L’autosufficienza del ricorso in Cassazione
di Nicola Fasano
In caso di sentenza sfavorevole, in tutto o in parte, della Commissione tributaria regionale, è sempre bene rammentare che nella successiva eventuale fase di impugnazione di legittimità dinanzi alla Corte di Cassazione si esce dall’ambito del processo tributario strettamente inteso, disciplinato dal d. lgs. 546/92, e si entra in quello civile regolato per l’appunto dal codice di procedura civile, stante il rinvio operato dall’art. 62, D. lgs. 546/92.
Fra le varie peculiarità del giudizio in Cassazione, al di là del fatto che oggetto del processo diventano i vizi di legittimità della sentenza impugnata e non sono più possibili accertamenti di mero fatto, spicca il principio dell’”autosufficienza” del ricorso, da rimarcare anche in considerazione del fatto che, spesso, il ricorso viene in pratica predisposto dal professionista che ha assistito il contribuente nei primi due gradi di giudizio che magari si avvale, solo per la rappresentanza e la domiciliazione processuale, della collaborazione di un avvocato cassazionista. Mentre l’Agenzia delle entrate in tale fase è difesa dall’Avvocatura di Stato, specializzata quindi in questa tipologia di giudizio e particolarmente solerte nell’opporre motivi di inammissibilità del ricorso.
E’ oramai principio consolidato che il ricorso per cassazione, in ragione del principio di autosufficienza desumibile dall’art. 366 Cod. proc. civ., deve contenere in sé espressamente e a pena di inammissibilità, tutti gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e altresì a permettere alla Corte di cassazione la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio o di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. fra le tante, sentenza della Cassazione n. 767 del 14/01/2011).
Così come è stato osservato che la prescrizione contenuta nell’articolo 366, primo comma, n. 3), Cod. proc. civ., secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente si limiti a una brevissima e insufficiente narrativa della vicenda processuale, integrandone il contenuto mediante “spillatura” al ricorso di copia della sentenza impugnata, in quanto lo scopo della disposizione consiste nel permettere l’immediata percezione delle censure sollevate, senza necessità di ricorrere ad altri atti del processo, sia pure allegati al ricorso, dal che consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione redatto in tali forme (sentenza della Cassazione n. 15180 del 23/6/2010).
Se da un lato, quindi, si deve entrare nell’ordine di idee che i Supremi giudici dovranno essere in grado di decidere la questione rifacendosi al solo ricorso (a nulla rilevando i fatti e i motivi indicati negli atti e nelle sentenze dei precedenti gradi di giudizio presenti nel fascicolo di parte), dall’altro però non si deve eccedere con il “copia incolla” degli atti dei precedenti gradi di giudizio in quanto la stessa Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso redatto con tale tecnica, escludendo espressamente che la mera attività di “farcitura” del ricorso tramite l’integrale inserimento dei precedenti atti processuali, ovvero la mera attività di “copia e incolla” dei precedenti atti e documenti, possano essere sufficienti a integrare il requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.. (sentenza della Cassazione n. 7332 dell’11/5/2012). Va segnalato, tuttavia, un orientamento, seppur minoritario, della stessa Cassazione che ha mitigato tali conclusioni nel senso di ritenere ammissibile il ricorso redatto con il “copia incolla” dei precedenti atti del giudizio, se le contestazioni mosse erano comunque comprensibili da altri punti meglio dettagliati del ricorso (Ordinanza della Cassazione n. 21034 del 27/11/2012).
In definitiva, per evitare che il ricorso per Cassazione sia dichiarato inammissibile, è bene ripercorrere puntualmente le tappe fondamentali dei fatti di causa (se del caso riportando stralci dei punti più significativi di atti e/o documenti dei precedenti gradi di giudizio) nonché riportare i punti della sentenza impugnata che si intendono contestare (oltre ovviamente alla specificazione dei motivi di gravame), evitando una pedissequa e integrale riproposizione degli stessi, puntando invece su una efficace e completa sintesi.