L’avvocato può fare il Presidente del CdA di una società commerciale se non ha poteri operativi
di Fabio Landuzzi
Con la sentenza n. 25797 del 22 ottobre 2013 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno deciso che colui che esercita la professione di avvocato può assumere la carica di Presidente del consiglio di amministrazione di una società commerciale, a condizione che in virtù di tale carica egli non abbia effettivi poteri di gestione dell’impresa.
Il caso giunto al giudizio della Suprema Corte era originato dalla controversa insorta fra un soggetto, all’epoca dei fatti praticante procuratore, ed il Consiglio dell’Ordine degli avvocati della sua città il quale gli aveva revocato l’autorizzazione all’esercizio della pratica forense in quanto la persona rivestiva la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione di una Srl, seppure partecipata dall’ente locale in quanto avente per oggetto la gestione di un servizio pubblico. I fatti erano sorti in vigenza dell’articolo 3 del R.d. 27 novembre 1933 n. 1578, poi in seguito abrogato per via dell’articolo 18 della Legge 31 dicembre 2012 n. 247 la quale ha infatti previsto una nuova disciplina della incompatibilità della professione di avvocato con l’attività d’impresa.
L’attuale disciplina contenuta al citato articolo 18 della Legge 247/2012 prevede infatti, fra l’altro, che la professione di avvocato è incompatibile “con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione”.
Con la sentenza in commento, la Cassazione afferma che la nuova formulazione della norma in oggetto ha di fatto recepito sostanzialmente un principio che era stato già enunciato e applicato dalla stessa Suprema Corte quando era stata in passato chiamata a decidere la materia in vigenza dell’articolo 3 del R.d. 1578/1933; si legge infatti nella sentenza che risultava essere già un principio consolidato quello per cui il legale che ricopre la funzione di Presidente del consiglio di amministrazione o di Amministratore delegato o di Amministratore unico di una società commerciale può trovarsi in una situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione forense qualora tale carica sociale comporti per la persona l’esercizio di effettivi poteri di gestione o di rappresentanza della società. A nulla rileva, a tale fine, l’indagine riguardo alla consistenza patrimoniale della società al cui organo amministrativo partecipa l’avvocato, come pure la sua possibile esposizione a procedure concorsuali.
Secondo la Cassazione, pertanto, il Consiglio nazionale forense aveva applicato un’interpretazione inappropriata della norma, poiché non si era attenuto all’epoca dei fatti al principio sopra enunciato, ritenendo all’opposto che la carica di Presidente del Consiglio di amministrazione fosse di per sé stessa tale da generare incompatibilità con l’esercizio della professione forense, omettendo invece di accertare se la persona, in questa sua veste di membro dell’organo amministrativo della Srl, fosse in concreto titolare di effettivi poteri di gestione.
In conclusione, alla luce del precetto normativo vigente e dell’indirizzo interpretativo confermato in questa sede alla Cassazione, si può affermare che per gli avvocati è possibile assumere incarichi di consigliere di amministrazione di società di capitali, senza incorrere nella incompatibilità con la professione forense, ma a condizione che essi non assumano effettivi poteri di gestione e di rappresentanza della società stessa (cd. esercizio del commercio in nome altrui).