4 Luglio 2015

Le modalità di gestione delle importazioni ai fini dell’IVA

di Marco Peirolo
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Agli effetti dell’IVA, la gestione delle importazioni si articola in più fasi successive, consistenti:

  • nella presentazione della dichiarazione doganale di importazione e nel pagamento dei diritti doganali, compresa l’IVA;
  • nell’annotazione della bolletta doganale di importazione nel registro degli acquisti (di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 633/1972) e nella detrazione dell’IVA assolta in dogana;
  • nell’annotazione della fattura emessa dal fornitore estero nella sola contabilità generale;
  • nell’annotazione della fattura dello spedizioniere italiano sia nel registro degli acquisti, sia in contabilità generale.

L’importazione presuppone la presentazione di un’apposita dichiarazione in dogana (art. 56 del D.P.R. n. 43/1973), unitamente a tutta la documentazione relativa ai beni da importare (fatture di vendita, fatture pro forma, documenti di trasporto, ecc.).

L’importazione fa sorgere il presupposto per il pagamento in dogana dell’IVA, oltre che dei dazi e degli altri diritti di confine definiti dall’art. 43 del D.P.R. n. 43/1973.

Il soggetto obbligato al pagamento dell’IVA all’importazione è il dichiarante, cioè la persona che fa la dichiarazione in dogana a nome proprio, ovvero la persona in nome della quale è fatta la dichiarazione in dogana (art. 4, punto 18, del Reg. CEE n. 2913/1992).

Il soggetto importatore, invece, è considerato il dichiarante, come sopra definito, laddove presenti o detenga i beni oggetto di importazione in dogana.

La R.M. 10 agosto 1989, n. 529/D ha precisato che tale equiparazione vale anche ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione, ma si tratta di un’indicazione opinabile nell’ipotesi della rappresentanza indiretta, in quanto in contrasto con il principio dell’inerenza/afferenza di cui all’art. 19, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 633/1972. Infatti, quando il rappresentante agisce in nome proprio e per conto altrui, la detrazione presuppone – come recentemente ribadito dalla Corte di giustizia nella causa C-187/14 del 25 giugno 2015 (DSV Road) – che i beni importati siano utilizzati, a valle, nell’ambito delle operazioni imponibili tipiche del soggetto passivo e questa condizione, di regola, non si verifica in capo al rappresentante.

Ai sensi dell’art. 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, l’IVA dovuta in dogana è calcolata sul valore dei beni importati, determinato in base alle disposizioni doganali, aumentato dell’ammontare dei diritti doganali, esclusa l’IVA, e delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all’interno dell’Unione europea, che figura sul documento di trasporto che scorta i beni all’atto della loro introduzione nel territorio comunitario.

In pratica, se i beni sono stati dichiarati in dogana “franco destino”, le spese di trasporto hanno formato oggetto della base imponibile dell’IVA pagata in dogana in sede di importazione, sicché – nei rapporti “B2B” – il servizio di trasporto reso dal vettore non residente beneficia del regime di non imponibilità di cui all’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972 in sede di reverse charge da parte del committente/importatore. Se, invece, i beni sono stati dichiarati in dogana “franco confine”, le spese di trasporto per la tratta italiana non hanno formato oggetto della base imponibile dell’IVA pagata in dogana in sede di importazione, per cui – nei rapporti “B2B” – l’imposta relativa alla tratta nazionale deve essere assolta dall’importatore in sede di reverse charge.

In base all’art. 201 del Reg. CEE n. 2913/1992, l’obbligazione doganale all’importazione sorge “al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana”. Di conseguenza, per i beni importati soggetti a dazio, l’IVA dovuta diventa esigibile con l’accettazione della predetta dichiarazione da parte dell’Autorità doganale che provvede alla relativa iscrizione nel registro corrispondente alla destinazione doganale richiesta munendola del numero e della data di registrazione.

A seguito del pagamento dei diritti doganali, compresa l’IVA, viene rilasciata la bolletta doganale di importazione (art. 59 del D.P.R. n. 43/1973) che deve essere intestata al dichiarante (C.M. n. 529/D/1989, cit.).

Ai fini della detrazione, la bolletta doganale deve essere annotata nel registro degli acquisti. In luogo delle generalità del cedente, che non sempre sono rilevabili dalla bolletta, occorre indicare l’Ufficio doganale presso il quale è stata emessa la bolletta, nonché i suoi estremi e la tipologia di modello (C.M. 19 dicembre 1972, n. 874/33650).

Le bollette doganali vanno numerate in ordine progressivo e registrate anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione IVA annuale nella quale viene esercitata la detrazione. Com’è noto, in base all’art. 19, comma 1, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633/1972, il relativo diritto, che sorge con l’accettazione della dichiarazione doganale di importazione, può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione IVA relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto stesso ha avuto origine ed alle condizioni esistenti nel momento in cui è sorto.

La fattura emessa dal fornitore estero deve essere registrata nella sola contabilità generale, unitamente al credito IVA originato dall’annotazione della bolletta di importazione nel registro degli acquisti.

Infine, la fattura dello spedizioniere italiano va annotata sia nel registro degli acquisti, sia in contabilità generale.

In via generale, le spese di sdoganamento, che comprendono i dazi e l’IVA, vengono anticipate dallo spedizioniere in nome e per conto dell’importatore per essere successivamente riaddebitate a quest’ultimo, come voce esclusa dalla base imponibile ex art. 15, comma 1, n. 3), del D.P.R. n. 633/1972, nella fattura relativa al trasporto, il cui corrispettivo è non imponibile IVA se è già stato assoggetto ad imposta in dogana.

 

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