Le associazioni culturali: che fine faranno?
di Guido MartinelliLa prima considerazione che nasce dall’esame dei decreti delegati recanti le norme attuative della riforma del terzo settore è che appare venuto meno quello che sembrava essere uno dei capisaldi della riforma, ossia il ricondurre ad una disciplina unitaria tutto il mondo del non profit.
Infatti il “sistema” terzo settore non sostituisce la galassia fino ad oggi esistente di varie realtà che operano con finalità non meramente speculative (vedi le pro loco, le sportive, i comitati organizzatori di eventi, le fondazioni, di partecipazione e non, le fondazioni bancarie, ecc.) ma si affianca ad esse creando un regime speciale per i soggetti che scelgono, autonomamente, di parteciparvi attraverso l’iscrizione all’istituendo registro unico del terzo settore, lasciando inalterata la disciplina per quei soggetti che non intendano o che per espressa previsione legislativa non possano entrare nel terzo settore.
Da qui la domanda che ci si sente fare in questi giorni dalle numerosissime associazioni culturali (bande musicali, cori, compagnie di teatro amatoriale) e ricreative (le pro loco, le associazioni “ex” sportive che, svolgendo prevalentemente se non esclusivamente attività non più riconosciute come sportive dal Coni, vedi il burraco, si trovano “espulse” dal mondo delle ASD) che operano sul territorio. Che fine facciamo? Ci conviene entrare nel terzo settore? Sono realtà che, fino ad oggi, in gran parte si sono amministrate facendo riferimento, per l’attività istituzionale all’articolo 148 del Tuir e per la parte commerciale optando per gli adempimenti di cui alla L. 398/1991, agevolazioni che saranno perdute a seguito della progressiva entrata in vigore del codice del terzo settore
Innanzi tutto diciamo subito che, per detti enti che non sono “più sportivi” e che non sono associazioni di promozione sociale, Onlus o organizzazioni di volontariato, la disciplina applicabile quest’anno (e comunque fino alla definitiva entrata in vigore del nuovo registro unico del terzo settore, presumibilmente primo gennaio 2020) sarà la medesima dell’anno scorso in quanto le modifiche introdotte dal titolo X del codice del terzo settore (tra le quali, appunto, la perdita del diritto di applicare le due agevolazioni citate) alla disciplina fiscale degli enti decorreranno solo dal periodo di imposta successivo alla entrata in vigore del registro unico del terzo settore.
Pertanto qualsiasi ente senza scopo di lucro che non sia già iscritto ai registri delle Onlus, organizzazioni di volontariato o di promozione sociale o che abbia la veste di cooperativa sociale mantiene la sua natura giuridica precedente e non diventa (di diritto o automaticamente) ente del terzo settore. Lo diventerà solo se, sussistendone i presupposti, chiederà l’iscrizione al nuovo registro unico del terzo settore.
Del resto chi rimarrà fuori dal terzo settore sarà in buona compagnia. Infatti non potranno, invece, mai diventare enti del terzo settore, per espressa preclusione contenuta nel secondo comma dell’articolo 4 D.Lgs. 117/2017 le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti.
Godranno di una disciplina particolare i soggetti operanti nella protezione civile e i corpi volontari dei vigili del fuoco delle provincie autonome di Trento e Bolzano e della regione autonoma della Valle d’Aosta.
Il codice del terzo settore, cioè una disciplina di 103 articoli che racchiude la parte civilistica, quella fiscale, il registro unico del terzo settore e l’introduzione di una serie di nuovi organi di controllo prevede l’abrogazione della L. 266/1991 e della L. 383/2000. Pertanto tutte le associazioni di volontariato e di promozione sociale dovranno necessariamente, per rimanere tali, uniformarsi alle disposizioni del nuovo decreto.
Nulla viene detto, invece, per l’articolo 90 L. 289/2002 che, come è noto, disciplina appunto le attività sportive dilettantistiche.
Vengono abrogati gli articoli relativi alla disciplina delle Onlus che, così, scompariranno come entità autonome all’interno del nostro ordinamento. Le attuali Onlus dovranno decidere se convertirsi in una delle tipologie di ente del terzo settore o se operare solo come ente senza scopo di lucro.
Ne deriva che, una volta a regime la riforma, le associazioni culturali potranno diventare associazioni di promozione sociale, ma, in tal, caso, saranno soggette alla disciplina prevista per tale fattispecie dal codice del terzo settore, o rimarranno come realtà non soggette ad alcuna disciplina speciale, rette dalla normativa del primo libro del codice civile e soggette alla disciplina generale degli enti non commerciali prevista dal novellato testo unico delle imposte sui redditi.
