Le nuove definizioni di credito inesistente e i più ridotti margini per le sanzioni aggravate
di Silvio RivettiLa definizione di credito d’imposta “inesistente” oggi si sdoppia e, per effetto delle modifiche apportate al sistema sanzionatorio tributario dall’articolo 1, D.Lgs. 87/2024, si rinviene ora all’articolo 1, comma 1, lettera g-quater, D.Lgs. 74/2000, recante, a sua volta, le disposizioni comuni alle sanzioni penali e amministrative. In conseguenza della novella, il concetto di credito “inesistente” è adesso identificato dalla legge in maniera specifica, non solo perché contrapposto al concetto di credito “non spettante”, di cui alle distinte previsioni dell’articolo 1, comma 1, lettera g-quinquies, del citato D.Lgs. 74/2000; ma pure perché ripartito nelle due sottogategorie di cui ai numeri 1) e 2), della lettera g-quater sopra citata, per cui rispettivamente s’intendono come “inesistenti” i crediti per i quali:
- mancano (in tutto o in parte) i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento;
- l’assenza dei predetti requisiti è oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici.
Confrontando l’odierna e puntuale definizione di “credito inesistente”, come ripresa da parte del nuovo comma 4, dell’articolo 13, D.Lgs. 471/1997, con la previa qualificazione del concetto già contenuta al comma 5 della stessa norma, in vigore fino al 28.6.2024, è da notare come ricorra una continuità di fondo tra le due discipline, non risultando stravolto il senso sostanziale di concetti ormai noti. Già la pregressa normativa, infatti, pur attraverso definizioni più generiche, disponeva che il credito poteva dirsi “inesistente” se carente dei suoi presupposti costitutivi (con implicito riferimento a quei requisiti soggettivi e oggettivi di cui oggi tratta la novella); e, nel disporre espressamente che il vizio di “inesistenza” doveva dirsi riscontrabile solo mediante controlli diversi da quelli ex articoli 36-bis e 36-ter, D.P.R. 600/1973, di mera, anche la norma precedente intendeva ricondurre la natura di tale vizio alla tipica origine fraudolenta dei crediti, che è appunto intercettabile per mezzo dei controlli sostanziali e non di quelli di liquidazione e formali (diversamente dai meri vizi di computo matematico dei crediti “non spettanti”).
Rispetto, tuttavia, al quadro pregresso, la nuova configurazione del credito “inesistente” è da apprezzare per un duplice ordine di motivi.
In primo luogo, il vizio di “inesistenza” del credito poggia oggi su basi normative solide e non costituisce più figura residuale, contestabile da parte degli uffici ogniqualvolta i controlli di liquidazione e formali non consentano di far emergere vizi di rango inferiore, di non allineamento dei crediti dal punto di vista strettamente numerico. Per effetto della novella, dunque, la relativamente facile contestazione d’”inesistenza” del credito e l’irrogazione di sanzioni severe, dal 100 al 200% della misura dei crediti di cui si assume la scorretta compensazione (sanzioni neppure definibili in via agevolata), non sarà più né ammessa né praticabile da parte dell’Erario, per le violazioni commesse a partire dall’1.9.2024 (stando al disposto dell’articolo 5, D.Lgs. 87/2024, che espressamente esclude il favor rei), laddove risultino assenti i prescritti presupposti di legge della fattispecie.
In secondo luogo, si noti che la distinzione proposta dalla norma, tra i crediti “inesistenti” tout court per carenza dei requisiti e quelli “inesistenti in frode”, come dettata ai sensi dei sopra richiamati nn. 1) e 2) della citata lettera g-quater, dell’articolo 1, comma 1, D.Lgs. 74/2000, rappresenta il presupposto per riconoscere crediti sì “inesistenti”, ma non in frode; e così applicare un sistema sanzionatorio finalmente differenziato, graduato a seconda che il vizio di “inesistenza” sia più o meno grave: irrogandosi, sempre per le violazioni commesse dall’1.9.2024, la sanzione del 70% del credito utilizzato in compensazione, nei casi ove manchino i requisiti di legge del credito, ma non ricorra la frode; ovvero irrogandosi la stessa sanzione, aumentata dalla metà al doppio, nel caso della genesi di credito “inesistente” per mezzo di espedienti fraudolenti (come ora previsto, rispettivamente, dai nuovi commi 5 e 5-bis dell’articolo 13, D.Lgs. 471/1997).
Tale utile distinzione normativa, oltre a permettere agli uffici finanziari di meglio adattare ai casi concreti le loro contestazioni e il relativo carico sanzionatorio (il quale risulta, come si vede, nel complesso ridotto rispetto alla disciplina precedente), dischiude, inoltre, interessanti prospettive difensive a favore di quei contribuenti per i quali l’Erario, nel richiamare a tassazione crediti d’imposta “inesistenti per frode”, non sia in grado di dimostrarne la consapevolezza nella frode stessa, quantomeno in termini di coinvolgimento per carenza di attenzione e diligenza, come richiesto da costante giurisprudenza. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi del recupero erariale di crediti d’imposta “inesistenti” derivanti dal sostenimento di spese edilizie agevolabili superbonus, scaturenti dall’esercizio delle opzioni di cessione del credito o sconto in fattura ex articolo 121, comma 1, D.L. 34/2020, utilizzati in compensazione da parte dei cessionari: recupero motivato sulla scorta della falsità delle asseverazioni tecniche di riferimento, come prescritte dall’articolo 119, D.L. 34/2020. In tali casi, laddove l’Agenzia delle entrate non sia in grado di provare la consapevolezza di tali cessionari quanto all’irregolare esecuzione delle opere da parte delle imprese esecutrici e alla falsa predisposizione del contenuto di merito delle relative asseverazioni, si dovrà concludere che detti contribuenti non potranno rispondere delle sanzioni aggravate, ma, al più, di una sanzione pari al 70% dei crediti scorrettamente compensati. Una sanzione, certo, di per sé già significativa, ma comunque minore del minimo edittale previsto sia dalla normativa previgente, sia dalla nuova normativa in materia di utilizzo di crediti “inesistenti”, scaturenti da operazioni fraudolente.