Le operazioni straordinarie nello sport: da asd a ssd. I parte
di Guido MartinelliL’art. 90 della legge 289/02 ha previsto, al suo comma 17, la possibilità di costituire sodalizi sportivi dilettantistici sia nella forma di associazione, dotata o meno di personalità giuridica, secondo quanto stabilito dal primo libro del codice civile, sia di società di capitali o cooperative, disciplinate dal quinto libro, sia pure tutte sotto il minimo comune denominatore della assenza di scopo di lucro.
In alcuni casi, però, l’ordinamento sportivo impone obbligatoriamente la costituzione in forma di società di capitali (ad esempio ai fini della partecipazione ai massimi campionati dilettantistici di pallacanestro e pallavolo, sia maschile che femminile). Ciò comporta che le neopromosse, costituite in forma associativa, dovranno necessariamente operare la “trasformazione” in società di capitali, unica strada consentita (salvo fusioni o assorbimenti) per poter conservare il conquistato titolo sportivo.
Analogamente molte realtà che gestiscono impianti sportivi hanno deciso di fare questa operazione straordinaria per ottenere la personalità giuridica senza passare attraverso la patrimonializzazione che viene, nostro malgrado, ancora chiesta dalle Regioni per la concessione di analogo diritto attraverso il riconoscimento della associazione.
Ciò comporta che il tema della disciplina della trasformazione, solitamente da associazione non riconosciuta in società a responsabilità limitata sportiva dilettantistica è ormai diventato di attualità.
In tema di trasformazione il legislatore della riforma societaria ha apportato rilevanti novità sul punto: basti pensare all’art. 2500-octies che legittima la trasformazione da associazione riconosciuta in società di capitali. La norma non menziona, fra gli enti ammessi alla procedura, le associazioni non dotate di personalità giuridica di diritto privato (c.d. non riconosciute); ci si è chiesti se, pertanto, l’elenco delle fattispecie previste nella norma indicata, dovesse avere carattere tassativo o esemplificativo.
Il problema, a ben vedere, risulta però estraneo al caso in esame.
Ciò in quanto si condivide la tesi di coloro i quali sostengono la tesi secondo cui il legislatore sia nella trasformazione omogenea sia in quella eterogenea si è limitato a disciplinare le fattispecie a suo giudizio più significative lasciando all’interprete il compito di regolamentare le altre ipotesi.
La fattibilità della soluzione proposta appare comunque supportata principalmente dalla constatazione che nel mondo dello sport dilettantistico si è in presenza di società di capitali con caratteristiche non lucrative. In pratica, in ambito sportivo, anche a seguito della trasformazione, si mantiene la stessa causa giuridica e ciò che muta è solamente l’organizzazione della struttura che conduce l’attività sportiva dilettantistica. Tale constatazione appare sufficiente ad affermare che, non mutando l’oggetto e le finalità sociali, in questi casi si è in presenza di trasformazioni causalmente omogenee, e come tali ammissibili indipendentemente dal tenore della norma sopra ricordata.
Dello stesso avviso si è mostrato, peraltro, il Consiglio Nazionale del Notariato che ha diffuso un documento approvato dalla Commissione Studi d’Impresa il 17 settembre 2004 e riferentesi al caso di specie. Nella circolare del CNN si afferma esplicitamente che “… negare in questi casi la possibilità della trasformazione rischia di creare numerosi problemi pratici, anche in considerazione del fenomeno di trasformazione delle associazioni sportive in società di capitali verificatosi legittimamente all’indomani dell’emanazione della legge n. 91/1981… Nelle ipotesi sopra considerate, fondando il ragionamento sull’identità causale fra organismi non omogenei dal punto di vista strutturale, si potrebbe arrivare ad ammettere la legittimità delle trasformazioni tra contratti associativi differenti ma omogenei sotto un profilo teleologico“. Con nota del 4 maggio 2006 il Notariato ha poi ribadito che la trasformazione di un’associazione sportiva dilettantistica in società di capitali, fermo lo scopo e l’oggetto, deve essere considerata alla stregua di una trasformazione “causalmente omogenea” superando così anche lo scoglio dell’inammissibilità della trasformazione per le associazioni che hanno ricevuto contributi pubblici.
In definitiva, si può ritenere che la trasformazione da associazione sportiva non riconosciuta a società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata sia legittima ed ammissibile ed in tale filone interpretativo si riconducono le analoghe operazioni realizzate in varie realtà italiane a seguito di quanto a tal fine richiesto dalle varie autorità sportive.
La più importante conseguenza della trasformazione è rappresentata dalla continuità dei rapporti giuridici ex art. 2498 c.c.: ciò vuol dire che la società frutto della trasformazione conserverà tutti i diritti e gli obblighi facenti capo all’associazione trasformata. La società manterrà, dunque, la medesima affiliazione e subentrerà in tutti i rapporti attivi e passivi già dell’associazione.