Le novità Iva in materia di sport
di Guido MartinelliNello scorso mese di agosto, in maniera anche inaspettata, è stato approvato l’articolo 36 bis L. 112/2023, (conversione D.L. 75/2023) recante la nuova disciplina per le prestazioni di servizi connessi con la pratica sportiva, in vigore dallo scorso 17.08.2023.
Il comma 1, in particolare, prevede l’esenzione Iva per le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti di persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici, di cui all’articolo 6 D.Lgs. 36/2021.
Il secondo comma, invece, recita: “Le prestazioni dei servizi didattici e formativi di cui al comma 1, rese prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si intendono comprese nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, primo comma, numero 20), D.P.R. 633/1972.” Fornendo, con effetto retroattivo, una interpretazione autentica della disciplina Iva delle attività didattiche e formative nello sport.
Da sottolineare che manca qualsiasi collegamento con la nuova disciplina Iva prevista per tutti gli enti associativi senza scopo di lucro di cui viene prevista l’entrata in vigore a far data dal prossimo primo luglio (articolo 5, comma 15 quater, D.L. 146/2021) in osservanza della procedura di infrazione comunitaria in essere.
Sotto il profilo soggettivo amplia i soggetti che possono svolgere attività sportiva “esente” ricomprendendo tutti gli enti senza scopo di lucro, anche se non iscritti al registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche.
Il riferimento generico, poi, agli enti sportivi dilettantistici di cui al citato articolo 6 D.Lgs. 36/2021 porta a ritenere che anche le società sportive che introducessero la parziale distribuzione degli utili previsti dal successivo articolo 8, comma 3 potranno applicare la disciplina in esame.
Altra novità importante, recepita dalla direttiva comunitaria, è che le persone acquirenti i servizi sportivi non debbono avere caratteristiche predeterminate.
Non sarà, pertanto, necessario ai fini del godimento di questa agevolazione, limitare l’erogazione dei servizi solo agli associati o ai tesserati.
Identificato così il requisito soggettivo, sotto il profilo oggettivo la norma non fa riferimento alla attività sportiva dilettantistica ma si limita a ricomprendere nell’area della esenzione da Iva “lo sport e l’educazione fisica”.
Questo porta a ritenere che la novella trova applicazione non solo nei confronti delle discipline sportive riconosciute dal Coni ma anche nei confronti di tutta quella che, forse più correttamente, alla luce della definizione indicata dall’articolo 2 D.Lgs. 36/2021 è da intendersi come attività motoria. È ovvio, però, che nei casi di servizi di discipline “non Coni” non saranno applicabili le norme sul lavoro sportivo recentemente introdotte.
La scelta operata dal legislatore prevede alcuni aspetti per i quali diventa urgente un intervento chiarificatore da parte della Agenzia delle entrate.
Infatti, il passaggio da attività posta fuori campo Iva (la gran parte delle asd. e ssd. che offrono servizi sportivi lo fanno esclusivamente nei confronti di associati o tesserati) ad attività esente da Iva comporta conseguenze formali (l’apertura della posizione Iva e gli adempimenti conseguenti allo svolgimento di attività soggette a detta imposta) ma anche potenzialmente sostanziali.
Infatti, fino ad oggi, ai fini Ires le associazioni sportive hanno applicato l’articolo 148, comma 3, Tuir, che qualifica le operazioni svolte in favore di associati o tesserati in conformità alle finalità istituzionali “non commerciali”.
Questa qualificazione, però, da parte di tutta la giurisprudenza più recente (Cassazione n. 21707/2023) non è interpretata in maniera oggettiva ma soggettiva, ossia legata “all’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro”.
Ne consegue che aver fatto rientrare nel campo di applicazione dell’Iva i servizi sportivi, sia pure esenti, (e quindi commerciali) potrà continuare a far qualificare i medesimi servizi come “non commerciali” (ovviamente sussistendone i presupposti di attività di discipline Coni svolte in favore di associati o tesserati) ai fini delle imposte sui redditi?
Analogamente, si pone un ulteriore problema: la norma in esame non abroga il vigente articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972, contrariamente a quanto invece accadrà dal prossimo primo luglio.
La domanda che ci si pone è: potranno le associazioni sportive che intendessero continuare a erogare servizi sportivi solo ad associati e tesserati ritenere che non siano tenuti ad applicare la nuova disciplina e continuare ad applicare, almeno fino al 30 giugno, la fattispecie di attività posta fuori campo Iva?
Il rischio che si pone è che in questo caso avremmo sui servizi sportivi tre diversi regimi Iva:
- per le asd/ssd con esclusione da Iva per i tesserati;
- esenzione da Iva per i terzi e
- per le imprese sportive, assoggettamento ad Iva con aliquota ordinaria.
Il passaggio dei servizi sportivi da prestazioni poste fuori campo a prestazioni esenti nasce da una procedura di infrazione europea.
Le direttive unionali parlano appunto di prestazione esente. Fino al 16.8.2023 scorso si poteva sostenere che l’Italia riteneva di non conformarsi a tale indicazione ma ora, in presenza di una norma interna come quella in commento, si potrà ancora usare una agevolazione contraria alle direttive unionali e, oggi, anche ad una norma di Legge dello Stato? Chi risponde affermativamente lo motiva sulla presunta natura di norma speciale dell’articolo 4, D.P.R. 633/1972, oggi vigente.
Personalmente vedo sotto il profilo giuridico opinabile che ci possa essere una norma speciale contenuta in un decreto che possa continuare a disciplinare una fattispecie inquadrata da una norma di carattere generale introdotta dopo 50 anni da una legge dello Stato e nel rispetto della disciplina europea.
Sicuramente l’incertezza della disciplina applicabile è un dato oggettivo, pertanto, trattandosi di adempimenti formali, le conseguenze sanzionatorie sarebbero minime: è auspicabile un chiarimento amministrativo.