18 Febbraio 2014

Le Federazioni sportive nazionali: alcune considerazioni fiscali a ruota libera

di Guido Martinelli
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La natura giuridica delle Federazioni sportive nazionali

Il decreto legislativo 242/99, meglio noto come Decreto Melandri, al secondo comma dell’art. 15 qualifica le Federazioni sportive nazionali riconosciute dal Coni quali “associazioni con personalità giuridica di diritto privato”, disciplinate dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del codice medesimo. Tale esplicito riferimento alle associazioni riconosciute di cui agli artt. 14 e seguenti del citato corpo normativo, derivava dall’aver reciso il rapporto organico che in precedenza legava detti enti con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

La soluzione adottata dal legislatore per ridefinire i rapporti tra Coni e Federazioni sportive conduce ad alcune considerazioni che impongono di mitigare gli effetti della “privatizzazione”.

Già il primo comma del citato articolo 15 riconosce “valenza pubblicistica” a specifici aspetti dell’attività delle Federazioni. Tale affermazione, confermata anche dal quarto comma dell’art. 20 dello statuto del Coni, viene riempita di contenuti all’art. 23 dello stesso articolato laddove si chiarisce che il Consiglio nazionale del Coni: “emana indirizzi in ordine ai profili pubblicistici dell’attività delle Federazioni sportive nazionali, con particolare riferimento all’affiliazione……ai tesseramenti…”. Questa elencazione, includendo le affiliazioni e i tesseramenti tra le attività a carattere pubblico, porta a considerare di analoga natura i proventi che le Federazioni conseguono da tale attività. Se a questo unissimo i contributi Coni, sul cui profilo pubblicistico non sussistono dubbi, riscontriamo che per la quasi totalità delle Federazioni la maggioranza assoluta in quota percentuale delle risorse finanziarie disponibili abbia tale natura. Se questo è vero le Federazioni movimentano “denaro pubblico” e, come tale ne devono dare rendiconto al Coni e, per giurisprudenza costante, anche alla corte dei Conti.

Nessun dubbio, ai fini fiscali, sul loro inquadramento quale ente non commerciale (già posseduta nella sua veste pubblicistica sotto il vigore dell’abrogato d.p.r. 157/86) a carattere associativo, i cui associati, salvo espressa previsione statutaria, – ad oggi inattuata – sono solo le società ed associazioni sportive.

Ma se tanto è vero, resta da definire è il rapporto, sul piano giuridico- fiscale, che intercorre tra la Federazione ed i singoli tesserati. Non è possibile considerarli “terzi” rispetto alla Federazione in quanto hanno (perlomeno gli atleti ed i tecnici) diritto di voto in assemblea e diritto di partecipazione agli organi direttivi delle Federazioni, in base al decreto Melandri e godono degli eventuali voti plurimi concessi al sodalizio sportivo per il quale sono tesserati. Si aggiunga che, anche per atleti e tecnici sussiste, al momento del tesseramento, l'”affectio societatis” (in quanto si tesserano per condivisione degli scopi e delle finalità previste dallo statuto federale) e che gli stessi sono soggetti alla giustizia endoassociativa federale, elementi tipici per verificare la sussistenza del rapporto associativo.

Ne consegue che dovrà essere chiarito quale sia la natura dei corrispettivi introitati dalla Federazione per il tesseramento. Non vi è dubbio che stante la loro natura “pubblicistica” e in vincolo esistente con le Federazioni si ritiene con sufficiente chiarezza che detti importi non possano costituire componenti positive di reddito o essere soggette ad IVA.

Se allo stato, tale tesi appare consolidata, problematico appare l’esame di altri tipi di corrispettivo quali quelli versati dagli associati per ottenere prestazioni particolari, quali le c.d. “tasse gara” o le somme versate per ottenere l’autorizzazione allo svolgimento di determinate manifestazioni. Gli affiliati (rectius associati alla Federazione), nella gran parte degli statuti federali non hanno pari diritti nei confronti della Federazione. Infatti, la presenza di voti plurimi comporta una differenziazione di diritti fra gli stessi. La conseguenza è che, in virtù di quanto previsto dal art. 148 Tuir, contrariamente a quanto accade, di solito, per le associazioni sportive in cui tutti i soci acquisiscono pari diritti, non potrà trovare applicazione nei confronti della Federazione il disposto di cui al comma 3 dello stesso articolo che prevede l’irrilevanza reddituale delle: “attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti. Si evidenzia che, ai fini IVA, il comma 4 dell’art. 4 del D.p.R. 633/72 prevede un’analoga normativa.

Sulla base di tale prima conclusione, tutti i corrispettivi riscossi dalle Federazioni, sotto la generica voce usata nel passato “tasse federali“, andrebbero differenziati gli importi acquisiti per il semplice riconoscimento di uno status, sulla cui irrilevanza fiscale, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell’IVA, non si ritiene possano sussistere dubbi, e gli importi percepiti a fronte di una prestazione resa (vedi l’omologazione dei percorsi delle gare su strada, le tasse gara, i reclami e ricorsi, il trasferimento ed il prestito di atleti, ecc.) per i quali, la loro neutralità fiscale appare intrisa di criticità.