Le spese di ricerca e pubblicità non più capitalizzabili “impattano” già sul bilancio 2015
di Sergio PellegrinoUna delle novità di maggior impatto nella disciplina del “nuovo” bilancio, così come modificata dal D.Lgs. 139/2015, è rappresentata sicuramente dalla soppressione della possibilità di capitalizzare i costi di ricerca e di pubblicità, che quindi non potranno più essere rilevati fra le immobilizzazioni immateriali.
Per quanto riguarda la possibilità di capitalizzare i costi di pubblicità, ad onor del vero, anche nello scenario attuale questa era assolutamente limitata.
Il principio contabile OIC 24 evidenzia infatti come i costi di pubblicità siano costi di periodo e debbano essere iscritti nel conto economico dell’esercizio in cui vengono sostenuti.
Possono essere capitalizzati soltanto se sono legati ad operazioni non ricorrenti, come ad esempio il lancio di una nuova attività produttiva, dalle quali la società si attende ritorni economici, che però l’OIC 24 richiede risultino da piani di vendita approvati formalmente dalle competenti funzioni aziendali.
In buona sostanza, quindi, dovrebbe essere una voce presente in pochi bilanci, se naturalmente questi sono stati effettivamente redatti sulla base delle indicazioni dei principi contabili.
Sicuramente più delicata è la situazione in relazione alle spese di ricerca, che, assieme a quelle di sviluppo, sono diffusamente capitalizzate da parte di molte imprese.
Il punto di partenza è quello di comprendere quando si parla di spese di ricerca, e quindi di un costo non più capitalizzabile, e quando invece siamo di fronte ad una spesa di sviluppo, in relazione alla quale, anche nel nuovo scenario, si procede alla capitalizzazione quando sussistono i presupposti previsti dal principio contabile.
Il documento OIC 24 definisce la ricerca di base come l’insieme di studi, esperimenti, indagini e ricerche che non hanno una finalità definita con precisione, ma che sono di utilità generica per la società: si tratta quindi di costi di periodo che come tali devono essere imputati a conto economico.
La ricerca applicata si distingue invece per essere riferita direttamente alla possibilità ed utilità di realizzare uno specifico progetto.
Lo sviluppo, invece, è l’applicazione dei risultati della ricerca o di altre conoscenze acquisite per la produzione di materiali, dispositivi, processi, sistemi o servizi, prima dell’inizio della produzione commerciale o dell’utilizzazione.
A seguito dell’entrata in vigore delle modifiche apportate al codice civile dal D.Lgs. 139/2015, le spese legate alla ricerca applicata dovranno essere sempre spesate, quelle relative allo sviluppo invece capitalizzate se sussistono i presupposti previsti dal principio contabile: essere relative ad un prodotto o processo chiaramente definito, tecnicamente realizzabile ed essere recuperabili in termini di ricavi generati.
È evidente che un problema operativo di non poco conto, per il redattore del bilancio e ancor di più per gli eventuali sindaci, che, è bene ricordarlo, devono prestare il loro consenso alla capitalizzazione, è quello di individuare correttamente il momento in cui ci troviamo nella fase dello sviluppo, circostanza che assumerà grande delicatezza rappresentando lo spartiacque tra la capitalizzabilità o meno dei costi.
Vi è poi la questione, delicata, relativa alla gestione dei costi di ricerca, così come di pubblicità, presenti nell’attivo immobilizzato nel bilancio 2015.
Ora, è presumibile che la novità normativa, pur essendo entrata in vigore “soltanto” il 1° gennaio 2016, impatterà comunque sui bilanci 2015, non essendo evidentemente opportuna alcuna nuova capitalizzazione, ma la problematica principale sarà gestire quelle iscritte in precedenza e non ancora completamente ammortizzate.
Su questo aspetto torneremo con un nuovo contributo sull’edizione di Euroconference News di domani.