Le operazioni immobiliari escluse dal calcolo del pro rata
di Marco PeiroloL’articolo 19, comma 5, del D.P.R. 633/1972 stabilisce che se un contribuente svolge sia un’attività che dà luogo a operazioni soggette a Iva o a queste assimilate, sia un’attività che dà luogo a operazioni esenti da imposta, lo stesso deve operare la detrazione in base a una percentuale (pro rata), determinata con i criteri dettati dal successivo articolo 19-bis, da applicare a tutta l’imposta a monte e non soltanto a quella relativa ai beni e servizi a uso promiscuo.
In buona sostanza, i soggetti che si trovano nell’anzidetta situazione, che svolgono, cioè, un’attività imponibile e una esente, non devono procedere ad alcuna distinzione degli acquisti dei beni e dei servizi, a seconda della loro destinazione in operazioni imponibili o in operazioni esenti, poiché l’imposta detraibile è determinata applicando il pro rata a tutta l’imposta assolta sugli acquisti (sulla legittimità di tale impostazione, confermata dalle indicazioni dell’Amministrazione finanziaria, si richiama la sentenza Mercedes-Benz Italia, di cui alla causa C-378/15 del 14 dicembre 2016).
Il criterio in base al quale i soggetti di cui trattasi devono operare la detrazione nel corso dell’anno è quello della provvisoria applicazione del pro rata dell’anno precedente, salvo, poi, operare il conguaglio in sede di dichiarazione annuale, una volta acquisiti i dati consuntivi (articolo 19, comma 5, del D.P.R. 633/1972). In particolare, la circolare 98/E/2000 (risposta 8.2.2) ha precisato che occorre fare riferimento alla percentuale di detrazione dell’anno precedente già dalla prima liquidazione periodica.
In base all’articolo 19-bis, comma 1, del D.P.R. 633/1972, il pro rata si determina in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell’anno (comprendenti sia le operazioni imponibili che le operazioni non soggette ma assimilate a operazioni imponibili ai fini delle detrazioni, elencate nell’articolo 19, comma 3, del D.P.R. 633/1972) e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo.
Il successivo comma 2 dello stesso articolo 19-bis esclude dal calcolo della percentuale di detrazione una serie di fattispecie, tra cui:
- le cessioni di beni ammortizzabili;
- le operazioni esenti di cui ai nn. da 1) a 9) dell’articolo 10 del D.P.R. 633/1972, quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o sono accessorie a operazioni imponibili, ferma restando l’indetraibilità dell’imposta per i beni e i servizi utilizzati esclusivamente per la loro effettuazione e ciò coerentemente con il principio di carattere generale, contenuto nel secondo comma dell’articolo 19 del D.P.R. 633/1972, che prevede l’indetraibilità per i beni e servizi utilizzati in operazioni esenti;
- le operazioni esenti di cui all’articolo 10, comma 1, n. 27-quinquies), del D.P.R. 633/1972, in quanto, non essendo stata recuperata l’imposta all’atto dell’acquisto del bene, la successiva cessione esente non deve ripercuotersi sul diritto di detrazione.
Riguardo alla prima tipologia di operazioni, la norma recepisce il corrispondente articolo 174, paragrafo 2, lettera a), della Direttiva 2006/112/CE, che esclude dalla determinazione del pro rata “l’importo del volume d’affari relativo alle cessioni di beni d’investimento utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa”.
