5 Novembre 2019

Le attività agricole connesse e il decreto da emanare

di Luigi Scappini
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La scheda di FISCOPRATICO

Per essere considerati imprenditori agricoli è necessario svolgere una delle attività cosiddette agricole ex se, individuate, dall’articolo 2135 cod. civ., nella coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali, intendendo come tali l’esercizio del ciclo biologico o di una fase necessaria dello stesso, ancorché non svolta sul fondo.

Accanto a queste attività, come noto, è possibile esercitare anche le cosiddette attività connesse che si caratterizzano per essere delle attività a pieno titolo commerciali che, al verificarsi di determinati requisiti, per fictio iuris, si considerano connesse a quelle agricole e come tali esercitabili anche da chi, ad esempio la società semplice, per definizione non può svolgere attività commerciale.

Tali attività si dividono in connesse tipizzate in quanto previste e definite dal codice civile stesso e non tipizzate quando, al contrario, è una norma secondaria che le definisce tali.

In tutti i casi, a prescindere dalla tipologia di attività, è richiesto in primis che il soggetto sia un imprenditore agricolo e che quindi già di per sé svolga un’attività agricola ex se e che l’attività connessa sia coerente rispetto a quella principale.

La riforma del 2001, inoltre, riscrivendo integralmente l’articolo 2135 cod. civ., ha introdotto l’ulteriore requisito della prevalenza, in termini di prodotti utilizzati o di risorse aziendali utilizzate, a seconda dell’attività svolta.

Da un punto di vista fiscale alle attività connesse non è riconosciuto il medesimo trattamento; infatti, affinché l’attività esercitata trovi copertura nel reddito agrario, l’articolo 32 Tuir introduce un’ulteriore variabile.

Sono produttive di un reddito agrario esclusivamente le attività connesse che, oltre a rispettare i requisiti civilisticamente richiesti, sono ricomprese in un decreto di emanazione ministeriale.

L’articolo 32, comma 3, Tuir prevede che il decreto ministeriale debba essere emanato con cadenza biennale, in modo tale, aggiungiamo, da poter “seguire” l’evoluzione dell’agricoltura; infatti, non si può dimenticare come principio cardine è che tali attività siano comunque riconducibili in un contesto di agrarietà, da intendersi anche quale evoluzione della tecnica.

L’attuale decreto in vigore è datato 13 febbraio 2015.

Il dato civilistico prevede, quali attività connesse di prodotto, la manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti, fattispecie che vengono riprese anche dall’articolo 32, Tuir. Tuttavia, come confermato dalle circolari n. 44/E/2002 e n. 44/E/2004, fiscalmente è necessario, per poter parlare di attività connesse produttive di un reddito agrario, che vi sia sempre un passaggio consistente nella manipolazione o trasformazione.

Tali considerazioni, si precisa, non valgono nella sola ipotesi in cui l’imprenditore agricolo provveda alla vendita, ad esempio, dei propri prodotti.

Sintetizzando, sono produttive di reddito agrario le attività connesse di prodotto, a condizione che rientrino tra quelle individuate con un decreto ministeriale (da ultimo vedasi quello del 13 febbraio 2015), che prevedano, a eccezione dei propri prodotti, una fase di manipolazione e/o trasformazione e che, da ultimo, rispettino il requisito della prevalenza.

Tale ultimo requisito consiste nell’utilizzare in maniera prevalente i prodotti derivanti dalla propria attività agricola ex se.

In occasione dell’introduzione del concetto di prevalenza in sostituzione del precedente, che consisteva nella normalità, l’Agenzia delle entrate, con le richiamate circolari n. 44/E/2002 e n. 44/E/2004 ha offerto ampi chiarimenti che, tuttavia, non si ritengono esaustivi.

In particolare, nei due documenti di prassi si esplicitano le modalità di verifica del requisito della prevalenza in ragione di prodotti omogenei (parametro quantitativo) o meno (parametro del valore economico) senza entrare nel merito di una valutazione in caso di azienda multiprodotto.

In altri termini, si ritiene necessario un chiarimento per i casi in cui la verifica debba essere eseguita su più prodotti e per alcuni di essi non sia rispettata la prevalenza.

Si pensi al caso di un produttore di arance e mandarini che acquisti anche da terzi e che, prima della vendita, proceda a una manipolazione o trasformazione.

Nel caso in cui sia rispettato il requisito della prevalenza per le arance e non per i mandarini, viene meno in toto il requisito?

La risposta naturale è positiva; tuttavia, se l’eccedenza di arance proprie espressa in termini economici copre l’eccesso di mandarini, anch’essi espressi in termini economici, acquistati da terzi, la conclusione è sempre la stessa?

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