26 Giugno 2024

Le fusioni tra associazioni ed enti del Terzo settore. Parte prima

di Gabriele Bacchiega
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Introduzione

Prima dell’entrata in vigore del CTS, D.Lgs. 117/2017, non esisteva una normativa, quantomeno esplicita, che desse la certezza di poter legittimamente effettuare operazioni straordinarie, quali la trasformazione, la fusione o la scissione, da parte di enti non profit, sia che tali operazioni coinvolgessero solo questi enti, sia che fossero interessati anche enti lucrativi (come, ad esempio, società di capitali o di persone). Gli unici enti non a scopo di lucro che già potevano legittimamente porre in essere tali operazioni erano le cooperative sociali, le quali applicano, per quanto non disposto dalla loro legge peculiare (L. 381/1991), le norme del Libro V, Titolo VI, cod. civ., al pari di tutte le altre cooperative e quindi, per espresso rimando, in occorrenza di deliberazioni di operazioni straordinarie, quelle delle società di capitali.

A dire il vero, con la Riforma del diritto societario del 2003, il Legislatore introdusse la possibilità per le società di capitali di procedere con una trasformazione “eterogenea”, ovvero da società di capitali in altri enti, tra cui le associazioni non riconosciute e le fondazioni (articolo 2500-septies, cod. civ.) oppure da associazione riconosciuta o fondazione in società di capitali (articolo 2500-octies, cod. civ.). Ciò fece già desumere, alla maggior parte della dottrina, che fossero quindi ammesse analoghe operazioni (non solo di trasformazione, ma anche di fusione o scissione), anche per ipotesi non propriamente ricomprese in tale norma, ad esempio operazioni reciproche tra associazioni e fondazioni.

Più recentemente entra quindi in vigore il CTS, che interviene con un unico articolo – il 98 – sul codice civile, aggiungendovi il nuovo articolo 42-bis, all’interno del Capo III, Titolo II, Libro I, cod. civ. (norme sulle associazioni e fondazioni), che dispone:

“Se non è espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni.

La trasformazione produce gli effetti di cui all’articolo 2498. L’organo di amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla situazione patrimoniale dell’ente in via di trasformazione contenente l’elenco dei creditori, aggiornata a non più di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione, nonché la relazione di cui all’articolo 2500 sexies, secondo comma. Si applicano inoltre gli articoli 2499, 2500, art. 2500 bis del c.c., 2500 ter, secondo comma, 2500 quinquies e 2500 novies, in quanto compatibili.

Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili.

Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore”.

La norma introdotta con la Riforma sul Terzo settore, in buona sostanza elimina i residui dubbi sulla ammissibilità delle operazioni in oggetto.

Le ragioni della fusione

La fusione è uno strumento utile, all’interno del mondo del Terzo settore, per perseguire la finalità di riorganizzazione o aggregazione e, quindi, di consolidamento di enti preesistenti (o la nascita di nuovi enti di più ampie dimensioni), in modo da avere a disposizione maggiori risorse utilizzate in maniera più efficace. La stessa organizzazione della raccolta fondi, allo scopo di finanziare la propria attività istituzionale, o di “interesse generale” per dirla con i termini introdotti dal CTS, può essere svolta a seguito della fusione con una maggiore disponibilità di persone e di mezzi.

La strumento della fusione può inoltre costituire un’alternativa razionale ed economica alla liquidazione dell’ente con conseguente devoluzione del patrimonio residuo ai sensi dell’articolo 30, cod. civ..

La fusione può essere “per unione”, ovvero effettuata “in senso stretto” e quindi prevedere la nascita di un nuovo soggetto che prende il posto dei 2 (o più) enti associativi che si vanno a unire.

In questo caso, la finalità pratica viene perseguita da più associazioni, di ridotte dimensioni, aventi scopo comune o da associazioni con scopi diversi (seppur affini): l’ente neocostituito si gioverà di maggiori risorse, materiali e umane.

