23 Novembre 2019

L’autovettura in uso all’amministratore – II° parte

di Luca Caramaschi
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La scheda di FISCOPRATICO

Riprendendo le considerazioni formulate nel precedente contributo, andiamo ora ad analizzare la fattispecie dell’utilizzo promiscuo da parte dell’amministratore che produce reddito assimilato a lavoro dipendente.

Partiamo dall’imposizione diretta.

Malgrado il reddito conseguito dall’amministratore-collaboratore venga espressamente assimilato al reddito da lavoro dipendente, la circolare AdE 5/E/2001 afferma che le disposizioni di favore previste per le autovetture concesse in uso al dipendente non possono essere estese alle autovetture utilizzate ad uso promiscuo aziendale e personale da parte degli amministratori-collaboratori; a tal riguardo la successiva circolare AdE 1/E/2007 è anch’essa intervenuta sul tema, al fine di puntualizzare che l’assimilazione dei collaboratori con i lavoratori dipendenti concerne le modalità di determinazione del reddito di questi (e quindi, in merito al trattamento fiscale delle autovetture, risulta applicabile la determinazione convenzionale del benefit), ma non anche l’assimilazione per quanto riguarda le regole di deduzione dal reddito dei costi del veicolo da parte dell’impresa concedente.

In particolare, mutuando le considerazioni proposte dalla circolare 48/E/1998, è possibile affermare quanto segue:

  • l’ammontare del fringe benefit tassato in capo all’amministratore è – ai sensi dell’articolo 95 Tuir – deducibile per l’impresa fino a concorrenza delle spese sostenute da quest’ultima;
  • l’eventuale eccedenza delle suddette spese è deducibile secondo le regole generali previste nell’articolo 164 Tuir.

Dette considerazioni devono oggi ritenersi ancora attuali in quanto nella citata circolare AdE 1/E/2007 si legge che “l’eventuale eccedenza delle spese sostenute dall’impresa rispetto al fringe benefit non è deducibile, in ragione del nuovo regime di indeducibilità dei veicoli non strumentali.

L’eccedenza è quindi soggetta al trattamento che la normativa riserva ai veicoli aziendali che prevede che i relativi costi andranno trattati con la misura ridotta attualmente applicabile pari al 20 per cento.

Vale poi la pena di segnalare che la deduzione nel limite del fringe benefit non costituisce deduzione forfetaria dei costi auto: essa infatti deve leggersi come limite massimo alla deducibilità. Se detto fringe benefit fosse superiore ai costi auto rilevati dalla società amministrata concedente l’autovettura, la deduzione dei costi in capo a questa avverrebbe comunque nel limite di quanto rilevato a conto economico.

Spesso si confondono le due fattispecie di uso promiscuo al dipendente e all’amministratore: in realtà, ben valutando le due diverse fattispecie, si può agevolmente notare come esse siano del tutto diverse tra di loro. E come l’uso promiscuo all’amministratore porti con sé molti meno vantaggi rispetto all’uso promiscuo al dipendente.

Si veda il seguente esempio.

Una società ha assegnato un’autovettura al proprio amministratore per uso promiscuo aziendale e personale. Al riguardo si rileva che:

  • il valore dell’auto è di € 50.000, aliquota di ammortamento 25%;
  • i costi di esercizio della vettura sono pari ad € 5.000;
  • si rileva un compenso in natura in capo all’amministratore pari ad € 3.000.

Per la determinazione della frazione di costi deducibili, occorre innanzitutto determinare la quota di ammortamento (aliquota 25%) calcolata sul costo fiscalmente rilevante di € 18.075,99 e cioè € 4.519.

A questo punto occorrerà confrontare € 9.519 (costi sostenuti pari a € 5.000 + quota di ammortamento calcolata sul valore fiscalmente rilevante pari a € 4.519) con il compenso in natura tassato in capo all’amministratore pari ad € 3.000. L’eccedenza rispetto al fringe benefit, pari ad € 6.519, sarà deducibile nel limite del 20%.

Appare chiaro, dall’esempio formulato, come la fattispecie dell’autovettura concessa in uso promiscuo al dipendente che come è noto riconosce la deducibilità dei costi dell’autovettura nella misura del 70 per cento senza alcun limite “assoluto” relativamente ai costi di acquisizione, sia ai fini reddituali decisamente più “performante” della descritta disciplina applicabile all’amministratore-collaboratore.

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