Le novità per il terzo settore non finiscono mai
di Guido MartinelliIn questi giorni si sono accavallati, per il terzo settore tre provvedimenti che impongono una riflessione attenta. Il primo è la nota del Ministero del Lavoro n. 3650 del 12.04.2019.
Il provvedimento di prassi amministrativa, rispondendo ad un quesito trasmesso dalla Regione Abruzzo, ha chiarito che l’oggetto sociale degli enti del terzo settore “non potrà esplicarsi nell’inserimento pedissequo nello statuto di un elenco di tutte le attività previste dall’articolo 5 o di un numero di esse tale da rendere indefinito e come tale non conoscibile l’oggetto sociale”.
Pertanto, contrariamente a quanto era apparso dai primi pronunciamenti di prassi, il Ministero ritiene che la varietà dei possibili settori di attività di interesse generale non debba portare ad eludere agli obblighi di trasparenza e conoscibilità nei confronti dei terzi, ai quali deve essere riconosciuto il diritto di aderire ad una compagine di cui siano chiaramente individuate le attività e le finalità.
Il Ministero ricorda che sarà sempre possibile modificare l’oggetto sociale inserendo nuove attività o eliminando attività che l’ente ritiene di non svolgere più.
Quindi, se pur questo debba o possa significare successivi interventi di modifica agli statuti, non si dovranno prevedere tutte le attività astrattamente praticabili dall’ente del terzo settore ma solo quelle effettivamente svolte.
Se dette indicazioni, a poche settimane dalla scadenza del termine previsto per le modifiche statutarie (si ricorda che il 2 agosto 2019 è l’ultimo giorno per l’adozione della delibera di approvazione, ma che, stante il periodo feriale e la necessità di convocare l’assemblea con il preavviso statutario, molte associazioni si stanno già apprestando a licenziare i nuovi testi statutari), appaiono quasi tardive, a diversa conclusione si potrebbe arrivare esaminando le novità contenute nei rimanenti due documenti di cui si deve dare notizia.
Il primo è una corposa circolare (sono circa 150 pagine) antecedente di un paio di giorni al provvedimento ministeriale sopra illustrato, del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dal titolo significativo: “Riforma del terzo settore: elementi professionali e criticità applicative”.
L’obiettivo è quello di fare il punto sullo stato dell’arte della riforma, facendo emergere le criticità esistenti e le possibili soluzioni.
La lettura produce alcune considerazioni di estremo interesse e importanza per il momento attuale delle associazioni potenzialmente interessate all’ingresso nel terzo settore.
Intanto nel documento si afferma quello che tutti ormai già pensavamo: “la realtà è che oggi la data di operatività del runts risulta spostata in avanti, verosimilmente alla metà del 2020”.
Prendendo per buona questa affermazione (che lo scrivente considera anche ottimistica) le disposizioni del titolo X del codice del terzo settore (ossia la quasi totalità delle norme di carattere fiscale collegate alla riforma) troveranno applicazione non prima del 1° gennaio 2021.
Pertanto, la possibilità di applicare la disciplina delle Onlus, la L. 398/1991 e l’articolo 148, comma 3, Tuir, sussistendone i presupposti, potrà avvenire sicuramente per gli enti interessati sia per il vigente che per il prossimo periodo di imposta.
Ma la vera novità è altra.
Infatti il documento dei Dottori commercialisti espressamente riporta quanto segue: “… per la continuità delle agevolazioni degli iscritti preesistenti si è affermata l’interpretazione secondo la quale non sarebbe vincolante adeguare in via assoluta gli statuti entro il 3 agosto 2019…”
Questo in quanto, per le Onlus, la specifica disciplina portata dal D.Lgs. 460/1997 continuerà ad avere vigore fino al primo periodo di imposta successivo all’attivazione del Runts; per le odv e le aps, invece, la motivazione troverebbe fondamento nella previsione di cui all’articolo 54 del codice del terzo settore.
L’articolo 54, comma 2, D.Lgs. 117/2017, infatti, prevede che, al momento della trasmigrazione dell’elenco degli iscritti dagli attuali registri delle odv e delle aps nel registro unico nazionale del terzo settore, gli uffici avranno 180 giorni per chiedere l’integrazione della documentazione esistente e, comunque, come prevede il comma 4, “fino al termine delle verifiche di cui al comma due gli enti iscritti nei registri di cui al comma 1 continuano a beneficiare dei diritti derivanti dalla rispettiva qualifica”.
Di conseguenza, seguendo questa tesi, il termine dei 24 mesi (ossia quello in scadenza al 3 agosto prossimo) previsto dall’articolo 101, comma 2, D.Lgs. 117/2017 andrebbe ad impattare esclusivamente sulla possibilità, concessa se venisse rispettato il termine, esclusa in caso di modifica successiva, di operare le modifiche allo statuto mediante semplice assemblea ordinaria.
La tesi, sia pure rispettabilissima, rimane intrisa di dubbi interpretativi.
La odv o aps che non modificasse lo statuto sarebbe comunque tenuta agli altri adempimenti di carattere extrafiscale previsti dal codice del terzo settore (pubblicità dei compensi, dei bilanci, percentuale dei lavoratori sui volontari, ecc.)?
Potremmo trovarci di fronte ad aps, costituite dopo il 3 agosto 2017, tenute all’integrale rispetto del registro e aps, costituite prima, che, non adeguando lo statuto, potranno evitare gli obblighi del codice ma continuare a goderne dei benefici?
E per entrambe varrebbero le medesime agevolazioni fiscali?
Un chiarimento ufficiale per il mondo del non profit appare indispensabile