Oppure la fusione può essere “per incorporazione”, non determinando la nascita di un nuovo soggetto, ma l’“assorbimento” di uno o più enti in uno a essi preesistente. Questa operazione può avere il fine di consolidare le strutture e le risorse di un’associazione già operante facendovi confluire i mezzi di associazioni con minori prospettive future le quali, diversamente, sarebbero destinate all’estinzione o a operare con scarsa incisività.

Espongo un caso reale:

– fusione di 2 enti con finalità correlate, in quanto il primo gestisce soggetti c.d. “svantaggiati” (attività socio-assistenziale a mezzo della gestione di una struttura residenziale) e, una volta concluso da parte degli ospiti il percorso riabilitativo, il secondo ente si occupa dell’inserimento degli stessi nel mondo del lavoro. All’interno di questo disegno, viene ravvisata l’opportunità di riunire la gestione delle attività svolte dalle 2 realtà in capo a uno dei 2 enti (pertanto si tratta di fusione per incorporazione), in modo tale da ottenere una migliore economicità operativa tramite un’unica struttura organizzativa.

Ambito applicativo

In primo luogo, serve evidenziare che la norma, pur essendo stata introdotta in occasione della Riforma sul Terzo settore, riguarda tutti gli enti non profit e non solo quelli che assumono la qualifica di ETS; non a caso viene collocata nel codice civile e non all’interno del CTS.

Esistono 2 tipi di fusione a seconda della tipologia degli enti coinvolti e a cui conseguono, peraltro, risvolti diversi dal punto di vista fiscale:

  • la fusione “omogenea”, che è quella letteralmente disposta dall’articolo 42-bis, cod. civ., ovvero fusione tra 2 associazioni, riconosciute o non, oppure tra una associazione e una fondazione: l’ente risultante rimane all’interno del mondo non profit;
  • la fusione “eterogenea”, che coinvolge sia enti non profit sia enti a scopo di lucro.

In merito a questa seconda tipologia, va sottolineato che l’articolo 42-bis, cod. civ., pur non disciplinando la fusione e la scissione che coinvolgano sia enti del Libro I sia enti societari, conferma alcuni principi che inducono a ritenerle ammissibili.

Infatti, all’ultimo comma, si dice che: “Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore”.

Pertanto, la possibilità di attuare la pubblicità degli atti del procedimento di fusione o di scissione in un pubblico registro diverso dal Registro Imprese rimuove il principale ostacolo contro l’ammissibilità di fusioni e scissioni “eterogenee”.

Aggiungo che ci possono essere casi che si configurano come fusioni “eterogenee” nonostante la partecipazione di soggetti appartenenti solo al mondo non profit. Ad esempio, una fusione tra una associazione e una cooperativa sociale. L’operazione è infatti da considerarsi “eterogenea”, dal momento che coinvolge un soggetto del Libro I, cod. civ. e uno del Libro V, cod. civ., avente natura “commerciale” per legge, pur non essendo a scopo di lucro (concetti da non confondere).

In tale caso, l’articolo 2545-novies, cod. civ. dispone che “La fusione e la scissione di società cooperative sono disciplinate dal titolo V, capo X, sezione II e III”.

Quindi, nonostante gli enti partecipanti siano entrambi soggetti diversi dalle società previste nei Capi V, VI e VII, Titolo V, cod. civ. (Spa, Srl, società di persone), la fusione medesima sarà effettuata mediante applicazione delle norme previste per la fusione di società, ai sensi dell’articolo 2501 e ss., cod. civ. in quanto compatibili.

