Le “nuove” attività connesse
di Luigi ScappiniÈ stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16.03.2015, il decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 13 febbraio 2015 con cui vengono individuati i beni che possono essere oggetto delle attività agricole connesse di cui all’art. 32, comma 2, lettera c) Tuir, con conseguente assoggettamento al reddito catastale in caso di rispetto del criterio cd. della prevalenza.
Le “nuove” attività connesse si rendono applicabili, in sostituzione di quelle previste con il precedente decreto datato 17.06.2011, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2013.
Ma, ancor prima di analizzare le poche novità introdotte, pare necessario ricordare come la disciplina fiscale richieda, per poter parlare di attività connessa a quelle agricole, che dette attività siano esercitate da parte di un soggetto che svolge un’attività agricola principale.
In altri termini è richiesto, prioritariamente il rispetto del cosiddetto criterio dell’unisoggettività, colui che svolge l’attività connessa deve essere un imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 cod. civ..
Il rapporto di connessione non è “biunivoco” ma “univoco”: le attività connesse sono agricole a condizione che siano svolte congiuntamente a quella agricola.
Nell’ipotesi in cui esse siano svolte disgiuntamente da questa esse trasmigrano nella loro area naturale che è quella commerciale.
Le attività connesse sono di natura commerciali ma, per effetto di una finzione giuridica, vengono equiparate a quelle agricole.
Soddisfatto il requisito soggettivo, per comprendere le modalità di tassazione di tali attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione è necessario, ancor prima di accertare la sussistenza della prevalenza richiesta dalla norma fiscale, verificare se l’attività svolta ricada tra quelle contemplate nel D. M. 13.02.2015.
Manca ancora un tassello per avere il quadro generale di riferimento completo, infatti, non tutte le attività previste all’art. 2135 cod. civ.i danno origine, nel rispetto della prevalenza, a un reddito agrario.
L’Agenzia delle entrate nella Circolare n. 44/E/2004 ha, infatti, affermato che le mere attività di conservazione, commercializzazione e valorizzazione, prese singolarmente e in via autonoma, non possono mai “produrre” un reddito agrario se hanno a oggetto beni acquistati presso terzi, mentre tale conclusione non rileva nell’ipotesi in cui oggetto delle attività richiamate siano prodotti propri, nel qual caso si sarà sempre in presenza di un reddito agrario.
Venendo ai prodotti agricoli contemplati nell’Allegato al decreto 13.02.2015 si segnala come, rispetto al passato, vi sia un ampliamento attraverso l’introduzione di:
- produzione di paste alimentari fresche e secche;
- produzione di sciroppi di frutta e
- manipolazione dei prodotti derivanti dalla silvicoltura di cui alle classi 02.10.0-02.20.0, comprendenti la segagione e la riduzione in tondelli, tavole, travi ed altri prodotti similari compresi i sottoprodotti, i semilavorati e gli scarti di segagione delle piante.
Ricordiamo come la silvicoltura, per essere considerata quale attività agricola, deve consistere nell’impianto, riproduzione, conservazione e sfruttamento razionale dei boschi al fine di produrre legno e biomasse. Ne deriva che il semplice disboscamento (taglio) non può considerarsi attività agricola perché manca il requisito del ciclo biologico.
Alla luce del decreto in commento, viene confermato ancora il disallinemaneto tra l’imposizione diretta e quella indiretta.
Infatti, ad esempio, si considerano attività connesse agricole quelle consistenti nella produzione di carni e prodotti della loro macellazione, nonché nella produzione di carne essiccata, salata o affumicata, salsicce e salami, con la conseguenza che nel rispetto del criterio della prevalenza il reddito prodotto è un reddito agrario, tuttavia, la successiva cessione di detti prodotti non consente l’applicazione del regime speciale previsto per l’agricoltura ai sensi dell’art. 34 del D.P.R. n. 633/1972.
Tale regime, rappresenta quello naturale per le cessione di prodotti rientranti nella prima parte della tabella A allegata al decreto Iva, effettuate da parte di imprenditori agricoli.
Tali prodotti sono quelli agricoli e ittici già pronti alla messa in commercio senza necessità di alcuna manipolazione e/o trasformazione e quelli che subiscono una manipolazione o trasformazione che, tuttavia, è riconducibile tra le attività tipiche dell’agricoltura.
La cessione di tali prodotti, quindi, se messa in atto in via occasionale, darà origine, ai fini Iva, alla cosiddetta impresa mista, in caso contrario, se abitudinaria e sistematica a una vera e propria attività ordinaria.
Tornando agli aspetti relativi all’imposizione diretta, alla luce di quanto detto, ne deriva che si potranno determinare le seguenti casistiche:
- attività rientranti tra quelle di cui al decreto 13.02.2015:
- rispetto della prevalenza – assoggettamento a reddito agrario dell’attività connessa;
- mancato rispetto della prevalenza – nel limite del doppio delle quantità prodotte in proprio dall’imprenditore agricolo o del valore normale delle stesse si ha reddito agrario, mentre, per l’eccedenza, il reddito sarà di impresa e quindi determinato analiticamente ex art. 56 del Tuir.
- attività non ricompresa nell’elenco di cui al decreto ministeriale:
- rispetto della prevalenza – tassazione forfettizzata ex articolo 56-bis, comma 2 Tuir;
- mancato rispetto della prevalenza – l’intero reddito è reddito di impresa.