Rimane un ultimo problema da esaminare. Come è noto i cori, le bande musicali e le compagnie filodrammatiche possono riconoscere ai propri direttori artistici e tecnici dilettanti i compensi c.d. sportivi disciplinati dall’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir. Per la parte relativa alle sportive la Legge di Bilancio 2018 li ha qualificati collaborazione coordinata e continuativa. Essendo la medesima fattispecie concreta è possibile che si debba giungere alla stessa fattispecie astratta. E se così fosse scatterebbero per loro anche gli obblighi della comunicazione al centro per l’impiego e collegati.
Al danno della perdita delle agevolazioni fiscali della L. 398/1991 e dell’articolo 148 Tuir anche la beffa dell’aumento degli adempimenti formali.
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19 Marzo 2018 a 7:23
Le associazioni culturali: che fine faranno? - basketnet.it
11 Novembre 2018 a 18:58
Buonasera
mi occupo della segreteria di un vespa club quindi associazione culturale senza scopo di lucro che “vive” dei proventi derivanti dal tesseramento dei soci che ha come uniche spese l’acquisto dei gadget, le spese per pranzo o bar offerti ai soci
nessuno dei componenti del direttivo percepisce compensi non abbiamo spese di affitto o simili in quanto ospiti di un locale.
che fine faremo? la disciplina che ci regola ( considerando che il nostro “capitale annuale” ammonta a circa 2.000,00 duemila euro netti) attualmente prevede poche semplici regole….dovremmo uniformarci con l’iscrizione al nuovo registro?
potete gentilmente darmi qualche informazione a riguardo?
grazie per la disponibilità
13 Novembre 2018 a 8:30
La sua associazione potrà decidere se entrare nel terzo settore, iscrivendosi tra le associazioni di promozione sociale e, di conseguenza, godendo dei diritti ma anche dei doveri legati a tale qualifica, oppure rimanere estranea e non chiedere l’iscrizione nel registro unico nazionale del terzo settore.
Per la tipologia dell’attività svolta credo che possiate rimanere fuori senza avere grandi ripercussioni sulla vostra gestione
3 Dicembre 2018 a 13:45
Buongiorno Prof. Martinelli,
L’ associazione culturale che decide adesso di costituirsi ma di non iscriversi al registro del terzo settore, deve andare dal Notaio o può redigere il proprio Statuto o può continuare a registrarlo come atto privato- Grazie
4 Dicembre 2018 a 7:13
Può continuare a registrarlo come atto privato
18 Aprile 2019 a 10:04
buon giorno, non mi è chiaro la modifica dell’atto costitutivo per le associazioni culturali non riconosciute no profit, la legge dice che le quote associative annuali sono no profit le altre quote sempre inerenti all’oggetto sociale diventano corrispettivi, per usufruire della legge del terzo settore di mantenere tali corrispettivi in linea con i costi e rimanere no profit, devi modificare, e qui mi sorge il dubbio si parla di patrimonio netto con un minimo di 15.000, mila euro negli atti delle ETS dove dovrebbero confluire queste piccole associazioni culturali, mi sembra un’assurdità e spero di aver capito male grazie prof. Martinelli per la sua risposta buona giornata maria farina
20 Aprile 2019 a 16:10
Fino al primo periodo di imposta successivo alla entrata in vigore del registro unico nazionale del terzo settore (presumibilmente dal primo gennaio 2021) i corrispettivi specifici versati dall’associato per servizi resi dalla associazione culturale, in aggiunta alla quota associativa rimarranno defiscalizzati. Dalla data indicata per poter continuare a godere di questa agevolazione sarà necessario assumere la qualifica di associazione di promozione sociale e richiedere l’iscrizione nella apposita sezione del registro unico del terzo settore.
A tal fine non è necessario avere un patrimonio netto minimo. Il patrimonio netto indicato diventa necessario esclusivamente per assumere la veste di associazione riconosciuta
23 Aprile 2019 a 10:13
grazie per l’attenzione
8 Giugno 2019 a 11:48
Gent.mo Dott. Martinelli,
tre quesiti.
1) conferma che la modifica all’art. 148 co.3, sui contributi specifici alle associazioni culturali, comporterà la modifica in natura commerciale dei proventi specifici dal periodo di imposta successivo alla entrata in vigore del RUNTS? quindi siamo presumibilmente tranquilli sia per il 2019 che per il 2020?