Esempi di fusione omogenea

Ente 1 Ente 2 Ente risultante
Associazione non riconosciuta Associazione riconosciuta Associazione riconosciuta
Associazione ETS Associazione non ETS Associazione ETS
Associazione ETS Fondazione ETS Associazione ETS
Associazione ETS Fondazione ETS Fondazione ETS

Esempi di fusione eterogenea

Ente 1 Ente 2 Ente risultante
Associazione non riconosciuta Cooperativa sociale Cooperativa sociale
Fondazione ETS Cooperativa sociale Cooperativa sociale
Associazione ETS Società di capitali Società di capitali
Associazione ETS Società di persone Società di persone

Clausola statutaria

Come disposto dal comma 1, articolo 42-bis, cod. civ., in mancanza di una clausola statutaria che escluda la possibilità di effettuare operazioni straordinarie, le associazioni e le fondazioni possono (nel rispetto delle modalità e dei quorum previsti dalla legge) partecipare a operazioni di trasformazione, fusione o scissione senza limitazioni di sorta.

Viceversa, in presenza della clausola di statuto che preveda tale esclusione, si rende necessario prima eliminare tale clausola e poi deliberare l’operazione di fusione.

Sarà pertanto da verificare quale sia l’organo competente all’approvazione della modifica statutaria (normalmente l’assemblea degli associati, piuttosto che l’organo direttivo nel caso di fondazioni) e le formalità da adottare al riguardo: deliberazione mediante atto con la medesima valenza dell’atto che ha formato lo statuto prima della modifica (atto pubblico, scrittura privata registrata); quorum costitutivi e deliberativi previsti per le modificazioni statutarie; etc..

Al limite si potrebbe provvedere all’eliminazione della clausola e – contestualmente – deliberare l’operazione straordinaria di fusione, sottoponendo l’efficacia della fusione alla condizione sospensiva dell’iscrizione al registro competente della delibera di soppressione del divieto.

Procedimento: modalità e tempi di attuazione

Come detto, alle fusioni tra enti non profit si applicano le disposizioni del codice civile che regolano tali operazioni in ambito societario. Pertanto, bisogna seguire le formalità ivi disposte:

  • redazione del progetto di fusione (articolo 2501-ter, cod. civ.);
  • redazione della situazione patrimoniale (articolo 2501-quater, cod. civ.);
  • relazione dell’organo amministrativo (articolo 2501-quinquies, cod. civ.);
  • deposito di atti nelle sedi sociali (articolo 2501-septies, cod. civ.);
  • delibere di fusione (articolo 2502, cod. civ.) e loro deposito (articolo 2502-bis, cod. civ.);
  • atto di fusione (articolo 2504, cod. civ.).

Si ritiene che non sia necessaria la relazione degli esperti (articolo 2501-sexies, cod. civ.), in quanto tale documento serve solo per attestare la congruità del rapporto di cambio delle quote, ma, data la peculiarità della natura giuridica dei soggetti coinvolti, i cui associati non vantano alcun diritto sul patrimonio sociale, atteso il divieto di distribuzione diretta e indiretta di utili, avanzi di gestione, fondi, riserve o capitale, sia durante la vita dell’ente sia nel caso di scioglimento, non vi è necessità di procedere alla determinazione di concambio di partecipazioni.

Adempimento invece che deve essere soddisfatto nel caso di fusioni di società di capitali, perché, per esempio, il valore attribuito alle azioni di una Spa che vanta un patrimonio di svariati milioni, non può essere parificato a quello delle quote di una Srl, con cui si fonde, che detiene un patrimonio minimo.

Progetto di fusione (articolo 2501-ter, cod. civ.)

Con il progetto di fusione, documento “principe” che fornisce tutte le spiegazioni sull’operazione programmata nel suo complesso, con descrizione di motivazioni e tempistiche, l’organo amministrativo di ciascun ente partecipante deve indicare:

  1. il tipo, la denominazione e la sede degli enti partecipanti alla fusione;
  2. l’atto costitutivo dell’ente risultante (fusione per unione) o le modifiche intervenute nell’atto costitutivo (statuto) dell’incorporante (fusione per incorporazione);
  3. la data a decorrere dalla quale le operazioni degli enti partecipanti sono imputate al bilancio di quello risultante (fusione per unione) o quelle dell’ente incorporando sono imputate al bilancio dell’ente incorporante (fusione per incorporazione);
  4. i vantaggi eventualmente proposti a favore di particolari categorie di soci o associati;
  5. i vantaggi particolari eventualmente proposti a favore dei soggetti cui compete l’amministrazione degli enti partecipanti alla fusione.

