Le indicazioni della circolare n.36/E sui profili catastali e la fiscalità degli impianti fotovoltaici
di Leonardo Pietrobon
Con la C.M. n. 36/E/2013 l’Agenzia delle Entrate, finalmente, cerca di dare alcune risposte ai molti dubbi inerenti il settore del fotovoltaico, trattando le problematiche relative all’accatastamento degli impianti, i conseguenti risvolti fiscali e analizzando gli aspetti tributari del V Conto Energia.
La classificazione catastale
L’Agenzia nella prima parte del documento di prassi in commento ripercorre inizialmente le due diverse “correnti” di pensiero, che nel corso degli ultimi anni si sono create e che hanno visto “contrapposte”: da un lato l’Agenzia del Territorio, sostenitrice dell’accatastamento degli impianti fotovoltaici nella categoria catastale degli opifici (D/1) e dall’altro lato l’Agenzia delle Entrate sostenitrice, invece, della qualificazione mobiliare di tali impianti.
Rispetto a tale ultima “corrente”, con la C.M. n.36/E/2013 l’Agenzia delle Entrate ritorna sui propri passi, affermando che le indicazioni contenute nei precedenti documenti di prassi – le CC.MM. n. 46/E/2007, n. 38/E/2008 e n. 38/E/2010 – in base ai quali gli impianti fotovoltaici sono qualificabili come beni mobili, sono state manifestate esaminando i casi di impianti dotati di facile amovibilità e senza che l’eventuale spostamento comportasse il sostenimento di costi rilevanti. Tale “revisione” viene giustificata dall’Agenzia con l’intento di uniformare i comportamento degli uffici e degli operatori.
L’Agenzia, nell’intento di perseguire tale obiettivo di uniformità, riprende i concetti già espressi dal Territorio dapprima con la R.M. n. 3/T/2008 e da ultimo con la nota 22.6.2012 n. 31892.
In particolare, le Entrate, affermano quanto segue:
- gli immobili ospitanti le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accatastati nella categoria “D/1 – opifici” e nella determinazione della relativa rendita catastale devono essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in quanto ne determinano il carattere sostanziale di centrale elettrica e, quindi, di “opificio”;
- le installazioni fotovoltaiche poste su edifici e quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano, non devono essere accatastate autonomamente, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili. Sussiste, comunque la necessità di procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita dell’unità immobiliare nella misura del 15% o superiore, in base alle disposizioni catastali dell’amministrazione competente;
- gli impianti di modesta entità (ad esempio quelli domestici), invece, non devono essere accatastati e non comportano l’insorgenza di alcun obbligo in capo al soggetto interessato.
Con riferimento a tale ultima categoria di impianti, le Entrate, richiamando i concetti espressi nella citata nota del Territorio, si preoccupano di indicare quali sono le caratteristiche, in termini di potenza e dimensione, che devono essere soddisfatte per accedere a tale tipologia di impianti.
In particolare, l’Agenzia ricorda che devono essere considerati impianti di modesta entità quegli impianti che soddisfano almeno uno dei seguenti requisiti:
- la potenza nominale dell’impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt per ogni unità immobiliare servita dall’impianto stesso;
- la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall’impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano;
- per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall’intera area destinata all’intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall’altezza relativa all’asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m.
Di conseguenza, a parere dell’Agenzia, la qualifica di un impianto fotovoltaico nella categoria degli immobili, in base alle sopra citate regole catastali, deve essere assunta a riferimento anche per il corretto trattamento fiscale degli stessi impianti. Tuttavia, fortunatamente, in rispetto dell’art.10 dello Stato del Contribuente, si afferma che i comportamenti tenuti dai contribuenti ai fini delle imposte dirette ed indirette, sulla base delle diverse indicazioni rese con precedenti documenti di prassi devono essere considerati corretti.
Imposte dirette
Ai fini delle imposte dirette, l’Agenzia conferma le precedenti indicazioni, affermando la deducibilità del costo dell’impianto in base allo stanziamento delle quote di ammortamento, rispettivamente nella misura del 9%, quando è qualificato come bene mobile, e nella misura del 4%, quando rientra nella categoria degli immobili. Tale percentuale, in luogo di quella più conosciuta del 3%, è la diretta considerazione dell’attribuzione degli impianti fotovoltaici alla categoria degli immobili del settore energia termoelettrica ed in particolare a quella prevista per i “fabbricati destinati all’industria”.
Anche rispetto a tale questione, l’Agenzia afferma che nel caso in cui i contribuenti, sulla base delle indicazioni rese nei precedenti documenti di prassi, abbiano qualificato l’impianto come bene mobile applicando l’aliquota del 9%, i maggiori ammortamenti dedotti nei periodi d’imposta precedenti ai chiarimenti contenuti nella presente circolare non devono essere rettificati.
Nel caso in cui, invece, l’impianto non debba essere accatastato autonomamente, in quanto totalmente o parzialmente integrato all’unità immobiliare, i relativi costi, se capitalizzati sulla base della corretta applicazione dei principi contabili, devono essere ammortizzati ai fini delle imposte dirette applicando l’aliquota di ammortamento dell’immobile cui l’impianto risulta integrato.
In riferimento alla classificazione immobiliare di un impianto fotovoltaico, l’Agenzia ricorda anche la necessità di procedere all’applicazione della disciplina dello scorporo del valore del terreno, di cui all’articolo 36 DL n. 223/2006.
Una particolare situazione, ma non infrequente, presa in esame dalla circoalre, riguarda il caso in cui l’immobile sul quale vengono integrati i pannelli fotovoltaici, totalmente o parzialmente, sia di proprietà di terzi. In tal caso, a parere dell’Agenzia, nel rispetto dell’OIC 24, il relativo costo si configura come una spesa di manutenzione straordinaria non capitalizzabile in quanto relativo ad un bene non di proprietà, fiscalmente deducibile secondo le disposizioni di cui agli artt. 102 o 108 del Tuir.
Aspetti Iva
La classificazione sopra esposta determina i relativi effetti anche dal punto di vista Iva. Infatti:
- se l’impianto fotovoltaico è qualificabile come bene mobile, nel caso di cessione trovano applicazioni ai fini della territorialità le regole di cui all’articolo 7-bis DPR 633/1972 e 7-ter in riferimento alle prestazioni di servizi;
- se, invece, l’impianto è qualificabile come bene immobile, nel caso di cessione trovano applicazione le regole di cui all’articolo 10, co. 8-bis e 8-ter del D.P.R. 633/1972 (8-ter per gli opifici e 8-bis per i lastrici solari, categoria catastale F/5) e l’art. 7-quater lett. a) per stabilire la territorialità delle prestazioni di servizi.
Con riferimento agli impianti installati su immobili di terzi, l’Agenzia precisa che l’Iva assolta al momento dell’acquisto non può essere chiesta a rimborso ex art. 30 DPR 633/1972, in quanto l’impianto non costituisce bene ammortizzabile.
Nel caso, invece, della locazione di terreni sul quale è realizzato l’impianto fotovoltaico è applicabile, alternativamente, il seguente trattamento:
- esente da IVA, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 8) ove il terreno oggetto di locazione è da qualificare come terreno non suscettibile di utilizzazione edificatoria;
- imponibile IVA ad aliquota ordinaria, ove il terreno oggetto di locazione è da qualificare come terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.
Società di comodo
Rispetto alla normativa delle “società di comodo”, finalmente, l’Agenzia ha preso atto che il mercato relativo alla produzione e vendita dell’energia elettrica derivante da fonte fotovoltaica si configura come un mercato vincolato in cui gli operatori non godono di piena autonomia, in quanto, generalmente, la vendita di energia avviene da parte degli operatori a prezzi imposti, sulla base di specifici contratti stipulati con il GSE. Di conseguenza, l’Agenzia afferma che in caso di mancato superamento del test di operatività da parte di un contribuente che scelga la vendita “indiretta”, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di disapplicazione lo stesso può addurre come giustificazione la circostanza che la vendita dell’energia avviene sulla base di specifici contratti stipulati con il GSE, che impone al produttore i prezzi di vendita. Nel caso, in cui, invece, il contribuente scelga la vendita “diretta”, il mancato superamento del test di operatività impone al contribuente di dimostrare – ai fini dell’accoglimento dell’istanza di disapplicazione – di volta in volta, l’esistenza di quelle situazioni oggettive che non hanno permesso il conseguimento di ricavi utili al superamento del citato test.
Il V Conto Energia
Rispetto al corretto trattamento tributario delle somme percepite in base al V Conto Energia – tariffa premio e tariffa omnicomprensiva – l’Agenzia richiama i chiarimenti espressi con la C.M. 46/E/2007, seppur relativi ad un precedente sistema di incentivazione, basato sulla c.d. “tariffa incentivante”.
A parere dell’Agenzia la tariffa omnicomprensiva, ossia l’incentivo che viene erogato dal GSE al responsabile dell’impianto fotovoltaico, in relazione all’energia immessa in rete, assume rilevanza fiscale, ai fini delle imposte dirette, Iva ed Irap, se percepita da un soggetto che svolge attività commerciale o agricola ai sensi degli articoli 2195 e 2135 del codice civile.
La tariffa premio, ossia la remunerazione della quantità di energia elettrica prodotta dall’impianto e contemporaneamente autoconsumata dal produttore, ai fini fiscali è assimilabile alla già conosciuta tariffa incentivante, quindi ad un contributo a fondo perduto e in quanto tale assoggettata al seguente trattamento fiscale:
- ai fini IVA risulta esclusa dal campo di applicazione,
- ai fini delle imposte dirette e dell’Irap, rappresenta una componente imponibile se percepita nell’ambito di un’attività commerciale;
- ai fini delle ritenute, è assoggettata alla ritenuta alla fonte a titolo di acconto del 4% ai sensi del comma 2, dell’articolo 28, del DPR n. 600/1973, qualora sia corrisposta ad imprese o ad enti non commerciali per gli impianti che attengono all’attività commerciale.