In merito all’interpretazione di tale previsione, la Corte di Giustizia, nella sentenza resa nella causa C-98/07 del 6 marzo 2008, ha affermato che l’esclusione delle operazioni in esame dal calcolo del pro rata ricorre nei casi in cui “la vendita riveste un carattere inusuale rispetto all’attività corrente del soggetto passivo interessato e non richiede quindi un utilizzo dei beni o dei servizi a uso misto in un modo che sia proporzionale al fatturato che essa genera. Come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, l’inclusione di tale fatturato nel calcolo del pro rata di detrazione falserebbe il suo risultato nel senso che esso non rifletterebbe più la rispettiva parte di impiego dei beni o servizi adibiti a un uso misto per le attività imponibili e le attività esenti” (punto 24). Al contrario, se la vendita del bene d’investimento presenta “il carattere di un’attività corrente per il soggetto passivo interessato che vi procede in maniera professionale e sistematica”, occorre includere il relativo corrispettivo nel calcolo del pro rata per non violare il principio di neutralità dell’Iva. Infatti, “sarebbe incompatibile con tale obiettivo di neutralità il fatto che tale soggetto passivo non sia effettivamente esonerato dalla parte dell’Iva che grava sulle spese generali che sono servite alla realizzazione di tale vendita, e quindi all’esercizio dell’attività economica usuale soggetta ad imposta” (punto 26).
Dalle indicazioni che precedono si desume che, ai fini della determinazione del pro rata, se il fabbricato ceduto si qualifica, nell’accezione specificata, come “bene d’investimento”, vale a dire per la norma nazionale come “bene ammortizzabile”, la relativa operazione non rileva ai fini della percentuale di detrazione. Viceversa, se il fabbricato è qualificato come “bene merce”, la sua cessione concorre a formare il pro rata.
In merito alla seconda tipologia di operazioni che non concorrono alla formazione del pro rata, vale a dire quelle esenti espressamente elencate, tra cui quelle immobiliari, quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o sono accessorie a operazioni imponibili, occorre verificare quale sia l’oggetto dell’attività propria dell’impresa. In proposito, è necessario stabilire se la riconducibilità delle operazioni esenti all’attività propria del soggetto passivo debba essere verificata in funzione dell’oggetto sociale, quale definito dall’atto costitutivo, oppure in relazione all’attività di fatto svolta dall’impresa.
A questa domanda hanno fornito risposta i giudici di legittimità (Cass. 11085/2008; Id. 912/2006; Id. 9762/2003). Il principio affermato si basa sulla considerazione che la previsione nello statuto societario di una molteplicità di attività il più delle volte è finalizzata sia a evitare successive onerose modifiche statutarie che a garantire gli amministratori da responsabilità personali conseguenti attività dirette a un migliore risultato economico o strategico, pur se comprese nella specifica attività societaria. Il concetto di “attività propria del soggetto passivo” non può, quindi, che essere inteso in senso lato, facendovi rientrare non solo gli atti che tipicamente esprimano raggiungimento del fine produttivo o commerciale dell’impresa individuale o societaria, ma anche gli atti ulteriori che configurino strumento normale e non meramente occasionale per il conseguimento del fine produttivo; di contro, vanno escluse tutte quelle attività che pur se previste nell’atto costitutivo, siano eseguite solo in modo occasionale o accessorio per un migliore svolgimento dell’attività propria dell’impresa.
Infine, riguardo alla terza tipologia di operazioni escluse dal calcolo del pro rata, vale a dire quelle esenti di cui all’articolo 10, comma 1, n. 27-quinquies), del D.P.R. 633/1972, la norma richiama “le cessioni che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2”. È il caso di osservare, al riguardo, che sia la formulazione della normativa comunitaria che quella della normativa interna fanno espresso riferimento alle ipotesi di indetraibilità derivanti da ragioni di natura soggettiva, riferite cioè a soggetti i quali, svolgendo esclusivamente attività esenti, non acquisiscono il diritto alla detrazione, o da ragioni di natura oggettiva, riferite cioè a particolari categorie di beni per i quali è previsto uno specifico regime di indetraibilità ai sensi dell’articolo 19-bis1 (aeromobili, navi e imbarcazioni da diporto, ecc.). Ciò non consente di estendere la previsione esentativa anche alle cessioni di quei beni per i quali la detrazione non è stata esercitata perché non si è subita la rivalsa dell’imposta; condizione questa che può verificarsi qualora l’acquisto dell’immobile è stato effettuato presso un privato, che in quanto tale non ha il potere di esercitare la rivalsa (risoluzione AdE 194/E/2002), così come quando l’acquisto immobiliare è stato effettuato presso un soggetto passivo che non ha applicato l’imposta.