Non trovano invece applicazione le disposizioni di cui ai n. 3, 4 e 5, articolo 2501-ter, cod. civ. perché inerenti al rapporto di cambio tra quote e alla partecipazione agli utili e quindi non attinenti agli enti non profit.

Pertanto, il progetto non contemplerà un rapporto di cambio, limitandosi a prevedere una mera sostituzione della partecipazione nell’ente incorporato (fuso) con la partecipazione in quello incorporante (risultante). Altrettanto potrebbe dirsi dei conguagli in denaro, connessi al medesimo rapporto di cambio e quindi non attinenti.

Il progetto di fusione va depositato per l’iscrizione presso il registro territorialmente competente almeno 30 giorni prima della decisione dei soci o associati in merito alla fusione (la delibera). Come si evince dall’ultimo comma, articolo 42-bis, cod. civ., il registro competente potrà essere: il Registro Imprese per quanto riguarda le cooperative sociali o in genere le imprese sociali, il registro delle persone giuridiche per gli enti che hanno tale qualifica e che non hanno conseguito o richiesto quella di “ETS”, il Runts per quanto riguarda gli ETS. In caso di associazione non riconosciuta, non sono previste formalità pubblicitarie, anche se l’organo amministrativo potrebbe decidere, in ottica prudenziale, di adottare la modalità “sostitutiva” di pubblicità prevista dall’articolo 2501-ter, cod. civ., ovvero, la pubblicazione sul sito internet dell’associazione (purché le modalità siano “atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l’autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione”). Una parte della dottrina, in maniera ancora più prudente, suggerisce di procedere con una comunicazione preventiva ai singoli soggetti che diventeranno creditori dell’esistenza del progetto (banche, enti pubblici, fornitori, etc.).

Pubblicità del progetto di fusione

Ente Modalità di pubblicità – Iscrizione
Associazione riconosciuta non ETS Registro persone giuridiche
Associazione ETS Runts
Associazione non riconosciuta non ETS Non obbligatoria – Eventualmente sito internet
Fondazione persona giuridica Registro persone giuridiche
Fondazione ETS Runts
Cooperativa sociale Registro Imprese
Impresa sociale Registro Imprese

Situazione patrimoniale (articolo 2501-quater, cod. civ.)

L’organo amministrativo degli enti partecipanti alla fusione deve redigere, con le stesse regole usate per il bilancio di esercizio, la situazione patrimoniale degli enti stessi, riferita a una data non anteriore di oltre 120 giorni al giorno in cui il progetto di fusione è depositato nella sede dell’ente (o pubblicato sul sito internet).

In sostituzione, si può utilizzare il bilancio (rendiconto) dell’ultimo esercizio, purché sia chiuso non oltre 6 mesi prima del deposito del progetto.

In merito aggiungo un paio di considerazioni: la prima che la situazione patrimoniale (o il bilancio nel caso si possa prendere in sostituzione) deve essere redatta con la formalità richiesta dalla natura giuridica dell’ente partecipante e quindi quella richiesta dai Principi contabili Oic 11 e seguenti per quanto riguarda, ad esempio, le cooperative sociali, dal principio contabile “ETS” Oic 35 per chi ha tale natura, il rendiconto di cassa come richiesto da statuto per le associazioni non ETS, etc..

La seconda è che la previsione dell’ultimo comma, articolo 2501-quater, cod. civ., ovvero la possibilità di omettere la situazione patrimoniale se vi rinunciano all’unanimità gli associati (e i possessori di altri strumenti finanziari con diritto di voto) a mio parere non è applicabile, perché la finalità della stessa è la verifica della congruità del patrimonio dell’associazione o della fondazione risultante dall’operazione.

Il che assume significato ancora più rilevante nel caso in cui la fusione comporti anche una “trasformazione” fra enti del Libro I, come ad esempio, una associazione che venga incorporata in una fondazione o in una cooperativa sociale.

