Le agevolazioni fiscali nei contratti di locazione a canone concordato
di Luca MambrinAl fine di incentivare il mercato delle locazioni l’articolo 2, comma 3, L. 431/1998 ha introdotto nel nostro ordinamento una tipologia di contratto alternativa al classico “4+4”: si tratta dei cosiddetti contratti a “canone convenzionato” comunemente chiamati “3+2”, per i quali la durata prevista è di tre anni prorogabili di altri due.
Tali tipologie contrattuali forniscono, al verificarsi di determinati requisiti, una serie di agevolazioni fiscali sia per il locatore che per l’inquilino.
Ai fine di poter godere delle agevolazioni fiscali previste si deve trattare di immobili:
- concessi in locazione a canone concordato in base agli accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini (accordi che derivano dalla convenzione nazionale regolata dal D.M. 16.01.2017 che ha sostituito il previgente D.M. 30.12.2002). Sulla base di tali accordi viene individuato per ciascuna zona un valore minimo e massimo del canone in base ad una serie di parametri quali la tipologia di alloggio, lo stato di manutenzione, gli spazi comuni; le parti poi determinano il canone nell’ambito di tali valori;
- situati in un comune ad alta densità abitativa.
Il citato D.M. 16.01.2017 ha stabilito, all’articolo 1, comma 8, che “le parti contrattuali, nella definizione del canone effettivo, possono essere assistite, a loro richiesta, dalle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori. Gli accordi definiscono, per i contratti non assistiti, le modalità di attestazione, da eseguirsi, sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti contrattuali a cura e con assunzione di responsabilità, da parte di almeno una organizzazione firmataria dell’accordo, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali”.
Pertanto, come precisato anche nella recente risoluzione 31/E/2018, per i contratti di locazione a canone concordato “non assistiti”, l’attestazione rilasciata dalle organizzazioni firmatarie dell’accordo, con la quale viene confermata la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto di locazione all’Accordo Territoriale, esplica effetti anche ai fini del conseguimento delle agevolazioni fiscali.
Nella citata risoluzione viene quindi confermato che, per i contratti a canone concordato “non assistiti”, l’acquisizione dell’attestazione costituisce elemento necessario ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali, quali:
- l’applicazione dell’aliquota ridotta nella misura del 10%, prevista in caso di opzione della cedolare secca
- le agevolazioni previste dall’articolo 8 L. 431/1998 in materia di Irpef (riduzione del 30% della base imponibile in caso di tassazione ordinaria) ed imposta di registro (calcolata sul 70% del corrispettivo annuo).
Per individuare gli immobili situati nei comuni ad alta densità abitativa si deve far riferimento all’articolo 1 D.L. 551/1988 (convertito dalla L. 61/1989); si tratta, in particolare, degli immobili ubicati nei comuni di:
- Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, e nei comuni confinanti con gli stessi;
- negli altri comuni capoluoghi di provincia;
- nei comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati nella delibera CIPE del 13 novembre 2003;
- nei comuni della Campania e della Basilicata colpiti dagli eventi tellurici dei primi anni ottanta.
Il medesimo articolo 8 L. 431/98, al comma 4, dispone poi che il CIPE deve provvedere ogni 24 mesi all’aggiornamento dell’elenco dei comuni ad alta densità abitativa; nel caso in cui in seguito all’aggiornamento periodico operato dal CIPE, il comune ove è sito l’immobile non dovesse rientrare più nell’elenco di quelli ad alta tensione abitativa, il locatore non è più ammesso a fruire dell’agevolazione fiscale prevista ai fini dell’Irpef sin dall’inizio del periodo d’imposta in cui interviene la delibera del CIPE.
Tutto quanto sopra premesso, e concentrando quindi l’attenzione sulle già richiamate agevolazioni, dobbiamo ricordare che, nel caso di tassazione ordinaria il reddito imponibile del proprietario, determinato effettuando il confronto tra
- la rendita catastale rivalutata rapportata ai giorni ed alla percentuale di possesso
- ed il reddito effettivo, ovvero il canone di locazione ridotto della percentuale forfetaria del 5% e rapportato alla percentuale di possesso,
viene ulteriormente ridotto del 30%.
Esempio:
Un contribuente possiede un immobile concesso in affitto a canone convenzionale per tutto il 2017 ad un canone annuo di 4.000 euro. La rendita catastale ammonta a 500 euro; l’importo rivalutato è di 525 euro.
Il canone di affitto al netto della deduzione forfetaria del 5% è pari a 3.800 euro.
Il reddito imponibile sul quale calcolare la tassazione è pari al reddito effettivo (canone annuo di locazione al netto della deduzione forfetaria), in quanto maggiore della rendita catastale rivalutata. Tuttavia, il reddito imponibile dovrà essere ulteriormente ridotto del 30% ed ammonterà, quindi, a 2.660 euro.
Se è stata effettuata invece l’opzione per la cedolare secca, il reddito imponibile da assoggettare ad imposta sostitutiva del 10% (aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria del 21%) sarà pari al maggiore tra
- la rendita catastale rivalutata rapportata ai giorni ed alla percentuale di possesso
- e il canone di locazione (100% del canone) rapportato alla percentuale di possesso; non deve essere effettuata l’ulteriore riduzione del 30%.
La possibilità di applicare l’aliquota agevolata del 10% nel caso di opzione per la cedolare secca è stata estesa dal D.L. 47/2014 ai contratti a canone concordato stipulati nei Comuni per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza nel cinque anni precedenti l’entrata in vigore della Legge di conversione al decreto (28.05.2014).
Ulteriore agevolazione prevista ai fini delle imposte indirette, e solo nel caso di tassazione ordinaria (in quanto in caso di opzione per la cedolare secca se ne è esonerati) è infine la riduzione del 30% dell’imposta di registro dovuta; nel caso in cui il comune dove è ubicato l’immobile fuoriesca da quelli ad alta tensione abitativa, l’agevolazione compete comunque per tutta la durata del contratto.
10 Ottobre 2019 a 12:20
Ai fini del riconoscimento delle agevolazioni IMU il Comune di Santa Flavia (Pa) – Comune dove non sussiste alcun accordo territoriale con associazioni di proprietari e/o inquilini – chiede di produrre “attestazione” su un contratto a canone concordato (stipulato nel 2018), ma nessuna associazione la rilascia proprio perché viene asserito, da queste ultime, che non esiste l’Accordo Territoriale con il suddetto Comune..
L’ufficio dal canto suo, per riconoscere il beneficio dell’aliquota ridotta IMU, chiede di produrre: contratto di locazione a canone concordato con annessa attestazione;
Perchè il Comune dovrebbe chiedermi di produrre l’attestazione se le Associazioni di categoria non la rilasciano?
Seppur in presenza del mancato accordo territoriale locale le Associazioni dovrebbero far riferimento alla Convenzione Nazionale del 26.10.2016 sulla Legge n. 431/1998?
Cordiali saluti.