5 Febbraio 2015

Le associazioni di promozione sociale: aspetti civilistici

di Guido Martinelli
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Inizia da oggi una rubrica settimanale, curata da Guido Martinelli, dedicata al mondo non profit, attraverso la quale cercheremo di approfondire con i nostri Lettori le molteplici problematiche connesse con la programmazione, la costituzione e la gestione degli enti operanti nel terzo settore, anche alla luce dell’annunciato riordino di tale ambito e della sua continua evoluzione.


 
In attesa di “capire” quali saranno gli scenari futuri dei contenitori del non profit, alla luce del disegno di legge delega sul riordino di tale settore, acquista interesse approfondire
le due fattispecie di maggiore rilevanza oggi esistenti: le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale.
Negli intendimenti del Legislatore, le
prime dovevano essere caratterizzate essenzialmente dall’attività solidaristica, le seconde da quella mutualistica.
Proviamo ad esaminare i criteri costitutivi di questa seconda figura che vede, ad esempio, ricomprese al proprio interno, potenzialmente, tutte le associazioni culturali, sportive, ricreative che organizzano essenzialmente attività per i propri associati.
La possibilità per ogni singolo cittadino di costituire un sodalizio così denominato è riconosciuta ed attribuita dalla
Legge n.383 del 07.12.2000 recante la “Disciplina delle associazioni di promozione sociale”.
La sua natura di legge quadro ha prodotto poi una serie di discipline applicative a livello regionale il cui esame esula dagli obiettivi di carattere generale del presente lavoro.
Le “associazioni di promozione sociale” sono, ai sensi dell’art. 2, comma 1, della citata Legge, tutte quelle entità plurisoggettive (associazioni riconosciute, non riconosciute, movimenti, gruppi e loro coordinamenti o federazioni) che vengono costituite al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore degli associati e di terzi, senza finalità di lucro.
Non vi possono rientrare tutte quelle realtà “associative” quali i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni professionali e tutte le associazioni
che comunque hanno come finalità esclusiva la tutela e il perseguimento degli interessi economici degli associati (art. 2, comma 2, L. n. 383/2000) o dispongono limitazioni in relazione all’ammissione degli associati. Non possono essere ammesse limitazioni di natura economica o di qualsiasi altra natura, che contrastino con il principio di “democraticità” della struttura associativa e con il carattere “aperto” del contratto associativo.
Le “associazioni di promozione sociale” sono caratterizzate come tali dalla natura delle attività esercitabili.
Per questo motivo, risulterebbe ovvio ritenere che le nuove associazioni di promozione sociale siano tali quando, in primo luogo, svolgono attività di utilità sociale, cioè attività di natura assistenziale e socio-sanitaria, oppure di beneficenza, d’istruzione, di formazione, sport dilettantistico, promozione e valorizzazione di beni d’interesse storico-artistico, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ecc.
Sul piano normativo si deve ulteriormente menzionare la Circolare del Ministero delle Finanze, a commento delle disposizioni di modifica della normativa fiscale degli enti non commerciali, introdotte dal D. Lgs. n. 460/1997, la quale afferma che ”
le associazioni di promozione sociale sono quelle che promuovono la solidarietà e il volontariato attraverso lo svolgimento di attività culturali o sportive al fine di innalzare la qualità della vita; fra le associazioni di questo tipo possono rientrare gli organismi quali l’Arci o le Acli“.
Circa i requisiti dello statuto, gli enti di promozione sociale devono redigere il medesimo secondo un preciso contenuto volto ad indicare:
la denominazione; l’oggetto sociale; l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi non possano assolutamente essere divisi tra gli associati, neanche in forma indiretta; l’attribuzione della rappresentanza legale dell’ente; le modalità di scioglimento dell’associazione; le norme sull’ordinamento interno ispirato ai principi di democrazia e uguaglianza di tutti gli aderenti; l’obbligo di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la liquidazione, a fini di utilità sociale; l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari oltre alle modalità di approvazione degli stessi; e infine l’obbligo di reinvestire l’avanzo di gestione in attività statutarie previste.
Gli enti di promozione sociale esercitano la loro attività istituzionale attraverso le molteplici possibilità di reperimento di risorse economiche, individuate dalla disposizione dell’art. 4. Le
modalità di finanziamento consistono nella possibilità di usufruire dei contributi da parte degli associati, di eredità, donazioni, contributi dello Stato, degli Enti Locali od organismi internazionali, entrate derivanti da attività commerciali marginali, proventi derivanti dalle cessioni di beni e servizi agli associati e a terzi, anche, ma non solo, attraverso lo svolgimento di attività di natura commerciale, produttiva e agricola (queste ultime attività devono essere svolte in maniera ausiliaria rispetto alle attività principali di natura statutaria); inoltre altre entrate compatibili con le finalità sociali dell’associazionismo di promozione sociale.
L’art. 5 ribadisce che le associazioni in parola, pur se prive di personalità giuridica,
possono ricevere donazioni e, con beneficio d’inventario, lasciti testamentari, con l’obbligo tuttavia di destinare i beni ricevuti e le loro rendite al conseguimento delle finalità previste dall’atto costitutivo e dallo statuto. Questa norma deve però considerarsi superata per effetto delle novità introdotte dalla Legge n. 192 del 22.06.2000, che ha soppresso la necessità del riconoscimento per l’accettazione di donazioni ed eredità da parte delle associazioni.
Ulteriormente, l’art. 4, comma 2, impone
l’obbligo di conservare per almeno tre anni la documentazione con l’indicazione dei soggetti eroganti, delle donazioni e delle eredità, dei contributi pubblici e privati e delle entrate derivanti dalle prestazioni di servizi convenzionati ed delle erogazioni liberali.
 
 
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