Le verifiche sul patrimonio sono differenti a seconda che l’ente risultante o partecipante abbia assunto la personalità giuridica (con il “vecchio procedimento”, D.P.R. 361/2000, o con la speciale procedura dell’articolo 22, CTS) o che tutti gli enti partecipanti non siano riconosciuti.

Nel primo caso il patrimonio minimo per le persone giuridiche viene verificato da parte del Ministero, oppure con intervento del notaio e vi è la necessità di recuperare una perizia di stima a valori attuali da parte di un professionista.

Nel secondo caso, il notaio che riceve l’atto deve seguire le regole generali di controllo, che vietano di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico” e impone di rifiutare la stipulazione dell’atto ove tale controllo avesse esito negativo.

Relazione dell’organo amministrativo (articolo 2501-quinquies, cod. civ.)

L’organo amministrativo degli enti partecipanti alla fusione deve predisporre una relazione che illustra e giustifica, sotto il profilo giuridico ed economico, le ragioni della fusione. In buona sostanza si tratta di giustificare, da parte degli amministratori, il progetto di fusione nella sua interezza.

Per le ragioni già specificate, la relazione non deve illustrare il rapporto di cambio, in quanto insussistente.

In questo caso, a differenza di quanto detto sulla situazione patrimoniale, ritengo che, con rinuncia unanime di tutti gli associati e/o di tutti i membri dell’organo amministrativo delle fondazioni coinvolte (salvo il caso delle fondazioni di partecipazione che sono dotate di un organo assembleare o di indirizzo), la relazione possa essere omessa.

Deposito di atti nelle sedi sociali (articolo 2501-septies, cod. civ.)

Durante 30 giorni che precedono le delibere degli associati in merito alla fusione, devono essere depositati in copia:

  • il progetto di fusione;
  • la relazione degli amministratori;
  • i bilanci o rendiconti degli ultimi 3 esercizi degli enti partecipanti alla fusione;
  • le situazioni patrimoniali a norma dell’articolo 2501-quater, cod. civ..

Anche in questo caso si può scegliere, in alternativa, di provvedere alla pubblicazione dei documenti sul sito internet degli enti.

Dal momento che la ratio è di dare un’adeguata informativa agli associati, ritengo che in caso di fondazioni, nelle quali mancano soggetti qualificabili come “associati”, le disposizioni sul deposito degli atti siano inapplicabili.

Delibere di fusione (articolo 2502, cod. civ.) e loro deposito (articolo 2502-bis, cod. civ.)

L’approvazione del progetto di fusione avviene a mezzo di una delibera “straordinaria” secondo le regole proprie del tipo di ente coinvolto e che deve applicare in occasione di modifiche statutarie. Ciò sia con riferimento alla forma, sia ai quorum, sia ai fini dell’individuazione dell’organo competente a deliberare l’operazione.

In particolare, nelle associazioni, la fusione sarà deliberata dall’assemblea, con le maggioranze previste dalla legge o dallo statuto per le modificazioni statutarie.

Nelle associazioni riconosciute dovrà, pertanto, trovare applicazione l’articolo 21, comma 2, cod. civ. secondo cui:

“Per modificare l’atto costitutivo e lo statuto, se in essi non è altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti”.

Nelle associazioni non riconosciute, si devono seguire le maggioranze peculiari previste dallo statuto.

Nelle fondazioni senza organo assembleare o di indirizzo, non essendoci associati, è sempre l’organo amministrativo a dover approvare il progetto, stante il fatto che si tratta dell’approvazione di un progetto predisposto dallo stesso organo e quindi si tratta di una mera presa d’atto.

Nelle cooperative sociali, l’assemblea dei soci, in seduta straordinaria, è l’organo competente e si applicano le regole disposte dal codice civile in tema di cooperative e per rimando a seconda della tipologia, Spa o Srl, adottata dalla cooperativa.