2) qualora un’associazione culturale decida di non entrare nel terzo settore, quale disciplina fiscale dovrà applicare?;
3) un’associazione culturale che organizza concerti e\o spettacoli, dibattici, ecc, e che riceve per l’organizzazione di tali eventi contributi pubblici (da comune, regione, provincia), può considerare de-commercializzati questi proventi?
Potrà considerarli de-commercializzati anche successivamente all’entrata in vigore della riforma del terzo settore ?
Eventualmente al fine di godere della de-commercializzazione dei contributi dagli enti pubblici, consiglia l’adesione al terzo settore?
Grazie per la disponibilità e per la pazienza, ma per le associazioni di natura culturale sta diventando difficile dirimere tutte queste problematiche.
Grazie
11 Giugno 2019 a 8:08
Al suo primo quesito la risposta è affermativa. L’attuale disciplina rimarrà sicuramente in vigore per tutto il 2019 e “probabilmente” per il 2020. Con l’entrata in vigore del runts questi corrispettivi specifici diverranno commerciali per i soggetti che non entreranno nel terzo settore.
Le confermo anche che diverranno commerciali i proventi pubblici finalizzati all’organizzazione di eventi. La valutazione sulla opportunità o meno di entrare nel terzo settore e l’eventuale disciplina applicabile in caso di mancato ingresso impone degli approfondimenti che potranno eventualmente essere richiesti all’ufficio quesiti della Casa Editrice euroconference
27 Agosto 2019 a 15:53
Buongiorno Dott. Martinelli. Sono un membro del C.D. di una corale costituita come associazione non a scopo di lucro, il nostro badget annuale si aggira sui 2.500 € annui racimolati dalle quote di iscrizione e da sponsor ai quali rimettiamo ricevuta. I soldi vengono utilizzati per la maggior parte per rimborsare il direttore che ci prepara per i canti e per qualche cena sociale( il direttore è un esterno al coro ed emettiamo ricevuta ). Cosa cambia per noi? Possiamo mantenere questa forma ? Grazie . Vincenzo D.M.
28 Agosto 2019 a 8:43
Sicuramente nulla vi obbligo a mutare la vostra attuale natura giuridica. Se i proventi derivassero esclusivamente da quote associative e da contributi di terzi e i costi fossero solo i rimborsi spese a piè di lista del direttore, non sarà necessario mutare nulla del Vostro attuale assetto.
Ove invece le quote fossero di “iscrizione” a corsi specifici da voi organizzati e gli “sponsor” fossero aziende interessate a considerare come spesa pubblicitaria la somma erogata o comunque al direttore venissero riconosciuti importi non legati alle spese effettivamente effettuate sarà necessario rivedere la vostra organizzazione anche alla luce della imminente entrata in vigore della riforma del terzo settore
29 Ottobre 2019 a 14:56
Buongiorno dr.Martinelli,
la mia associazione culturale propone corsi di cucito. Organizziamo corsi di cucito in vari borghi e paesi o dove si forma un gruppo interessato al cucito. Offriamo il corso di cucito alle nostre socie in cambio di una quota. Con questa quota acquistiamo il materiale didattico, paghiamo l’affitto delle stanze e il rimborso chilometrico all’insegnante. Cosa cambia per noi in futuro? Possiamo diventare associazione di Promozione Sociale? Grazie!
30 Ottobre 2019 a 8:03
Quando entrerà in vigore la parte fiscale del codice del terzo settore (verosimilmente a partire dal primo gennaio 2021) l’attività da voi posta in essere, corrispettivi specifici versati da associati, sarà soggetta ad imposizione. Perché non accada sarà necessario per voi, come indicato, diventare ente del terzo settore assumendo la veste di associazioni di promozione sociale
16 Gennaio 2020 a 10:43
Buongiorno dt. Martinelli,
Da cinque anni siamo una piccola aps che organizza attività, orti, passeggiate,laboratori, legate al nostro territorio. In occasione della riforma del terzo settore saremmo orientati a “retrocedere” ad associazione culturale. E’ un passaggio possibile con la sola modifica dello statuto, opportunamente registrato, o sarebbe necessario chiudere definitivamente l’aps per poi fondare l’associazione culturale?
La ringrazio molto
16 Gennaio 2020 a 14:10
Le aps che non intendano accedere al registro unico del terzo settore potranno modificare il proprio statuto eliminando ogni riferimento alla promozione sociale ma dovranno anche devolvere l’incremento patrimoniale realizzato nel periodo in cui sono state iscritte ai registri regionali delle associazioni di promozione sociale