Le modifiche alla proposta concordataria
di Luigi FerrajoliIl D.L. 83/2015, convertito in L. 132/2015, ha soppresso il comma 2 dell’articolo 175 L.F., in forza del quale non era possibile, al termine delle operazioni di voto, la modifica della proposta di concordato.
Secondo la precedente formulazione, quindi, il debitore poteva modificare il piano presentato unitamente al ricorso a patto che le variazioni intervenissero prima della manifestazione di voto dei creditori, con la conseguente inammissibilità delle variazioni al contenuto della proposta richieste dopo che i creditori avevano manifestato il proprio consenso alla soluzione prospettata dall’imprenditore.
In caso contrario, infatti, sarebbero stati sovvertiti i principi relativi all’approvazione del concordato e, più in generale, la stipulazione di ogni intesa negoziale, presupponente la piena coincidenza tra proposta ed accettazione.
In tale chiave prospettica, ai creditori – a cui solo compete ogni valutazione di merito in ordine alla convenienza economica del piano, alle sue probabilità di successo ed ai rischi inerenti – era assicurata la possibilità di una relativa disamina sulla base di una corretta e completa informazione poiché, approvando la proposta ed il piano, i medesimi consapevolmente accettavano anche il rischio di un diverso esito della liquidazione, ma sempre nei termini in cui quest’ultima era stata prospettata.
Partendo dalla definizione di “modifica della proposta”, vediamo come la stessa tendenzialmente comprenda tutto ciò che non configura una “nuova proposta”.
Al riguardo, con la recente sentenza n. 22988/2022, la Corte di Cassazione ha ravvisato l’integrazione di una “nuova proposta” rilevante ai fini del comma 2 dell’articolo 175 L.F. di fronte a modifiche del piano:
1. in grado di mutare la natura dell’accordo proposto ai creditori – o comunque, la logica di superamento della situazione di crisi o di insolvenza nella quale versa la società -, tanto da rendere necessario:
- “un nuovo controllo di ammissibilità da parte del tribunale”,
- “una rinnovazione dell’attività di valutazione dell’attestatore”,
- “una nuova votazione da parte dei creditori, i quali, alla luce delle modifiche introdotte, non possono più fare affidamento sull’assetto originario, per essere cambiate le caratteristiche fondamentali della proposta”;
2. che, in aggiunta o in alternativa a quelle di cui al punto I, modificano gli elementi della proposta incidendo “sull’impianto “satisfattorio” del ceto creditorio, quali, inter alia: il numero e la composizione delle classi, la percentuale riconosciuta ai chirografari, la previsione di nuova finanza”.
Lungi dal doversi intendere riferita ad un qualsiasi mutamento della proposta originaria, ciò che può quindi essere inteso come “modifica della proposta” inerisce agli elementi della stessa ed è in grado di “alterare significativamente la sostanziale coincidenza, propria di ogni stipulazione negoziale, tra proposta originaria e sua accettazione”, potendo concretamente pregiudicare la valutazione (quanto alla convenienza economica, ai suoi rischi e alla sua possibilità di successo) già effettuata dai creditori che avevano approvato la proposta ed il piano ad essa relativo.
Grazie agli emendamenti introdotti dal D.L. 83/2015, il legislatore ha abrogato il richiamato comma 2 dell’articolo 175 L.F. e inserito all’articolo 172 L.F. il tema delle modifiche delle proposte di concordato, inserendo finanche un limite temporale entro il quale ritenere fattibili eventuali variazioni (“Le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a quindici giorni prima dell’adunanza dei creditori”), così garantendo la possibilità, da un lato, al debitore di predisporre la proposta definitiva e, dall’altro, al commissario e ai creditori di valutarla.
La nuova disciplina prevista dal Codice della Crisi d’Impresa oggetto del D.Lgs. 14/2019, modificato dal D.Lgs. 83/2022, che si applica ai ricorsi depositati a decorrere dal 15 luglio 2022, non contempla una disposizione speculare al soppresso comma 2 dell’articolo 175 L.F., prevedendo piuttosto all’articolo 58 che, in caso di “modifiche sostanziali” del piano o degli accordi intervenute prima dell’omologazione, debba essere rinnovata l’attestazione del professionista nonché richiesto da parte del debitore il rinnovo delle manifestazioni di consenso ai creditori parte degli accordi.
In assenza di qualsiasi elemento normativo che possa definire, in tale frangente, quali siano le “modifiche sostanziali”, pare evidente che, con un rimando alla richiamata recente giurisprudenza, saranno della specie tutte quelle variazioni ritenute necessarie di fronte a uno scostamento tra la situazione in atto, da una parte, ed il contenuto e le previsioni del piano, dall’altra, tanto da incidere sulle probabilità di corretto adempimento dell’accordo.