10 Febbraio 2022

Le somme pagate all’ex socio non si qualificano come dividendi

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

Nelle operazioni di cessione di partecipazioni societarie è piuttosto frequente l’esecuzione di un pagamento a favore del socio cedente di una componente di prezzo condizionata al raggiungimento di risultati della società acquisita, oppure al verificarsi di talune condizioni.

Molto comune è la presenza di una componente di prezzo variabile di integrazione del prezzo base della compravendita (il c.d. “earn-out“), che viene di norma corrisposto in anni successivi a quello di efficacia della cessione solo, ed in misura proporzionale, al conseguimento di determinati obiettivi economico-finanziari della società acquisita.

Un caso differente è invece rappresentato dalla circostanza in cui una quota parte del prezzo riconosciuto per la partecipazione ceduta viene corrisposto al cedente solo al verificarsi – oppure, al non verificarsi – di determinati eventi, come ad esempio l’esito favorevole di un contenzioso, l’incasso di crediti dubbi, il realizzo di particolari elementi attivi, ecc..

La questione interpretativa che è stata sottoposta all’Agenzia delle Entrate e che ha formato oggetto della risposta n. 42 del 21.01.2022 ha riguardato una particolare fattispecie in cui, da quanto è dato trarre dalla lettura della risposta all’interpello, fra le parti era stata convenuta la preventiva – rispetto al closingdistribuzione al socio cedente degli utili indivisi iscritti nel patrimonio netto della società ceduta, a sola esclusione di un ammontare corrispondente all’importo di crediti commerciali della società che risultavano sì iscritti all’attivo, ma che erano di incerto realizzo.

Gli accordi fra le parti prevedevano quindi che, al momento del realizzo di tali crediti, il corrispondente ammontare, al netto delle spese correlate alle attività di esazione, sarebbe stato corrisposto dalla società direttamente al soggetto cedente (ossia, all’ex socio).

Una volta verificatasi questa condizione per effetto di un atto transattivo che ha portato la società a realizzare definitivamente questi crediti, seppure per un valore inferiore al loro valore nominale, la società ha quindi dovuto dare esecuzione all’obbligo di corrispondere la somma all’ex socio in forza degli accordi sottoscritti in sede di trasferimento della partecipazione.

Formalmente, non si è però proceduto ad alcuna delibera dell’assemblea dei soci della società per la distribuzione di riserve, bensì al pagamento diretto della somma all’ex socio e corrispondentemente all’addebito al conto economico della società stessa.

Si è perciò posto in prima battuta il tema della qualificazione fiscale del reddito percepito dall’ex socio in relazione a questo pagamento di denaro.

La società che ha proposto l’istanza di interpello propendeva per la sua qualificazione come dividendo, dando preminenza alla volontà delle parti che pareva essere nella sostanza quella di sospendere e condizionare, nell’an e nel quantum, il pagamento al socio cedente degli utili indivisi presenti nel patrimonio netto della società, nella misura degli stessi che corrispondeva ad attivi specifici di incerto realizzo.

Quindi, una volta verificatosi l’evento e quantificato l’importo, secondo la società, ciò avrebbe dovuto far prevalere la natura di dividendo in relazione al pagamento in oggetto.

L’Agenzia delle Entrate non ha condiviso questa prospettazione, in forza di un ragionamento logico e giuridico che appare obiettivamente condivisibile.

Ovvero, se da una parte si riconosce che le somme di cui si tratta corrispondono ad una forma di riconoscimento postumo di utili indivisi riportati a nuovo dalla società e non distribuiti prima d’ora, dall’altra parte alla qualificazione di tale pagamento come dividendo osta in modo insuperabile il fatto che il pagamento sia eseguito “in assenza di costanza di partecipazione sociale”, in quanto il pagamento da parte della società viene effettuato ad un soggetto che non è più socio della medesima e che perciò non potrebbe essere beneficiario, in quel momento, di alcuna partecipazione agli utili, neppure per quelli accantonati a riserva negli esercizi precedenti.

Nel caso di specie, infatti, non era stata deliberata la distribuzione delle riserve di utili al momento del closing, subordinandone semmai il pagamento al verificarsi di una condizione come quella, appunto, del realizzo dei crediti; bensì, le parti avevano convenuto nel contratto di cessione che i proventi incassati dalla società a fronte di alcuni elementi attivi fossero di esclusiva competenza del cedente, al quale la società li avrebbe dovuti perciò corrispondere.

Da tale disamina si conclude che le somme in oggetto non assumono la natura di pagamento sostitutivo di utili di cui conserverebbero la relativa qualifica, bensì sono a tutti gli effetti delle integrazioni del prezzo originario di cessione delle partecipazioni, con la conseguenza che assumono natura di redditi diversi scontando sulla persona dell’ex socio l’assoggettamento ad imposta sostitutiva del 26% tipica dei capital gain.