Le possibili “anomalie delle anomalie” Iva
di Roberto CurcuCon il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate dello scorso 7 luglio sono state approvate le specifiche per la compilazione automatica e l’invio di comunicazioni per la promozione dell’adempimento spontaneo nei confronti di soggetti titolari di partita Iva per i quali l’Iva portata in detrazione nella dichiarazione annuale è superiore rispetto a quello delle fatture elettroniche recapitate da SdI e delle bollette doganali di importazione.
Già da diversi anni, ormai, sono stati implementati sistemi per diminuire il cosiddetto “VAT gap”, cioè la differenza tra gettito teorico Iva ed incasso effettivo, che è dato da omessi versamenti di imposte dichiarate, ed omessa dichiarazione di imposte dovute.
Dopo aver limitato il fenomeno degli omessi versamenti di imposte dichiarate (in particolare per via dei controlli sulle Li.Pe.), grazie all’informatica l’Agenzia inizia la caccia a coloro che “dichiarano quello che vogliono versare”.
Tralasciando certi fenomeni di evasione Iva, che richiedono controlli “umani” (dall’evasione meno sofisticata come quella di non emettere lo scontrino fiscale a quella fraudolenta), l’informatica permette di intercettare un tipo di evasione che magari a molti non sarebbe mai venuto in mente di praticare: dichiarare come debito Iva un importo minore rispetto a quello delle fatture emesse (e degli eventuali corrispettivi) e/o un importo maggiore di Iva in detrazione, rispetto agli importi spettanti.
Le cronache degli uffici dell’Amministrazione, in epoca di fatturazione cartacea, raccontano di registrazione doppia di alcune fatture di acquisto, software che sbagliano le somme, riporti tra le varie pagine dei registri non rispondenti, o somme inserite in dichiarazione che non coincidono coi registri, ecc… “Bei tempi!”, penserà qualcuno…
La telematica, oggi, dà una mano all’Agenzia delle Entrate a contrastare tali fenomeni. Una volta emessa una fattura elettronica, o certificato su Registratore telematico un corrispettivo, se il debito non finisce nel quadro VE della dichiarazione Iva immagino che l’Agenzia delle Entrate se ne accorga…
Per quanto riguarda invece l’Iva in detrazione, il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate prevede che ciò che in un anno (a partire dal 2019) appare nel quadro VF della dichiarazione Iva non possa essere superiore alla somma di fatture elettroniche e bolle doganali ricevute.
Qualora l’importo dovesse essere maggiore, il contribuente dovrebbe ricevere una “comunicazione per la promozione dell’adempimento spontaneo”, cioè un invito a ravvedere eventuali violazioni, o a dare conto delle motivazioni del disallineamento.
Premetto che immaginavo che un controllo di tale tipo già esistesse… Evidentemente, come tutti gli amministrativi, sono solito a sopravvalutare gli informatici, visto che una cosa del genere era potenzialmente realizzabile dal primo maggio 2020, cioè il giorno successivo al termine di scadenza della dichiarazione Iva del 2019.
Evidenzio poi, a beneficio di coloro che riceveranno le comunicazioni, che il provvedimento contiene una grossa lacuna: l’Iva che viene inserita nel quadro VF è la somma di quella relativa a fatture e bolle doganali ricevute, ed a quella assolta con reverse charge, la cui fase di debito trova riscontro nel quadro VJ. In tutti i casi di reverse charge nazionale (pulizie, subappalti edili, ecc…) comunitario (acquisti comunitari) o da emissione di autofatture, non tenere conto della cosa sarebbe un grosso errore.
Inoltre, soprattutto nel 2019, sopravvivevano documenti cartacei che davano diritto alla detrazione: fatture datate 2018 e ricevute nel 2019, fatture con Iva italiana esposta emesse da sammarinesi, fatture degli enti non commerciali con ricavi fino ad euro 65.000 (tipicamente piccole sponsorizzazioni sportive).
Ultima e non trascurabile anomalia che potrebbe verificarsi è quella della non corretta imputazione della detrazione Iva sulle bolle doganali ricevute.
Come abbiamo già scritto sulle pagine di questa rivista, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente precisato, con il principio di diritto 13/2021, che per poter detrarre l’Iva in importazione c’è la necessità di possedere la bolletta doganale, ed il diritto può essere esercitato nell’anno in cui si è venuti in possesso di tale documento contabile.
Considerando quindi che fino al 9 giugno 2022 il “documento contabile” era la materializzazione cartacea del DAU, è possibile che soggetti che sono entrati in possesso di tale documento nel 2019, esercitando in tale anno il diritto alla detrazione, ma per importazioni avvenute nel 2018, potranno ricevere delle comunicazioni dall’Agenzia.