Le associazioni sportive e le attività di raccolta fondi
di Guido MartinelliLe attività di raccolta fondi vengono definite dal legislatore all’articolo 7 D.Lgs. 117/2017 (in seguito c.t.s.) quali: “.. attività ed iniziative poste in essere da un ente del terzo settore al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva” .
Ritenuto che tale definizione possa oggi essere ritenuta valida anche per una associazione sportiva che sia iscritta solo al registro Coni delle associazioni e società sportive dilettantistiche, appare necessario fare il punto su una disciplina che non appare affatto uniforme.
Sarà infatti necessario formare tre categorie:
- le associazioni dotate solo di codice fiscale, in quanto non svolgono attività commerciale in via abituale,
- quelle dotate di partita iva e che hanno optato per gli adempimenti di cui alla L. 398/1991
- quelle dotate di partita Iva e che non hanno optato per gli adempimenti di cui alla L. 398/1991.
Le associazioni sportive dotate solo di codice fiscale applicano la disciplina generale delle raccolte fondi poste in essere dagli enti non commerciali di cui all’articolo 143, comma 3, lettera a), Tuir. Tale ultima disposizione normativa espressamente prevede che non concorrono alla formazione del reddito degli enti non commerciali: “i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche di fondi effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione” (norma analoga è stata inserita per gli enti del terzo settore all’articolo 79, comma 4, c.t.s.).
Tali raccolte di fondi sono esenti da ogni tributo “fermo restando il regime di esclusione dall’imposta sul valore aggiunto” (articolo 2, comma 2, D.Lgs. 460/1997; norma riproposta in maniera analoga dall’articolo 89, comma 18, c.t.s. ).
Gli enti che effettuano dette raccolte debbono redigere un apposito e separato rendiconto nel quale, anche a mezzo di specifica relazione, risultino in maniera chiara e trasparente le entrate e le spese relative ad ogni iniziativa.
Rimangono perplessità sui concetti di “modico valore” e di “occasionalità” (in realtà il comma 3 dell’articolo 2 D.Lgs. 460/1997 prevedeva, sul punto della definizione di attività occasionale, l’emanazione di apposito decreto, che però non ha mai visto la luce) ma, in sostanza, si ritiene che la disciplina sia rimasta compiuta e che si possa applicare allo stesso modo sia alle sportive (senza partita Iva) che agli enti del terzo settore.
Problemi nascono per le associazioni sportive che siano dotate di partita Iva e che abbiano fatto l’opzione per l’applicazione della L. 398/1991.
In questo caso, infatti, trova applicazione l’articolo 25, comma 2, L. 133/1999. Viene infatti previsto che per le associazioni sportive che abbiano fatto l’opzione per detta legge, “non concorrono a formare il reddito imponibile per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore..” al valore oggi stabilito di euro 51.645,69 due tipologie di attività:
- i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali,
- i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi.
Il D.M. 473/1999 stabilisce, al suo articolo 1 comma 4, che la disposizione appena illustrata sostituisce, per le associazioni sportive che abbiano fatto l’opzione per la L. 398/1991, la disciplina generale di cui all’articolo 143 comma 3 Tuir.
Ne deriva, in maniera onestamente scarsamente giustificabile, che:
- le associazioni sportive che non abbiano partita iva possono fare raccolte fondi occasionali in numero non limitato e senza limite di proventi,
- quelle che operano in regime di cui alla L. 398/1991, con il limite dei due eventi e con proventi limitati all’importo sopra indicato.
Qualche considerazione ulteriore dovrà essere fatta ai fini della applicazione dell’Iva.
La circolare AdE 18/E/2018 innanzitutto chiarisce, confermando la precedente circolare AdE 21/E/2003, che la decommercializzazione dei due eventi per i sodalizi sportivi che abbiano optato per la L. 398/1991 si applica anche alle società sportive dilettantistiche, per poi precisare che la decommercializzazione in esame opera solo ai fini delle imposte dirette e non dell’Iva.
Infatti, per l’Amministrazione: “un soggetto già avente la qualifica di soggetto passivo ai fini Iva per talune sue attività economiche deve essere considerato come soggetto passivo, sempre ai fini Iva per qualsiasi altra attività esercitata in modo occasionale che si sostanzi nella cessione di beni o nella prestazioni di servizi”.
A questo punto, due sono i dubbi interpretativi sui quali appare opportuno un chiarimento di prassi:
- le associazioni dotate di partita iva e che non hanno optato per il regime di cui alla L. 398/1991, in presenza di raccolte fondi che prevedano anche la cessione di beni di modico valore, sono tenuti ad assoggettarli ad Iva o vale la norma dell’articolo 2 D.Lgs. 460/1997 che li esclude (e che, come giustamente indicato nella Guida Pratica Uisp 19/20, non avrebbe avuto senso, come inciso, se non ci si fosse riferiti anche ai soggetti con partita Iva) ?
- il contenuto della circolare AdE 18/E/2018 riferito all’articolo 25 L. 133/1999 sull’assoggettamento ad Iva si riferisce ad entrambe le fattispecie di cui alle lettere a) e b) sopra riportate o solo a quelle definite: “ svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali”? La sensazione di chi scrive è che questa sia la lettura corretta, sia per quanto riportato al punto precedente, sia per la previsione del punto 1.3 della circolare AdE 43/E/2000 (“per quanto riguarda il trattamento tributario ai fini Iva è evidente che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate dalle associazioni sportive nell’ambito delle attività che presentano il carattere della occasionalità e saltuarietà sono in base ai principi generali escluse dal campo di applicazione dell’Iva”).
15 Ottobre 2019 a 17:48
Gent.mo Avv.to,
associazione culturale no profit in regime 398/1991 emette fattura elettronica con iva differita (no split) nei confronti di un Comune per l’organizzazione di un evento culturale. Sintetizzo fasi: presenta progetto, firma contratt (scrittura privata tra ente ed associazione), realizza evento, emette fattura.
Nessun dubbio sul pagamento dell’iva con forfettizzatone al 50 %, ma in merito alle imposta ires, trattandosi di un’attività avente finalita’ sociali (evento culturale) esercitate in conformità’ ai fini istituzionali dell’associazione, è applicabile l’esenzione d’imposta a norma dell’ art. 143, comma 3, lettera b ? Possiamo essere esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi e far rientrare tale entrata nelle attività istituzionali ? Nessuno mi sa rispondere, ossia ci sono molti pareri contrastanti.
Grazie
16 Ottobre 2019 a 9:54
Purtroppo no. La norma citata trova applicazione solo in presenza di convenzioni per servizi. Nel caso descritto sembra prevalere la dinamica dell’incarico per un evento determinato. Quindi obbligo della dichiarazione ed eventuale pagamento delle dirette a mio avviso