Le opportunità delle reti di imprese per i professionisti
di Valeria TomatisQuesto articolo, frutto della mia passione per i contratti di rete di imprese, vuole essere fondamentalmente uno “stimolo” per tutti noi commercialisti, per prendere iniziative, darsi in altre parole una “mossa”, come risposta alla crisi.
Anche in un momento di forte recessione economica, come quello che stanno vivendo da alcuni anni le imprese italiane, e ahimé di conseguenza i professionisti, ci sono opportunità che possiamo cogliere, ma che non “vediamo”, perché preoccupati di dover necessariamente cambiare delle cose, tante, nel nostro percorso professionale.
In realtà non dobbiamo buttare nulla, state tranquilli. Il nostro know how è un prezioso bagaglio, da valorizzare nell’interesse dei nostri clienti (ma anche del nostro portafoglio).
C’è una citazione di Seneca – “dipenderai meno dal tuo futuro, se avrai in pugno il tuo presente” – che mi piace ripetermi da sola, ogni tanto: mi trasmette energia, voglia di creare.
Non si tratta di voli pindarici, ma di vedere la professione (e la vita) con ottimismo: guardare insomma al “bicchiere mezzo pieno“.
Su 10 commercialisti, 8 (testato la campionatura personalmente), però non sanno neppure che cosa sia un contratto di rete di imprese.
Evidenziato questo aspetto, sono quasi sicura che, 9 su 10 dei colleghi che stanno leggendo, saranno interessati all’argomento e parecchio anche.
Il commercialista oggi, vuoi per i notevoli cambiamenti che stanno avvenendo nella nostra economia, vuoi per necessità, è costretto infatti ad “inventarsi” un lavoro.
E meno male, aggiungo. Diversamente, gentili Colleghi, quanti anni potremo andare avanti a produrre files telematici “profumati e puliti” da trasmettere, che non hanno però alcuna utilità per la situazione economico/patrimoniale dei nostri Clienti? Per giunta, producendo un impoverimento delle risorse finanziarie, spesso già precarie dei nostri Clienti, che devono corrispondere un onorario per questi adempimenti.
Il contratto di rete di impresa rappresenta invece un’opportunità per il commercialista, che, abituato a dover avere a che fare con le più svariate tipologie di clienti di studio, ha necessariamente acquisito doti di “psicologo” e “mediatore”, adattandosi alle situazioni più diverse per gestire situazioni anche complesse per conto del cliente.
Una buone dose di empatia, a mio avviso, è infatti sicuramente un “ingrediente” inderogabile per diventare un buon manager di rete.
Ma cosa deve fare il manager di rete? Creare la rete, innanzitutto, che sarà frutto delle proprie relazioni sociali, dei rapporti professionali, di amicizie, sarà basata sulla selezione di aziende/persone conosciute a fondo, supportata da un consolidato rapporto fiduciario maturato nel corso degli anni.
Noi, naturalmente, siamo in grado di creare una rete orizzontale, ossia costituita tra aziende operanti in settori diversi tra di loro, ma affini e complementari. Infatti, raramente, in uno studio professionale di un commercialista esiste una filiera di un singolo settore economico: è più frequente la situazione in cui la nostra clientela è diversificata, operante nei più svariati settori economici.
Un manager di rete deve essere eclettico, poliedrico: al mattino, dopo colazione, deve iniziare a “frugare” sul web, in cerca di notizie, opportunità, di ciò che è utile per la rete. Strategico, insomma. “Cogliere l’attimo“, tradotto per la rete: cogliere ciò che è opportuno e vantaggioso per la rete.
Inoltre, chi, meglio di un commercialista, è in grado, empaticamente, ad esempio, di spiegare ad un cliente, il concetto di credito di imposta ?
Un contratto di rete.. magari, partendo, da una start up innovativa, altro argomento molto interessante da approfondire da parte dei commercialisti. Sono certa che tutti noi abbiamo in studio alcune aziende clienti che hanno i requisiti per essere trasformate in start up innovative.
Ecco dunque, un’altra possibilità di procurare benessere economico/risparmio previdenziale per l’azienda cliente, diventata start up, oltre che procurare apporto di capitale privato (con detrazione Irpef per il privato che sottoscrive quote/azioni del capitale della start up innovativa, oppure deduzione ai fini Ires, dal reddito complessivo, se trattasi di società di capitali).
Non va tralasciato poi il fatto che i bandi Horizon 2020 finanziano le reti di imprese che coinvolgono almeno un’impresa estera. Dunque … con le reti di impresa, si può fare anche internazionalizzazione.
Certo, in Italia, sono pochissimi i professionisti che sono in grado di redigere un progetto di bando Horizon 2020 (la Camera di Commercio belga-italiana promuove però corsi di formazione per redigere progetti di finanziamento europei, con affiancamento per i successivi tre mesi per consulenza).
Anche questa può essere un’opportunità per sconfiggere la crisi.
Dobbiamo avere coraggio perché non c’è alternativa all’evoluzione della nostra figura professionale.