Le nuove società sportive alla luce della bozza di testo unico sullo sport
di Guido MartinelliSiamo ormai ai “tempi supplementari” per l’approvazione del testo unico di riforma dello sport, ossia il decreto delegato che trae la sua origine dalla L. 86/2019.
Tale normativa concedeva dodici mesi dalla data di entrata in vigore per l’emanazione dei decreti delegati.
Il termine originario, scaduto quindi lo scorso 31 agosto, è stato in realtà prorogato con la L. 27/2020, il cui articolo 1 comma 3 ha rinviato di tre mesi il termine.
Pertanto il termine finale entro cui il Consiglio dei Ministri dovrà approvare detti decreti è il 30/11/20200.
Siamo, nel frattempo, arrivati alla terza bozza (che non sarà sicuramente l’ultima) che sta circolando tra gli addetti ai lavori.
Evitando di entrare nel merito delle parti di cui è noto che non vi sia, ancora, a livello politico un accordo, affrontiamo un capo del testo che, al momento, non sembra oggetto di rilievi e la cui eventuale approvazione, nel testo attualmente disponibile, sicuramente sarebbe salutata con favore da parte degli operatori.
Infatti sta prendendo forma una piccola “rivoluzione” in particolare sulla natura delle società sportive dilettantistiche.
Gli articoli compresi nel capo IV del titolo II della bozza di Testo unico che, per l’appunto, rubrica “delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche” (attualmente dall’articolo 63 al 69 bis) andranno a sostituire la previsione di cui ai commi 17 e 18 dell’articolo 90 della L. 289/2002.
La prima novità, mutuata, si ritiene, dalla analoga previsione contenuta nell’articolo 1 D.Lgs. 112/2017 sull’impresa sociale, è quella che i sodalizi sportivi dilettantistici, oltre che in forma associativa, possono costituirsi come: “società di cui al libro V. Titolo V del codice civile.”
Tale formulazione sembrerebbe aprire il varco alla possibilità che si possano costituire SSD in forma di società di persona. Se così fosse non si comprende, però, come possa detto tipo societario, che non distingue il patrimonio personale dei soci da quello della società, poter garantire il rispetto dell’assenza di scopo di lucro confermato come requisito dal successivo articolo 65, pur con le interessanti modifiche che saranno di seguito illustrate. Ne deriva che con ogni cautela, si ritiene che in realtà si potranno continuare a costituire SSD solo nella forma della cooperativa o della società per azioni o a responsabilità limitata.
Non vengono indicati, invece, limiti alla possibilità di costituirsi in forma societaria per quanto riguarda la compagine sociale. In linea generale, pertanto, non troveranno applicazione i limiti di cui al secondo comma dell’articolo 1 del citato decreto (“… non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica …. E gli enti i cui atti costitutivi limitino anche indirettamente l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati”) a meno che non si voglia espressamente acquisire anche la natura di impresa sociale.
Ragionando a contrariis trova conferma che nulla osta a costituire, anche una volta che fosse approvato il nuovo testo unico per lo sport, SSD che non siano imprese sociali anche in modo unipersonale.
Viene specificato che i sodalizi sportivi “possono assumere la qualifica di enti del terzo settore”. Significativa la facoltà concessa: questo testimonia che lo sport si può (oseremo dicendo si deve) affiancare al terzo settore ma non si sovrappone allo stesso.
L’articolo 64 ricalca di massima il comma 18 dell’articolo 90 della L. 289/2002 con una differenza fondamentale. Mentre la disciplina in vigore prevede che la sportiva abbia “anche finalità sportiva” il nuovo testo specifica, in maniera del tutto condivisibile, come già avviene per le società professionistiche, che la stessa sia svolta “in via stabile e principale” e viene chiarito che per attività didattica, da ritenersi compresa nella gestione di attività sportive, si debba intendere: “l’avvio, l’aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive”.
Si conferma che in caso di scioglimento il patrimonio residuo dovrà essere devoluto a fini sportivi anche per le società. Pertanto risulterebbe confermato, in forma di abrogazione tacita, che la cooperativa sportiva non devolverà il patrimonio secondo quanto previsto dall’art. 2514 primo comma lett. d), ai fondi mutualistici ma sempre alle finalità sportive.
Il successivo articolo 65 conferma il principio generale di assenza di scopo di lucro per gli enti sportivi.
Per la definizione di distribuzione indiretta fa riferimento alla previsione del secondo comma del decreto sull’impresa sociale con due importantissime modifiche recate dai commi 3 e 4 del citato articolo 65.
Viene infatti introdotta, sulla falsariga di quanto già previsto per le imprese sociali dal comma tre dell’articolo 3 del D.Lgs. 112/2017, la possibilità di: “destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, … di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.”
Si forma, quindi, anche nel mondo dello sport, la figura dell’impresa “non profit” che garantisce la possibilità anche di un minimo ritorno economico sul capitale investito dal privato nello sport.
Ciò viene confermato anche dal successivo quarto comma che prevede, per le ssd, “il rimborso al socio del capitale effettivamente versato ed eventuale rivalutato o aumentato” con i limiti sopra elencati.