26 Luglio 2018

Il lavoro sportivo dilettantistico dopo le recenti novità – III° parte

di Guido Martinelli
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I maggioritari e più recenti orientamenti di giurisprudenza e di prassi amministrativa (vedi tra tutte la circolare 1/16 INL) erano tesi a ritenere che anche i soggetti che lavorano nello sport dilettantistico rientrassero tout court nella fattispecie dei redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir.

E’ chiaro che oggi, alla luce sia della sentenza commentata che dell’indubbio effetto causato dall’abrogazione della norma, tale inquadramento non può più essere ritenuto “pacifico” o, comunque oggetto di presunzione.

Prima di approfondire tale aspetto sarà necessario delimitare il perimetro dei soggetti ai quali potenzialmente potranno essere riconosciuti i compensi sportivi.

Tornerà, probabilmente, utile il riferimento indicato nella circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro laddove veniva previsto che vi rientrassero quelle categorie di soggetti che l’ente sportivo affiliante, federazione sportiva nazionale, disciplina sportiva associata o ente di promozione sportiva aveva riconosciuto come soggetti svolgenti attività sportiva nei propri regolamenti o nelle proprie deliberazioni.

Vediamo di entrare ancora più nel merito delle singole fattispecie.

Atleti

Il decreto (D.M. 15.03.2005) che inserisce i lavoratori dilettanti tra coloro che sono soggetti all’assicurazione obbligatoria settore spettacolo omette completamente ogni riferimento agli atleti. Probabilmente ritenendo che nei loro confronti prevalga l’aspetto ludico rispetto a quello lavorativo.

Se a questo aggiungiamo che, comunque, nei loro confronti non potrà mai trovare applicazione, anche in modo analogico, la L. 91/1981 sul professionismo sportivo causa il limite previsto dall’articolo 14 Preleggi al codice civile, ne deriva che agli atleti delle varie discipline sportive potrà continuare a essere riconosciuto il compenso sportivo ex articolo 67, comma 1, lett. m), senza limiti di ammontare e sempre senza obblighi di natura previdenziale e assicurativa (che non sia quella legata al tesseramento).

Non essendo sicuramente nel loro caso neanche in via interpretativa applicabile la disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative non scatterà neanche l’obbligo del pagamento con mezzi tracciabili per importi inferiori ai mille euro.

Tecnici (allenatori e istruttori)

Nei loro confronti sarà necessario effettuare un approfondimento. Se, infatti, o per la natura minimale del compenso (si ricorda che l’allora Enpals aveva fissato in 4.500 euro annui tale ammontare) o per la indubbia possibilità di provare che il tecnico consegua fuori dallo sport la fonte prevalente dei suoi compensi è oggettivo che l’attività svolta non costituisca attività lavorativa per il tecnico, appare confermato che gli sarà possibile riconoscere i compensi sportivi in esame. Ove, invece, il tecnico svolgesse l’attività sportiva come principale, anche se non esclusiva, sarà necessario svolgere una ulteriore indagine, ossia se nelle modalità effettive di svolgimento della prestazione siano presenti o meno i caratteri del lavoro subordinato o dell’esercizio di arti o professioni. In tal caso la possibilità di riconoscere i compensi sportivi sarebbe ex lege esclusa dall’incipit dello stesso articolo 67 Tuir.

Sotto tale profilo sarà necessario porre la massima attenzione nell’introdurre figure quali il direttore tecnico o il capo allenatore che potrebbero motivare l’esistenza di una subordinazione gerarchica nei confronti degli altri tecnici sottoposti alle loro direttive.

A questo punto rimane da analizzare la situazione del tecnico che “lavora” nello sport da “autonomo” ma senza che questa attività costituisca esercizio di arti o professioni (l’istruttore di nuoto che svolge la sua attività in favore di un unico centro nuoto). Che fare? La giurisprudenza prevalente (anche se, come abbiamo dimostrato, non esclusiva) appariva favorevole anche in questo caso al riconoscimento del compenso sportivo.

Si tratterà di vedere, ora, se l’avvenuta abrogazione per legge della disposizione che lo consentiva espressamente rappresenterà o provocherà anche un mutamento di orientamento da parte della giurisprudenza.

Nel caso in cui ritenessimo o si decidesse comunque di applicare la disciplina dei compensi sportivi rimane un problema: in presenza di “lavoro sportivo” come questo può o deve essere qualificato ai fini lavoristici?

Non potendo qualificarlo come esercizio di arti o professioni (espressamente escluso dall’articolo 67 Tuir) e non potendo ritenerlo, nella grande maggioranza dei casi, collaborazione occasionale, non si potrà che tornare alla qualificazione, per esclusione, di collaborazione coordinata e continuativa, con buona pace di coloro i quali hanno “favorito” l’abrogazione della qualificazione espressa come tale.

Dirigente

Per tutti coloro i quali svolgono attività inerenti la pratica agonistica (vedi dirigenti accompagnatori, addetti agli arbitri, ecc) varranno le considerazioni già espresse per i tecnici.

Per gli addetti alla segreteria, i c.d. “amministrativo – gestionali” si porrà, per le modalità attraverso le quali viene svolta la prestazione, la necessità di porre maggiore attenzione ai rischi di riconoscimento del rapporto come subordinato.

Per il resto varranno le medesime valutazioni già svolte con l’unica differenza che, in questo caso, essendo rimasta la qualificazione come collaborazione coordinata e continuativa, sarà necessario effettuare i pagamenti con modalità tracciabili a prescindere dall’importo e si dovrà operare la denuncia al centro per l’impiego e porre in essere gli adempimenti conseguenti.

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