Le dichiarazioni di terzi nell’ambito del processo tributario
di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365Come noto, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, D.Lgs. 546/1992, nell’ambito del processo tributario “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”.
L’incostituzionalità di questo divieto è stata esclusa dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 18 del 21.01.2000, la quale, tra l’altro, ha comunque riconosciuto all’Amministrazione finanziaria la possibilità di raccogliere e verbalizzare dichiarazioni di terzi nel corso dell’indagine tributaria.
Secondo la Corte Costituzionale, infatti, tali dichiarazioni non hanno la valenza propria della prova testimoniale, dovendo alle stesse riconoscersi piuttosto natura di elementi indiziari, i quali, pur potendo concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione.
Inoltre il contribuente può contestare la veridicità delle dichiarazioni di terzi raccolte dall’Amministrazione finanziaria, ragion per cui “la possibilità che le dichiarazioni rese da terzi agli organi dell’Amministrazione finanziaria trovino ingresso, a carico del contribuente, in un processo nel quale quest’ultimo non può avvalersi, per contestarne l’efficacia probatoria, della prova testimoniale, non è … in contrasto né con il principio di eguaglianza né con il diritto di difesa del contribuente medesimo”.
La Corte di Cassazione, nel corso degli anni, mostrando un orientamento ormai consolidato, ha tuttavia riconosciuto anche al contribuente la facoltà di produrre in giudizio documenti riportanti dichiarazioni di terzi.
È stato infatti precisato che “nel processo tributario, come è ammessa la possibilità che le dichiarazioni rese da terzi agli organi dell’Amministrazione finanziaria trovino ingresso, a carico del contribuente, – fermo il divieto di ammissione della “prova testimoniale” posto dall’art. 7 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – con il valore probatorio “proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione” (Corte costituzionale, sent. n. 18 del 2000), va del pari necessariamente riconosciuto anche al contribuente lo stesso potere di introdurre dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – beninteso, con il medesimo valore probatorio -, dando così concreta attuazione ai principi del giusto processo come riformulati nel nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione, per garantire il principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa…” (Corte di Cassazione, sentenza n. 11221 del 16.05.2007).
Recentemente hanno assunto rilievo in tale ambito altre due importanti pronunce, sempre della Corte di Cassazione: l’ordinanza n. 6616 del 16.03.2018 e l’ordinanza n. 13174 del 16.05.2019.
Più precisamente, con quest’ultima pronuncia, la Corte di Cassazione si è concentrata sul caso di un contribuente che si era visto accertare un maggior reddito a seguito di indagini bancarie.
Il contribuente, quindi, proponeva ricorso, e, al fine di dimostrare che le ingenti somme transitate sul proprio conto corrente erano pervenute per donazione paterna produceva le dichiarazioni sostitutive dei familiari.
La Commissione tributaria provinciale riteneva che le dichiarazioni sostitutive dei familiari prodotte fossero idonee a provare la donazione paterna, mentre la Commissione tributaria regionale, riformando la sentenza di primo grado, statuiva quanto segue: “il valore probatorio delle dichiarazioni sostitutive rese da parenti ed una resa da altro soggetto il quale riferisce di notizie apprese dal Sig. … in punto di morte, a parere di questo Collegio, non assurgono a prova idonea a giustificare le ingenti somme di moneta contante transitate dal de cuius Sig. … al figlio Sig. …“.
La Corte di Cassazione, tuttavia, accogliendo il ricorso del contribuente, è tornata a ribadire che le dichiarazioni di terzi hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e, qualora rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza di cui all’articolo 2729 cod. civ., danno luogo a presunzioni: “come rilevato da questa Corte, “nel pieno rispetto della “parità di armi” tra fisco e contribuente, il diritto vivente ammette l’introduzione indiziaria nel processo tributario di dichiarazioni rese da terzi in sede extra processuale (Corte Cost. 18 del 2000; Cass. n. 20028 del 30/9/2011), sebbene esse non siano assunte o verbalizzate in contraddittorio da nessuna norma richiesto” (Cass. 21812 del 5/12/2012; Cass. n. 960 del 21/1/2015)”.