Lavori edilizi svolti in più anni: autonomi per i massimali di spesa?
di Silvio RivettiCon la risposta all’interpello n. 143 del 23.01.2023, l’Agenzia delle Entrate dedica nuova attenzione al delicato tema della configurabilità di interventi “autonomi”, non di mera prosecuzione dei lavori di eguale natura dell’anno precedente, dalle spese agevolabili con riguardo a massimali di spesa (o di detrazione) distinti.
Il Fisco affronta i dubbi interpretativi di una società che, sostenute nel 2019 spese per l’isolamento del tetto di un proprio immobile strumentale, fruendo dell’ecobonus ai sensi dell’articolo 1, comma 345, L. 296/2006, nell’anno successivo sostituiva gli infissi dello stesso immobile, con ulteriori costi agevolabili ai sensi della medesima norma citata.
Nel suo quesito, la società rappresenta che i due interventi, oggetto di due distinte CILA presentate in Comune e di autonome comunicazioni all’ENEA, risultavano eseguiti, fatturati e conclusi in anni differenti.
Per l’istante, i due interventi possono dirsi “autonomi” e non l’uno la prosecuzione dell’altro; e, per quanto agevolabili in forza della stessa norma ecobonus, le detrazioni spetterebbero non unitariamente, ma in maniera distinta per gli anni 2019 e 2020: segnatamente nella misura del 65% delle spese sostenute per i lavori di rifacimento della copertura del tetto fatturati nel 2019, con riguardo a un massimale di detrazione di euro 60.000; e nella misura del 50% delle spese riguardanti la sostituzione degli infissi fatturate nell’anno 2020, con riferimento a un rinnovato massimale di detrazione, pari sempre a euro 60.000.
L’Agenzia delle Entrate conferma la lettura proposta dalla società contribuente, muovendo dall’analisi dell’articolo 16-bis Tuir, i cui precetti rappresentano la disciplina di base delle detrazioni fiscali nell’edilizia, compreso l’ecobonus.
Tra tali precetti, spicca il comma 4, secondo cui il limite massimo di spese agevolabili (o di detrazione ammissibile, nel caso dell’ecobonus) resta unitario anche per le spese sostenute in anni diversi, laddove esse riguardino interventi che sono la “prosecuzione” di quelli posti in essere nell’anno precedente.
Tale norma (ripresa in continuità, per l’ecobonus, dagli articoli 2, comma 3, D.M. 19.02.2007 e 3, comma 3, D.M. 06.08.2020) va interpretata, tuttavia, secondo le indicazioni fornite dalla prassi erariale (circolari nn. 17/E/2015, 19/E/2020 e 28/E/2022), nel senso che i richiamati interventi vanno detti “autonomi” qualora connotati da adempimenti amministrativi a loro volta autonomi, in punto titoli abilitativi edilizi, collaudi, dichiarazioni di fine lavori e certificazioni richieste dalla normativa edilizia vigente.
L’Agenzia delle Entrate conclude così per la spettanza della detrazione come prospettato dalla parte, in applicazione degli articoli 1, comma 345, L. 296/2006 e 14 D.L. 63/2013, a fronte dell’esibizione dei distinti titoli abilitativi edilizi, delle fatture e dei documenti attestanti la fine dei rispettivi lavori.
Va detto che la risposta in esame, per quanto globalmente da apprezzare (perché riassume in maniera chiara la linea interpretativa, ormai consolidata, dell’Amministrazione finanziaria del tema), non pare esente da critiche: specialmente perché omette di analizzare le implicazioni pratiche dell’applicazione del principio di competenza, in capo alla società commerciale, ai fini dell’individuazione dell’anno d’imposta di spettanza dell’ecobonus.
Tale anno si determina, infatti, in relazione al momento di completamento dell’opera (come si deduce dalla circolare 28/E/2022); e tale momento, nel caso in oggetto, è attestato da documenti forse meritevoli di più dettagliato commento, posto che non è stato chiarito se la dichiarazione di fine lavori dell’impresa appaltatrice, che è stata assunta come rilevante a tali fini, sia una semplice autocertificazione, o un documento formale ai sensi della normativa nazionale, D.P.R. 380/2001, o regionale.
La risposta ad istanza di interpello n. 134/2023 inoltre, non solo indica scorrettamente la durata dell’ecobonus (che si dà per prorogato al 2021 e non al 31 dicembre 2024, come disposto dalla Legge di Bilancio per il 2022), ma si presta anche a una riflessione di tipo formale, potendo perfino dubitarsi, a un prima analisi sommaria, che ricorrano i criteri che l’articolo 11 L. 212/2000 pone per la sua stessa formulazione e l’ammissibilità della relativa istanza.
Non pare infatti che sussista l’obiettiva incertezza interpretativa delle norme invocate: per essersi espressa, la prassi erariale, più volte sul tema e sempre in toni allineati; e per avere l’istante puntualmente individuato, nel suo quesito, sia le norme di riferimento, sia la relativa prassi applicativa.
Inoltre, non sembra neppure che ricorra il requisito della “preventività” dell’interpello: il quale ha risposta nel 2023, ma avrebbe dovuto essere stato presentato, a rigore, prima della fruizione autonoma della detrazione per le spese dei secondi lavori, sostenute nel 2020, che si assumono essere non di prosecuzione degli interventi dell’anno prima; e quindi prima, quantomeno, della presentazione della dichiarazione per l’anno d’imposta 2020.