Le conseguenze della mancata sottoscrizione del Pvc
di Marco BargagliCome noto, le situazioni fiscalmente rilevanti emerse nel corso di una verifica fiscale devono essere compendiate nel processo verbale di constatazione finale (di seguito Pvc), ossia l’atto amministrativo che deve essere notificato al contribuente ispezionato al fine di prendere visione dei rilievi formulati.
In merito, giova ricordare che il Pvc è un atto endoprocedimentale nell’ambito del più ampio procedimento di accertamento, non potendo quindi autonomamente e direttamente incidere sulla posizione tributaria del contribuente, se non viene successivamente recepito nell’avviso di accertamento emesso da parte dell’Agenzia delle entrate.
Per tale motivo, il Pvc non risulta autonomamente impugnabile davanti agli organi giurisdizionali (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 24914 del 25.09.2005 e sentenza n. 15305 del 30.10.2002).
Nello spirito del contraddittorio e per garantire pienamente il diritto alla difesa, l’articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente (introdotto con la L. 212/2000) prevede che, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo il contribuente può comunicare, entro sessanta giorni, osservazioni e richieste circa i rilievi mossi nel corso del controllo fiscale, che devono essere valutate dagli uffici impositori.
Ciò detto, occorre domandarci quali siano le conseguenze che occorrono nella particolare ipotesi in cui il contribuente si rifiuti di sottoscrivere il Pvc finale in quanto, ad esempio, non condivida i rilievi ivi formalizzati.
In merito, interessanti chiarimenti sono contenuti nel manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza (volume II – parte III – esecuzione delle verifiche e dei controlli – capitolo 3 “avvio, esecuzione e conclusione della verifica”, pag. 90 e ss.), nel quale sono state illustrate le procedure da seguire al termine della verifica fiscale.
Nello specifico:
- in via ordinaria, il Pvc deve essere sottoscritto dal titolare dell’impresa individuale o dell’attività di lavoro autonomo o dal rappresentante legale della società; giova ricordare che, in mancanza del legale rappresentante, è possibile anche la sottoscrizione da parte di altro soggetto sulla base di un’apposita procura contenente la specifica attribuzione dell’incarico di prendere cognizione del processo verbale, sottoscriverlo e riceverne un esemplare e, infine, sottoscrivere l’eventuale documentazione allegata all’atto;
- il Pvc che non contiene alcuna sottoscrizione del contribuente, né l’attestazione del suo rifiuto a farlo, ove sia provato in atti che il contribuente è rimasto del tutto estraneo alla compilazione dell’atto e dei processi verbali di verifica ad esso prodromici, comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento che ne scaturisce (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 21153 del 06.08.2008).
L’illegittimità dell’avviso di accertamento, in assenza della richiesta sottoscrizione del Pvc, è stata nuovamente confermata anche da parte del giudice di merito e, in particolare, dalla CTP Torino, che ha emesso la sentenza n. 851/6/2018 depositata in data 03.10.2018.
La vicenda in rassegna ha preso le mosse dall’emissione di tre distinti avvisi di accertamento nei confronti di altrettante società di capitali, rientranti nel particolare regime del consolidato fiscale, che avevano rettificato, a seguito di un mirato controllo, la base imponibile ai fini Ires, Irap e Iva.
Il contribuente impugnava detti avvisi di accertamento formulando specifiche contestazioni riferite, tra l’altro, alla legittimità del prodromico Pvc, alla ritualità della sua consegna al contribuente, alla legittimità dell’accesso dei verificatori presso la sede delle società.
In merito, il giudice tributario ha dapprima richiamato la normativa sostanziale di riferimento in tema di “accessi, ispezioni e verifiche” e, in particolare, l’articolo 52, comma 6, D.P.R. 633/1972, a mente del quale: “di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia”.
Ciò detto, il giudice tributario ha rilevato che il Pvc redatto dai verbalizzanti a conclusione della verifica fiscale non era mai stato sottoscritto né dal legale rappresentante della società, né dai suoi delegati.
In buona sostanza, in sede giurisdizionale è stato confermato che:
- il Pvc deve essere sottoscritto sia da coloro che lo hanno redatto, sia dal contribuente;
- l’unica ipotesi di mancata sottoscrizione del Pvc da parte del contribuente, prevista dalla normativa di riferimento, è quella dell’espresso rifiuto a sottoscriverlo, circostanza di cui, peraltro, deve darsi atto nello stesso Pvc (assente nel caso di specie).
Per tali ragioni, a parere del giudice di prime cure il citato Pvc “deve pertanto ritenersi invalido ed inefficace; poiché, inoltre, l’avviso di accertamento impugnato trae espressamente origine, causa e motivazione (per relationem) da esso, anche quell’atto va – conseguentemente – considerato invalido ed inefficace”.