24 Luglio 2020

Lavoro all’estero e retribuzioni convenzionali

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Esaminiamo il caso di un soggetto fiscalmente residente in Italia che svolge una attività di lavoro dipendente all’estero per un datore di lavoro estero.

Il reddito di lavoro dipendente, ancorché derivante da un rapporto di lavoro con un soggetto non residente, sarà tassato in Italia secondo il principio dell’articolo 3 Tuir, che prevede una tassazione su base mondiale in capo ai soggetti residenti.

Nel rispetto di determinati requisiti, però, è possibile utilizzare come base imponibile, in luogo dell’effettiva retribuzione percepita, le c.d. retribuzioni convenzionali. Si pensi al caso seguente.

Tizio, residente in Italia per tutto il 2019, ha lavorato da gennaio ad aprile e poi ancora da settembre a dicembre 2019 in Austria per una società ivi residente. Tizio rientrava in Italia ogni weekend.

Sicuramente, l’importo percepito dalla società austriaca come lavoratore dipendente (50.000 euro), dovrà essere dichiarato in Italia in  base all’articolo 3 Tuir, che tassa i soggetti residenti in Italia sui redditi ovunque prodotti. Sarà poi riconosciuto un credito per le imposte effettivamente subite in Austria ai sensi dell’articolo 165.

In merito all’utilizzo delle retribuzioni convenzionali, si segnala quanto segue.

L’articolo 51, comma 8-bis, stabilisce che “in deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale  di cui all’articolo 4, comma 1, del D.L. 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398 ”.

Il D.M. 11.12.2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 5 del 01.01.2020, ha infatti fissato le retribuzioni convenzionali di cui all’articolo 4 D.L. 317/1987, applicabili nel 2020 ai lavoratori dipendenti operanti all’estero. E, ancora prima, il Decreto 21.12.2018, in G.U. il 17.01.2019 ha fissato le retribuzioni convenzionali applicabili al 2019.

Tale disciplina, tuttavia, è applicabile solo se si verificano contemporaneamente i presupposti di seguito illustrati:

  1. la persona fisica deve essere fiscalmente residente in Italia. La risoluzione 92/E/2009 ha confermato che la norma si rivolge esclusivamente ai lavoratori dipendenti che risultano fiscalmente residenti in Italia nel periodo in cui prestano l’attività lavorativa all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro;
  2. la persona intrattiene un rapporto di lavoro dipendente;
  3. il lavoro deve essere prestato all’estero in via continuativa. L’incarico di lavoro deve essere stabile ovvero permanente e, comunque, non di tipo occasionale;
  4. il lavoro deve essere oggetto esclusivo del rapporto. In merito all’esclusività del rapporto, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che tale requisito si realizza quando lo specifico contratto di lavoro preveda che la prestazione dell’attività lavorativa sia svolta integralmente all’estero. La prestazione di lavoro all’estero deve costituire quindi l’unica ed esclusiva mansione affidata al dipendente e non deve configurarsi come accessoria o strumentale rispetto allo svolgimento delle normali mansioni svolte in Italia;
  5. il dipendente, nell’arco di dodici mesi, deve soggiornare all’estero per un periodo superiore a 183 giorni. L’Agenzia delle Entrate (circolare 207/E/2000) ha precisato che il periodo da considerare non necessariamente deve risultare continuativo, essendo sufficiente che il lavoratore presti la propria opera all’estero per un minimo di 183 nell’arco di dodici mesi. Con l’espressione “nell’arco di dodici mesi” non si deve far riferimento al periodo d’imposta, ma alla permanenza del lavoratore all’estero stabilita nello specifico contratto di lavoro, che può anche prevedere un periodo a cavallo di due anni solari. Per l’effettivo conteggio dei giorni di permanenza del lavoratore all’estero rilevano, in ogni caso, nel computo dei 183 giorni, il periodo di ferie, le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi.

Nell’ipotesi in cui operino le condizioni suesposte, il contribuente può applicare le retribuzioni convenzionali che molte volte sono di importo inferiore rispetto all’effettiva retribuzione. Si badi, altresì, che nella ragionevole ipotesi di utilizzo di retribuzioni convenzionali di importo inferiore rispetto a quanto effettivamente percepito, anche il credito per le imposte pagate all’estero dovrà essere ragguagliato in proporzione ai sensi dell’articolo 165, comma 10.

Al riguardo, si ricorda che la risoluzione 48/E/2013 ha chiarito che il credito per le imposte pagate all’estero deve essere ragguagliato al rapporto tra la retribuzione convenzionale e la retribuzione effettiva estera ricalcolata con i criteri italiani.