10 Ottobre 2022

Le nuove responsabilità degli amministratori, dei sindaci e dei revisori

di Andrea Silla
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Come ormai noto, il Codice della Crisi è entrato definitivamente il vigore lo scorso 15 luglio.

Il nuovo complesso normativo, composto da 391 articoli, ha recepito le istanze del mondo imprenditoriale e professionale nonché della giurisprudenza che nel corso del tempo ha cercato di individuare le soluzioni alla crisi di impresa sulla spinta sia dell’Unione Europea che dei recenti eventi pandemici.

Con il nuovo codice della crisi sono stati recepiti i principi contenuti nella Direttiva Ue 20.06.2019 n. 1023 c.d. Direttiva Insolvency.

Si è passati dalla concezione di tutela esclusiva del ceto creditorio e dell’applicazione del principio della par condicio creditorum, come previsto dalla Legge Fallimentare del 1942, alla conservazione dell’impresa in attività quale valore tutelato e ad una possibile e ragionevole compressione dei diritti dei creditori.

Viene, quindi, data estrema rilevanza alla:

  • diagnosi precoce” dello stato di difficoltà dell’impresa;
  • salvaguardia della capacità imprenditoriale” prevedendo la creazione di strumenti che permettano all’imprenditore di avviare preventivamente le procedure di ristrutturazione al fine di evitare l’irreversibilità della crisi nel rispetto della continuità aziendale.

A tal proposito il Codice della crisi definisce, all’articolo 2, lett. a), la “crisi” di impresa (non ben definita nella legge Fallimentare) che si individua nello “stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

Si precisa che, fin dal 2019, il Legislatore era intervenuto apportando una rilevante modifica all’articolo 2086 cod. civ., in quanto, inserendo il comma 2, aveva previsto specifici obblighi per gli imprenditori. Per facilità di lettura si richiama quanto disposto: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.A tal proposito l’articolo 3 del Codice della crisi “Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa precisa che:

  • l’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.
  • l’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’articolo 2086 cod. civ., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.

Sempre il medesimo articolo chiarisce che, al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d’impresa, l’imprenditore individuale debba adottare specifiche misure e gli imprenditori collettivi debbano istituire gli assetti ex articolo 2086 cod. civ. che consentano di:

  1. rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare particolari segnali di seguito meglio precisati;
  3. ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento come previsto all’articolo 13, comma 2 del codice della crisi.

Il legislatore individua quali segnali per la previsione tempestiva dell’emersione della crisi di impresa:

  1. l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
  4. l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies comma 1, e specificatamente nei confronti dei c.d. creditori pubblici qualificati come di seguito individuabili in relazione a determinate tempistiche e soglie di valore:
  • Inps: dal 01.01.2022 – Ritardo di oltre 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali di importo superiore:

– al 30% dei contributi dovuti nell’anno precedente e a euro 15.000,00 per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati;

a euro 5.000,00 per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati.

  • Inail: dal 15.07.2022. Esistenza di debito per premi assicurativi scaduto da oltre 90 giorni e non versato superiore a euro 5.000,00.
  • Agenzia entrate: Esistenza di debito Iva scaduto e non versato, risultante dalla Comunicazione Lipe, superiore a euro 5.000,00 e comunque non inferiore al 10% del volume d’affari di quanto indicato nella dichiarazione Iva dell’anno precedente.

La segnalazione viene inviata:

  • in ogni caso se il debito Iva risulta superiore ad euro 20.000,00;
  • contestualmente alla comunicazione di irregolarità (articolo 54 bis D.P.R. 633/1972) e comunque non oltre 150 giorni dal termine di presentazione della Lipe;
  • con applicabilità dalla Lipe del 2° trimestre 2022.
  • Agenzia entrate-Riscossione: dal 01.07.2022. Esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati, scaduti da oltre 90 giorni superiori a:
  • euro 100.000,00 per imprese individuali;
  • euro 200.000,00 per società di persone;
  • euro 500.000,00 per altre società.

Tutti i predetti soggetti segnalano all’imprenditore, nonché all’organo di controllo della società (se esistente), a mezzo pec o, in mancanza, raccomandata A/R la sussistenza delle predette situazioni debitorie. Tali segnalazioni costituiscono i c.d. “sistemi di allerta esterna”.

Si deve precisare che si tratta di un sollecito che non può essere ignorato, dovendosi accertare se il mancato pagamento rappresenti:

  • una situazione transitoria e comunque non determinante sugli equilibri finanziari dell’impresa,
  • oppure fattispecie rappresentative di situazione di crisi. In tale ultimo caso il mancato intervento potrà dare luogo al deterioramento dell’attivo e all’assunzione di debiti non onorabili, e conseguentemente a elementi di responsabilità sia a carico degli amministratori che dei sindaci. Si rammenta che la precoce rilevazione della crisi rappresenta un obbligo gestorio.

Il Legislatore ha, anche previsto i c.d. “sistemi di allerta interna”.

Più precisamente, l’organo di controllo societario segnala per iscritto, all’organo amministrativo, la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di Composizione Negoziata della Crisi (articolo 12 e ss codice della Crisi), fissando un termine non superiore a 30 giorni entro cui gli amministratori devono riferire in merito alle iniziative intraprese.

La segnalazione deve essere motivata e costituisce uno specifico dovere dell’organo di controllo e comporta l’analisi della risposta fornita dall’organo amministrativo.

La Dottrina (Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione, relazione n. 87 del 15.09.2022) specifica che “la risposta a tale sollecitazione da parte dell’organo gestorio deve essere fornita entro un termine fissato dagli stessi sindaci nella propria segnalazione, termine che comunque non può eccedere i trenta giorni. Tale termine non richiede, […] la compiuta risoluzione dei problemi finanziari, economici o patrimoniali eventualmente oggetto di “allarme”, ma l’individuazione di possibili soluzioni e la pronta attivazione delle iniziative all’uopo previste”.

L’invio tempestivo della comunicazione assume valore ai fini della valutazione della responsabilità dei sindaci, ai sensi dell’articolo 2407 cod. civ. tenendo in considerazione che l’articolo 37, comma 2 del Codice della crisi, legittima i sindaci a proporre al Tribunale competente l’ istanza di dichiarazione di liquidazione giudiziale della società (già “fallimento” nella L.F. del 1942).

La già citata dottrina ritiene che i doveri di segnalazione si applichino a tutti i collegi sindacali, al sindaco unico, al Comitato di controllo o Collegio di sorveglianza delle s.p.a. che abbiano adottato il sistema monistico ma non al revisore in quanto il tenore letterale dell’articolo 25 octies del codice della crisi si riferisce esclusivamente all’Organo di controllo e non più anche al revisore come originariamente previsto nell’articolo 14 del codice della crisi in vigore dal 1° settembre 2021 al 14 luglio 2022.