Per quanto riguarda la forma, gli ETS con personalità giuridica deliberano con atto pubblico (notaio), come disposto dall’articolo 22, comma 6, CTS; gli altri enti non ETS con personalità giuridica analogamente devono fare ricorso all’atto notarile pubblico, per simmetria rispetto alla forma richiesta per l’atto costitutivo.

L’associazione non riconosciuta e non ETS non è soggetta ad alcun requisito di forma, neppure se l’atto costitutivo fosse stato redatto per atto pubblico (salvo clausola statutaria che richieda la forma rafforzata).

Il deposito delle delibere va fatto presso gli stessi registri competenti ove è stato depositato il progetto di fusione, cui rimando.

Delibere di fusione

Ente Organo Quorum Forma
Associazione ETS/persona giuridica Assemblea degli associati Costitutivo: 3/4 degli associati.

Deliberativo: maggioranza dei presenti

Atto pubblico notarile
Fondazione ETS/persona giuridica CdA/Consiglio direttivo (presa d’atto) Atto pubblico notarile
Associazione non riconosciuta Assemblea degli associati Come indicazioni da statuto No requisito formale, delibera semplice (verifica statuto)
Cooperativa sociale Assemblea dei soci Come da previsioni statutarie; se nulla viene disposto, secondo il tipo (Srl o Spa) adottato Atto pubblico notarile

Atto di fusione (articolo 2504, cod. civ.)

Passati almeno 60 giorni dall’ultima delle iscrizioni delle delibere di fusione, che è il termine entro il quale i creditori degli enti possono fare opposizione all’operazione, va redatto l’atto di fusione, che deve in ogni caso risultare da atto pubblico, anche se dovessero partecipare solo associazioni non riconosciute e non ETS. Si tratta di una semplice presa d’atto a cui possono partecipare i soli legali rappresentanti degli enti partecipanti (delegati allo scopo già nella delibera di fusione).

Anche l’atto di fusione va depositato, nel termine di 30 giorni, nei medesimi registri competenti già citati, a seconda della natura e qualifica dei vari soggetti partecipanti.

Tuttavia, nel caso di enti non riconosciuti e non ETS, non essendo prevista alcuna pubblicità, ne deriva che non si applica il termine dei 60 giorni tra l’iscrizione della delibera di fusione e l’atto pubblico; pertanto, il notaio coinvolto dovrà verificare la legittimazione a intervenire all’atto, la regolarità del procedimento di fusione e il rispetto delle norme statutarie.

Il consiglio che posso dare è di allegare all’atto di fusione la copia della delibera e del progetto; fare rilasciare una dichiarazione sostitutiva al legale rappresentante di ciascun ente in ordine al rispetto procedurale, in merito all’avvenuta deliberazione e all’assenza allo stato di impugnative pendenti.

Dimezzamento dei termini

Il codice civile dispone che, se alla fusione non partecipano società con il capitale rappresentato da azioni, i termini di:

  • 30 giorni dall’iscrizione del progetto di fusione per la delibera;
  • 30 giorni di deposito presso le sedi sociali prima della delibera;
  • 60 giorni dall’iscrizione della delibera di fusione per l’atto;

sono ridotti alla metà.

Nel caso di fusione tra enti del Libro I, cod. civ. ci si chiede se tale dimezzamento, che diventerebbe la regola perché il capitale non può essere rappresentato da azioni, sia applicabile (quindi alla generalità delle operazioni straordinarie che li coinvolgono).

La risposta è da ritenere sicuramente positiva, fatta eccezione per i casi di fusione “trasformativa” (ad esempio, una associazione che viene incorporata in una fondazione) o addirittura di fusione “eterogenea” (tra enti lucrativi-societari e non lucrativi), per i quali il termine di 60 giorni per l’opposizione da parte dei creditori dell’ente che subisce un mutamento di scopo non può essere dimezzato (l’articolo 2500-octies, cod. civ. sulla trasformazione eterogenea non prevede tale agevolazione).

Schema della tempistica della fusione

Si segnala che l’articolo è tratto da “Associazioni e sport.