Le diverse definizioni di esportatore
di Clara PolletSimone DimitriL’esportatore, a seconda dell’interlocutore di riferimento, può assumere connotazioni distinte. Abitualmente tale figura è associata a colui che effettua cessioni all’esportazione, vale a dire cessioni di beni nei confronti di controparti extracomunitarie, con movimentazione della merce dall’Italia verso uno Stato extra-Ue.
Figura per certi versi distinta è invece quella dell’esportatore abituale, che identifica il soggetto passivo Iva che effettua sia cessioni all’esportazione e operazioni assimilate (articoli 8, lettera a) e b), 8-bis, 9, 71 e 72, D.P.R. 633/1972), che cessioni intracomunitarie (articoli 41 e 58, D.L. 331/1993) e operazioni assimilate, per un ammontare superiore al 10% del volume d’affari realizzato nell’anno (o nei 12 mesi precedenti).
Ai fini doganali è onere delle parti coinvolte a vario titolo nelle operazioni di esportazione, in relazione alle diverse fattispecie che in concreto possono realizzarsi, l’individuazione della persona che può assumere il ruolo di esportatore.
Viene definito, inoltre, esportatore autorizzato “qualsiasi esportatore stabilito nel territorio doganale dell’Unione…che effettui frequenti spedizioni di prodotti originari dell’Unione …e che offra alle autorità doganali soddisfacenti garanzie per l’accertamento del carattere originario dei prodotti”.
Con la nota protocollo n. 181512/RU del 22.11.2019 l’Agenzia delle dogane analizza le esportazioni, con riferimento all’articolo 1 punto 19 del Regolamento delegato UE 2015/2446, come modificato dall’articolo 1 del Regolamento UE 2018/1063.
Si definisce esportatore:
“a) il privato che trasporta le merci che devono uscire dal territorio doganale dell’Unione se tali merci sono contenute nei bagagli personali dello stesso;
b) negli altri casi, quando a) non si applica:
i) la persona stabilita nel territorio doganale dell’Unione che ha la facoltà di decidere e ha deciso che le merci devono uscire da tale territorio doganale;
ii) quando i) non si applica, qualsiasi persona stabilita nel territorio doganale dell’Unione che è parte del contratto in virtù del quale le merci devono uscire da tale territorio doganale”.
Pertanto, qualora l’operatore economico non sia stabilito nell’Unione Europea e non sia stato individuato un altro soggetto che soddisfi i requisiti previsti dal citato articolo 1, punto 19, lett. b)-i), per poter vincolare le merci al regime di esportazione dovrà applicarsi la norma di carattere residuale che, alla lettera b)-ii), individua quale esportatore qualsiasi persona stabilita nella UE che è parte del contratto in virtù del quale le merci devono uscire da tale territorio.
In questi casi, soggetti quali il vettore, lo spedizioniere o altri possono assumere la qualifica di esportatore, a condizione che siano stabiliti nell’Unione e accettino di assumere tale ruolo (si rimanda al punto 4 dell’allegato A alle linee guida export “definition of exporter”, consultabile attraverso il portale dell’Agenzia delle dogane nella sezione Nuovo Codice Doganale dell’Unione – CDU – Linee guida e documenti unionali).
Sul punto le Dogane chiariscono che l’indicazione del numero EORI dello spedizioniere o del vettore (nel campo 2 della dichiarazione doganale di esportazione) quale accettazione ad assumere il ruolo rilevante ai fini doganali di esportatore non ha tuttavia, per questi ultimi, implicazioni di carattere fiscale.
Gli ambiti di applicazione della normativa doganale, che fa riferimento all’esportazione, quale regime richiesto per assicurare la materiale uscita dei beni dal territorio doganale della UE, sono distinti da quelli della normativa fiscale che disciplina invece la cessione all’esportazione; quest’ultima si configura in presenza di una transazione che prevede, oltre al trasporto o alla spedizione dei beni al di fuori della UE, anche il trasferimento a titolo oneroso della proprietà o di altro diritto reale sui medesimi beni.
Il punto di collegamento tra le diverse discipline è costituito dalla prova del trasporto o della spedizione dei beni fuori dal territorio della UE, richiesto sia ai fini Iva dall’articolo 8 D.P.R. 633/1972 – prova dell’esportazione indispensabile ai fini della non imponibilità dell’operazione – così come dalla normativa doganale.
La nota in argomento evidenzia le differenze tra normativa Iva e doganale, analizzando la casistica di un operatore economico non stabilito nel territorio doganale dell’Unione, ossia non in possesso dei requisiti per assumere la veste di esportatore, che indica nel campo 2 (speditore/esportatore) della dichiarazione doganale di esportazione i riferimenti dello spedizioniere doganale e nel campo 44 (documenti presentati) i dati del proprio rappresentante fiscale.
Ai fini fiscali, la fattura emessa a fronte di una cessione all’esportazione con la partita Iva italiana attribuita a un soggetto non stabilito nella UE (rappresentante fiscale) assume rilevanza ai fini della determinazione dello status di esportatore abituale di tale soggetto e, quindi, concorre alla formazione del plafond Iva disponibile, anche se nella dichiarazione doganale di esportazione lo stesso non figura come esportatore.
Il soggetto cedente, interessato ad acquisire la prova che le merci oggetto di cessione all’esportazione abbiano effettivamente lasciato il territorio doganale dell’Unione sarà, a tal fine, indicato con la relativa partita Iva nel campo 44 (codice documento 02YY) della dichiarazione doganale di esportazione, ove saranno indicati anche gli estremi della relativa fattura.
Gli adempimenti fiscali dettati dalle disposizioni Iva, pertanto, gravano sul soggetto passivo che effettua una cessione non imponibile Iva ai sensi dell’articolo 8 D.P.R. 633/1972; non assume rilevanza, a tale fine, il soggetto diverso che è stato indicato come esportatore nella dichiarazione doganale, in applicazione dei criteri definiti dalla legislazione doganale.