Le nuove regole sul leasing rilanciano il lease back
di Sergio PellegrinoLa Legge di Stabilità 2014, modificando la norma contenuta nel settimo comma dell’art. 102 del Tuir che disciplina la deduzione fiscale dei canoni di leasing, si è prefissata l’obiettivo di rilanciare l’utilizzo della locazione finanziaria per l’acquisizione dei beni d’impresa.
La novella normativa trova applicazione ai contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2014 e determina una sensibile accelerazione nella deduzione dei canoni, ferma restando l’irrilevanza della durata del contratto a seguito delle modifiche apportate alla norma l’anno scorso.
Per quanto concerne i beni mobili il riferimento temporale su cui parametrare la deduzione è rappresentato da un arco temporale non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente alla quota fiscalmente ammessa, mentre per gli immobili il periodo in cui avviene la deduzione dei canoni non deve essere inferiore a 12 anni.
La sensibile riduzione del periodo di ammortamento fiscale dei leasing immobiliare, passato, per i beni che si ammortizzano in 33 anni in quanto soggetti all’aliquota del 3%, da 18 anni appunto a 12 anni, induce le imprese che se lo possono “permettere”, avendo conti economici in utile, a riflettere sull’opportunità di porre in essere un’operazione di lease back, anche con l’obiettivo di reperire nuove risorse per finanziare l’attività.
Il lease back è una fattispecie nata dalla prassi commerciale, che si sostanzia in un’operazione attraverso cui un’impresa vende un bene di sua proprietà ad una società di leasing, la quale a sua volta retrocede in locazione finanziaria il bene al venditore.
La società di leasing diviene pertanto proprietaria del bene e si obbliga al versamento del prezzo di vendita all’impresa alienante; quest’ultima, venduto il bene ne ottiene il godimento dietro pagamento dei canoni di locazione pattuiti con la facoltà, al termine del contratto, di esercitare l’opzione per l’acquisto del bene.
L’art. 2425-bis, comma 4, del codice civile, introdotto dall’art. 16 del D.Lgs. 310/2004, disciplina il trattamento contabile di eventuali plusvalenze derivanti dalla vendita iniziale del bene alla società di leasing.
Come già in precedenza asserito dall’Oic 1, la norma prevede che l’eventuale plusvalenza, data dalla differenza positiva tra prezzo della vendita e valore contabile netto del bene, deve essere ripartita in più esercizi in funzione della durata del contratto di leasing finanziario.
Tale impostazione è coerente con il principio generale della prevalenza della sostanza sulla forma giuridica dell’operazione, di cui all’art. 2423-bis del codice civile, nonché con i principi di prudenza e competenza. Da un punto di vista sostanziale il lease back si configura infatti come un’operazione unitaria, nella quale la vendita è collegata alla previsione del successivo leasing finanziario.
Ipotizziamo un’operazione di lease back da cui emerga una plusvalenza di 1.200.000 euro con durata del contratto di leasing di 12 anni, in coerenza con il nuovo periodo di deduzione dei canoni; dal punto di vista contabile si tratterà di riscontare nel primo anno la plusvalenza realizzata per 1.100.000 euro e poi in ogni esercizio successivo imputare pro quota 100.000 euro di plusvalenza a conto economico.
Il lease back sconta però una modalità di tassazione della plusvalenza, almeno in base all’orientamento assunto da parte dell’Agenzia delle entrate, che si discosta dalla logica contabile.
Secondo l’Agenzia, da ultimo con la circolare 23 giugno 2010, n. 38, che riprende quanto affermato nella precedente circolare 218/E/2000, nel contratto di sale and lease back sussistono, dal punto di vista fiscale, due distinte operazioni: la cessione del bene e la locazione finanziaria dello stesso. Dal punto di vista civilistico, invece, il contratto è qualificato dall’art. 2425-bis, comma 4, del codice civile come un contratto complesso di durata da cui derivano corrispettivi periodici.
La qualificazione fiscale dell’operazione in due distinte fattispecie comporta che, in relazione alla cessione del bene strumentale oggetto del contratto, torna applicabile la relativa disciplina di cui all’art. 86 del Tuir in caso di emersione di una plusvalenza e di cui all’art. 101 del Tuir in caso di minusvalenza.
In particolare la plusvalenza concorrerà integralmente alla formazione del reddito imponibile: per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è realizzata, ovvero a scelta e su opzione del contribuente, in quote costanti nell’esercizio in cui è realizzata e nei successivi ma non oltre il quarto, se il bene è stato posseduto dal contribuente per almeno tre anni.
Secondo questa impostazione si genera una divergenza tra disciplina civilistica, che prevede l’imputazione della plusvalenza lungo la durata del contratto, e quella fiscale, che prevede la tassazione nell’esercizio di realizzo della plusvalenza o al limite una tassazione rateizzata al verificarsi delle condizioni sopra esposte, con la conseguente necessità di procedere all’iscrizione in bilancio della fiscalità differita.
Sul punto va segnalata che la giurisprudenza di merito si è pronunciata ora a favore dell’interpretazione dell’Agenzia (ad esempio C.T.P. di Roma n. 266/16/11 del 12 maggio 2011), ora contro (C.T.P. di Modena n. 5/2/11 del 12 gennaio 2011)
Secondo i giudici di Modena, l’operazione di lease back è un negozio diverso e più complesso di una mera cessione a titolo oneroso, e di conseguenza non viene ritenuta scomponibile in due parti dotate di autonomia e quindi la plusvalenza non sarebbe riconducibile ad alcuna delle fattispecie di cui all’art. 86 del Tuir, che obbliga la tassazione della stessa per intero nell’esercizio di realizzo.
La sentenza accoglie pertanto i motivi del ricorrente che sostiene che il plusvalore vada assoggettato ad imposizione in maniera graduale, secondo la ripartizione temporale di cui all’art. 2425-bis, comma 4, del codice civile, cioè in funzione della durata del contratto di locazione.
La posizione dell C.T.P. di Modena appare assolutamente logica e condivisibile: sarebbe quindi opportuno che l’Agenzia modificasse il proprio orientamento per evitare una ingiusta penalizzazione dell’operazione di lease back.