1 Ottobre 2019

Le sportive dilettantistiche, l’attività commerciale e l’Iva

di Guido Martinelli
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La scheda di FISCOPRATICO

È prassi che l’Agenzia delle entrate, in sede di verifica ad una associazione o società, proceda al disconoscimento della natura sportiva dilettantistica ogni qual volta ritenga che l’attività si sia svolta con modalità commerciali.

Tale assunto appare non conforme ad una corretta interpretazione delle norme.

  • Se il legislatore ha espressamente previsto, all’ultimo comma dell’articolo 149 Tuir, che alle associazioni sportive non si applica la qualifica della perdita dello status di ente non commerciale in presenza di parametri contabili che vedano anche in maniera preponderante la presenza di proventi di natura c.d. “commerciale”;
  • se ha previsto che ad enti commerciali (come la stessa Agenzia qualifica, nei suoi documenti di prassi, le società sportive di capitali dilettantistiche, vedi per ultima la circolare AdE 18/E/2018) si possano applicare le agevolazioni fiscali previste per le associazioni sportive (vedi primo comma dell’articolo 90 L. 289/2002)

non può che derivarne che l’inquadramento come commerciale o meno dell’attività svolta potrà avere conseguenze al fine dell’accertamento Iva e Redditi, ma mai al fine della qualificazione come sportivo dell’ente.

A tal fine sarà sufficiente poter dimostrare l’iscrizione al registro Coni, l’affiliazione ad un ente sportivo nazionale riconosciuto (FSN/DSA o EPS) e lo svolgimento di attività classificata come sportiva (e cioè ricompresa tra quelle riconosciute come tali dal Coni).

Sulla base di tali presupposti, il diritto a godere delle agevolazioni tipiche previste per le sportive (L. 398/91, erogazione di compensi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. m, Tuir, ecc.), ovviamente sussistendone gli altri presupposti tipici di queste discipline, permarranno anche in presenza di attività svolta con modalità esclusivamente commerciali.

Queste, se provate, impediranno il godimento della defiscalizzazione dei corrispettivi specifici di cui al combinato disposto di cui all’articolo 148 Tuir e articolo 4 D.P.R. 633/1972 e succ. mod. ma non potranno pregiudicare il diritto a godere delle altre agevolazioni sopra indicate.

Basti pensare, ad esempio, alle società di vertice di sport di squadra dilettantistici. Sono tutte costituite in forma di società di capitali senza scopo di lucro e svolgono esclusivamente attività commerciale attraverso il reperimento di sponsor e la vendita biglietti.

Non si vede perché siano da ritenersi legittime, o comunque tali da non inficiare la natura di sodalizio sportivo, le iniziative organizzate per incrementare il pubblico pagante di un incontro sportivo di alto livello mentre analoga attività, posta in essere da una sodalizio per incrementare i frequentatori del proprio impianto, porterebbe a farla decadere dallo status di società sportiva.

Un altro aspetto su cui occorre concentrare l’attenzione è l’addebito Iva che viene accertato in sede di verifica da parte della Agenzia per carenza della qualifica di associati o tesserati dei soggetti paganti partecipanti alle attività.

Siamo certi che anche su questo non si possa fare qualche considerazione?

Gli organismi non aventi scopo di lucro, infatti, per le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, non sono soggetti passivi Iva, anche se il destinatario di tali prestazioni non è membro dei suddetti organismi, cioè non è tesserato.

È questa la conclusione a cui è giunta la Corte di Giustizia con la sentenza relativa alla causa C-495/12 del 19.12.2013.

Tramite tale pronuncia la Corte UE ha messo in luce la probabile illegittimità delle indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria con la risoluzione 108/1996 in merito all’applicazione dell’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972, in base alle quali viene esclusa la soggettività passiva degli enti associativi limitatamente alle prestazione rese a favore dei propri iscritti o di quelli iscritti ad associazioni facenti parte della medesima organizzazione locale o nazionale.

I giudici comunitari hanno fondato la loro decisione sulla base dell’interpretazione dell’articolo 132, par. 1, lettera m), Direttiva 2006/112/CE, il cui recepimento nella normativa italiana è avvenuto solo parzialmente con l’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972.

L’agevolazione in oggetto, infatti, prevede l’esenzione Iva per tutti quei servizi direttamente collegati con la pratica sportiva o con l’educazione fisica prestati da enti senza fini di lucro a soggetti praticanti lo sport o l’educazione fisica, indipendentemente dal fatto che quest’ultimi siano membri o meno dei suddetti organismi (nel nostro caso, quindi, tutti gli utenti).

Limitando tale beneficio agli enti senza scopo di lucro, la Corte di Giustizia, poi, ha precisato come a quest’ultimi non sia precluso chiudere il loro esercizio con un saldo attivo; il conseguimento sistematico di profitti da utilizzare per i servizi forniti, consistenti nell’offrire la possibilità di praticare sport, infatti, non implica che questi non possano qualificarsi come organizzazione senza scopo di lucro.

Ciò non può e non potrà essere posto in discussione fintanto che tali profitti non siano distribuiti come utili ai soci.

Si ricorda che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza comunitaria, le interpretazioni fornite dalla Corte di Giustizia integrano il contenuto della Direttiva comunitaria e, quindi, sono direttamente applicabili negli ordinamenti nazionali.

A tal proposito, è la stessa Agenzia delle Entrate, con la circolare 67/E/2007, ad affermare che “una sentenza della Corte che precisi il significato di una norma comunitaria, determinandone ampiezza e contenuto, viene quindi ad integrare e costituisce un tutt’uno con la norma interpretata ed ha la stessa immediata efficacia – con riguardo agli ordinamenti nazionali – di quest’ultima”.

Aderendo a questa tesi sul punto si è pronunciata anche la CTR Milano, sex XLII, sent. n. 4157 del 25.07.2014.

Stante il vulnus appena indicato appare auspicabile che l’Agenzia (o, eventualmente, la Corte di Cassazione) prenda posizione, anche sotto questo aspetto, ai fini Iva.

Luci e ombre nella gestione fiscale delle associazioni e società sportive dilettantistiche