Le chance offerte dal piano attestato di risanamento
di Massimo ConigliaroNicla CorvacchiolaTra le novità introdotte dal Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), come modificato dal D.Lgs. 83/2022, il piano attestato di risanamento è ora inserito a pieno titolo tra gli strumenti di regolazione della crisi con apposita disciplina, autonoma e positiva.
Si tratta di uno strumento che, opportunamente predisposto e supportato, può realmente far conseguire alle imprese l’importante obiettivo del risanamento e con esso della salvaguardia della continuità aziendale.
Le norme del CCII che regolano i piani attestati di risanamento sono previste dagli articoli 39, 56, 166 e 324.
In particolare:
- l’articolo 39 CCII stabilisce gli obblighi del debitore che chiede l’accesso ad una procedura regolatrice della crisi e dell’insolvenza. Si tratta di obblighi di deposito di documentazione informativa a contenuto contabile, fiscale, bilancistico, relativa alla situazione economico-patrimoniale-finanziaria, al nominativo dei creditori ed alla tipologia del loro credito e delle garanzie.
- l’articolo 56 CCII è quello che si occupa specificamente dei contenuti del piano e ne regola le finalità;
- l’articolo 166 CCII ribadisce – confermandoli – gli effetti inibitori dell’azione revocatoria sugli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore posti in essere in esecuzione di un piano attestato;
- l’articolo 324 CCII replica le attuali sanzioni penali in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta preferenziale e di bancarotta semplice per i pagamenti e le operazioni poste in essere a seguito degli accordi in esecuzione del piano attestato.
Il piano attestato rimane integralmente privatistico, non sottoposto a controllo dell’autorità giudiziaria, né di organi di giustizia, liberamente indirizzabile a singoli creditori o a singole categorie di creditori e indipendente da qualsivoglia principio di rispetto della “par condicio creditorum”.
Il piano deve avere data certa e deve indicare:
- la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa;
- le principali cause della crisi;
- le strategie d’intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
- i creditori e l’ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative;
- gli apporti di finanza nuova;
- i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto.
Al piano devono comunque essere allegati i documenti previsti dall’articolo 39 CCII e deve essere completato da una relazione di un professionista indipendente, così come definito all’articolo 2, comma 3, lett. o), CCII, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica e giuridica del piano.
Il contenuto minimo del piano ricalca quanto già da tempo elaborato dalla best practice professionale che può essere così riassunto:
- descrizione della situazione economico aziendale di partenza del piano, quella che in termini tecnici operativi si intende essere la “spalla del piano”,
- identificazione delle cause di crisi, non a mero fine descrittivo, ma con le finalità di identificare le azioni necessarie per ragionevolmente rimuoverle;
- indicazione dei creditori a cui è rivolto il piano, qualità e misura delle proposte che si intendono loro indirizzare, sia sui crediti esistenti sia in termini di richiesta di nuovi affidamenti finanziari o commerciali (la c.d. manovra);
- quantificazione dei tempi di adempimento e delle azioni mitigatorie da porsi in essere in funzione del mancato realizzarsi delle ipotesi sottostanti il piano (sviluppo della sensitivity analysis).
L’articolo 166, comma 3, lett. d), CCII, prevede, come il previgente articolo 67 L.F., che non sono soggetti ad azione revocatoria gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse sui beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato.
Ciò che assume caratteristica di novità è la esplicitazione di due distinte situazioni che, ove esistenti, inibiscono l’effetto esentativo dell’azione revocatoria.
Si tratta rispettivamente:
- del dolo o della colpa grave dell’attestatore;
- del dolo o della colpa grave del debitore;
qualora il creditore ne fosse stato a conoscenza al momento del compimento dell’atto, del pagamento o della costituzione della garanzia. Tale esclusione opera anche per la revocatoria ordinaria.
Un piano di risanamento deve generare risorse finanziarie adeguate al pagamento dei creditori “rinegoziati”, così come dei creditori non destinatari di accordi in conseguenza del piano.
Infine la finalità di un piano di risanamento non è solo quella di assicurare il pagamento dei creditori esistenti alla data di riferimento del piano, ma anche e soprattutto di tutti i creditori che verranno a generarsi nel tempo per effetto della gestione societaria, quindi i nuovi debiti verso fornitori, verso l’erario, verso finanziatori, verso professionisti e verso tutti coloro che saranno chiamati a contrarre con la società debitrice nell’ambito del periodo di previsione del piano.
Da ultimo è da notare come il “Decreto Correttivo” abbia tolto dal contenuto della attestazione il concetto di fattibilità giuridica, liberando così l’attestatore da una attività, da un lato, lontana dal proprio bagaglio di competenze (certamente concorsuali ma di matrice principalmente aziendalistica) e dall’ altro che può essere utilmente demandata alla libertà negoziale delle parti e alle specifiche competenze dei professionisti di area legale che assistono in dette operazioni di risanamento.