaggio da parte dell’art. 3 della L. n. 186/2014, che inserisce il nuovo art. 648-ter, secondo cui si applica la pena della reclusione da due a otto anni (oltre una multa fino a 25.000 euro) per chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. La pena è ridotta nella misura da uno a quattro anni (e la multa fino a 12.500 euro) se il reato presupposto è punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni (come nel caso dei reati fiscali meno gravi). Non solo, con la nuova legge da un lato viene esteso all’autoriciclaggio l’istituto della confisca (anche per equivalente) di cui all’art. 648-quater c.p., e dall’altro si inserisce l’autoriciclaggio fra i reati presupposto per l’applicazione della responsabilità amministrativa degli enti (previa modifica dell’art. 25-octies del D.Lgs. n. 231/2001).
La portata di questa nuova fattispecie di reato, come si può facilmente intuire, rischia di essere devastante per una serie di ragioni. Ne segnaliamo alcune. Innanzi tutto consentirà alle procure di contestare l’utilizzo di fondi anche a fronte di reati fiscali (e non solo) ampiamente prescritti e risalenti nel tempo. Le pene fissate per l’autoriciclaggio, inoltre, sono ben più pesanti di quelle previste per i reati fiscali (che nel massimo non superano i sei anni). La “interpretazione” e l’applicazione della fattispecie di reato si presta, sin da una prima lettura, a dubbi di non poco conto sotto diversi aspetti: si pensi alla sottile distinzione fra gli utilizzi “speculativi” che sono entro il perimetro del reato e quelli “personali” che invece ne sono fuori (per esempio il contribuente che ha evaso imposte e acquista degli immobili per poi affittarli è punibile per autoriclaggio?), oppure a quali debbano essere le condotte tese a ostacolare la “concreta identificazione” dei proventi di origine delittuosa che fanno scattare gli estremi del reato (si badi che, nell’affine ambito del riciclaggio, la recente giurisprudenza della Cassazione tende a ritenere “riciclaggio” anche il mero trasferimento bancario di denaro su conti diversamente intestati).
Ebbene, chi aderisce alla voluntary non è punibile per il reato di autoriciclaggio, “affrancando” così i proventi dei reati fiscali, limitatamente alle attività oggetto di collaborazione volontaria e sempre che si tratti del frutto di delitti coperti dalla voluntary. Questo aspetto non è assolutamente da sottovalutare.
Per approfondire gli aspetti della voluntary disclosure ti raccomandiamo questo seminario: