Le minusvalenze da assegnazione agevolata o cessione ai soci
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365L’operazione di assegnazione o cessione agevolata ai soci di immobili ex L. 197/2022 può dare luogo, assai frequentemente, a minusvalenze la cui rilevanza sotto il profilo contabile e fiscale va analizzata con grande attenzione.
Soprattutto nel caso di immobili abitativi è noto che il valore catastale, usufruibile in luogo del valore normale, è spesso di gran lunga inferiore al valore contabile e fiscalmente riconosciuto dell’immobile; basti pensare a tutti i casi di immobili rivalutati ad un ammontare che oggi sarebbe anche superiore al valore effettivo di mercato.
Vediamo cosa accade e come trattare queste minusvalenze prima di tutto nel caso di cessione agevolata e poi in quello, più complesso, di assegnazione agevolata.
Le minusvalenze da cessione agevolata
Come è noto, l’operazione di cessione agevolata ai soci è decisamente più semplice da gestire rispetto alla assegnazione agevolata.
Il fatto che non vengono assegnate ai soci quote di patrimonio netto elimina tutto l’ambito di fiscalità da attribuzione di riserve che rappresenta uno degli aspetti più complessi e delicati dell’intero progetto societario.
L’elemento essenziale è considerare che il legislatore, all’articolo 1, comma 102, L. 197/2022 si è limitato a prescrivere che, ai fini della imposta sostitutiva, il corrispettivo da cessione, se inferiore a valore normale/catastale è computato in misura non inferiore al minore dei due.
Ma se il corrispettivo è fissato in misura maggiore o uguale al minore dei due, esso è rilevante sia sul piano del rapporto privatistico tra società e socio, sia sul piano fiscale.
Allora proviamo ad immaginare il seguente (e frequente) caso:
valore immobile di libro = 1.000,
valore normale ex articolo 9 Tuir = 2.000,
valore catastale = 700.
La società vende l’immobile a 700, perfettamente in linea con il citato comma 102.
La conseguenza è che si genera una minusvalenza pari a 300.
Essa è deducibile? Analizzando la Legge di bilancio 2023 e sovrapponendola al Tuir non emerge alcuna norma che ne vieta la deducibilità: infatti l’articolo 101, comma 1, Tuir stabilisce che le minusvalenze dei beni immobilizzati sono deducibili se realizzate e non vi è dubbio che la cessione configura una ipotesi di realizzo.
Peraltro il fatto che il corrispettivo fissato dalle parti non sia inferiore al valore catastale fa sì che anche sotto il profilo specifico della “cessione agevolata” ex L. 197/2022, nel citato esempio, non emerga alcun profilo di irregolarità.
Sul punto, però, va ricordata una pronuncia sfavorevole pubblicata dalla Agenzia delle Entrate (risoluzione 101/E/2017) che , con argomentazioni poco convincenti, afferma che anche in caso di cessione (oltre che per le assegnazioni) la minusvalenza è deducibile solo se deriva dal confronto con il valore normale ex articolo 9 Tuir e non con il valore catastale, benché quest’ultimo sia l’ammontare del corrispettivo scelto dalle parti.
L’argomentazione delle Entrate poggia su debole riferimento normativo del comma 102 in cui si dice che “ai fini della imposta sostitutiva.. il corrispettivo non può essere inferiore al valore catastale/normale...”, e quindi il passaggio normativo avrebbe valenza solo per l’ipotesi di plusvalenza e non di minusvalenza.
Il riferimento, a parere nostro, è alquanto fragile poiché in realtà esso può ben significare che nel calcolo dell’8% di imposta sostitutiva si deve considerare un corrispettivo figurativo non inferiore ai valori catastale/normale, non che una eventuale minusvalenza sia deducibile solo se compatibile con i valori di mercato.
Le minusvalenze da assegnazione agevolata
Nel caso della assegnazione agevolata ai soci la minusvalenza eventualmente conseguita subisce il medesimo trattamento delle minusvalenze da Tuir, cioè il fatto che non vi sia realizzo nella assegnazione ai soci fa sì che la minusvalenza (non realizzata) sia dichiarata indeducibile.
In questo senso peraltro si pronuncia molto chiaramente la circolare 37/E/2016 al par. 1.3 laddove definisce indeducibili le minusvalenze da assegnazione di immobili iscritti in bilancio quali immobilizzazioni (strumentali locati o immobili patrimonio), mentre le cose cambiano per gli immobili merce.
Infatti per questi beni l’Agenzia si pronuncia favorevolmente alla rilevanza fiscale del minor valore, ma a condizione che esso derivi dalla valutazione dell’immobile a valore normale e non a valore catastale.
Quindi, se il valore a rimanenze fosse 1.000, quello catastale 700 e quello di mercato 900, pur eseguendo l’assegnazione a valore catastale il differenziale negativo deducibile sarebbe solo 100, e non 300.
Ma, al di là di questo aspetto, diciamo ormai assodato, un tema delicato è valutare l’effetto della minusvalenza sul piano delle riserve attribuite al socio.
Vediamo il seguente esempio.
Srl con immobile strumentale
valore contabile = 1.000,
valore catastale = 700,
valore di mercato (per semplicità) sempre 700.
La riduzione patrimoniale avviene attribuendo riserve di utile.
Una prima ipotesi è realizzare l’assegnazione con delibera dei soci che individuano il valore contabile (1.000) quale valore di attribuzione.
Sul punto si ricorda che, in base al Documento del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti del 14.03.2016 la gestione contabile dipende dalla scelta fatta dai soci, nel senso che essi potranno deliberare l’assegnazione al valore contabile oppure al valore di mercato, generando o meno imputazione di componenti positivi/negativi a conto economico.
Questa tesi sembra accolta anche dalle Entrate (sul punto si veda la circolare 8/E/2017, par. 5.2).
Allora, se procediamo ad assegnare l’immobile, dal punto di vista fiscale al valore di mercato, mentre dal punto di vista contabile al valore di libro, non avremo passaggi sul conto economico e ai soci vengono attribuite riserve di utile per 1.000 (con ritenuta al 26% se i soci sono persone fisiche).
Ma se i soci deliberano di assegnare l’immobile al valore di mercato (700) possiamo dire che la riserva attribuita sia 700 oppure l’attribuzione di riserve è ancora 1.000 e si genera una minusvalenza che riduce il patrimonio netto residuo post assegnazione?
È chiaro che, se potessimo avvalorare la prima opzione, si avrebbe un significativo vantaggio poiché i soci sarebbe incisi da una distribuzione di riserve pari a 700 (con ritenuta d’imposta proporzionata) e non 1.000.
In effetti, si potrebbe sostenere che il valore contabile ricevuto è sostanzialmente 700 e non 1.000, però questa tesi non trova unanimità in dottrina e non risulta che l’Agenzia delle Entrate si sia pronunciata.
Una opzione più “ rassicurante” sarebbe eseguire una svalutazione dell’immobile nell’esercizio 2022 rendendo il valore contabile coerente con il dato di mercato e addebitando all’esercizio 2022 la minusvalenza, il che comporta l’assorbimento di parte del patrimonio netto (per coprire la perdita generata dalla svalutazione).
A questo punto l’attribuzione ai soci al nuovo valore contabile (nel nostro esempio 700, che è anche valore di mercato/catastale) viene eseguita attribuendo riserve di utili per 700, con un sensibile risparmio in capo ai soci.